Come era prevedibile anche per il centenario della battaglia di Caporetto, tutti o quasi, comuni, associazioni, enti, storici, ricercatori e perché no, opportunisti delle celebrazioni, si son sentiti in dovere di ricordare questo momento storico della Grande Guerra. Ognuno convinto di portare il proprio contributo alla definitiva spiegazione dei motivi che hanno portato l’esercito italiano ad abbandonare le proprie linee e a ritirarsi prima al Tagliamento e poi sulla linea del Piave. Uno degli argomenti che va per la maggiore in questa occasione è certamente quello che mescola storia e “leggende” o meglio dati storici certi e ipotesi fantasiose, che in cento anni si sono susseguite sul perché quel 24 ottobre del 1917, l’esercito italiano si è arreso, come pensa la maggior parte dei non addetti ai lavori, senza combattere.

Nella mia piccola biblioteca sulla grande guerra - tra i miei libri e quelli dell’associazione circa 700 volumi - c’è un “numero speciale” di Storia Illustrata, un vecchio mensile ovviamente di argomento storico edito dalla Mondadori a partire dal 1957 e in edicola fino alla metà degli anni ’90 circa, dell’Ottobre 1977, dal titolo 1917 – 1977 Caporetto. Fu davvero una disfatta? In questa rivista pubblicata a sessant’anni di distanza dall’evento vengono analizzati da storici illustri dell’epoca, ma anche da chi la guerra l’aveva fatta in prima persona, come Paolo Monelli, l’autore del famoso libro Le scarpe al sole, basandosi su fonti altrettanto illustri e nel caso di Monelli per esperienza diretta, i molti perché di Caporetto. Troviamo delle profonde e documentate analisi sui personaggi di primo piano sia di parte italiana che austro-tedesca, troviamo considerazioni sulla criticità della situazione morale e materiale degli eserciti in campo, una precisa analisi storica e militare su come gli eserciti erano arrivati a quell’ottobre del 1917, e a conclusione un’interessante pezzo sulla inutilità dei lavori della commissione d’inchiesta istituita con regio decreto n° 35 del 12 Gennaio 1918.

Ora siamo arrivati al 2017, a celebrare, termine secondo me improprio ma purtroppo usato spesso in questo centenario, quindi preferisco dire… a ricordare, questo episodio storico, perché una ritirata non è altro che solo un episodio nel contesto generale di un’intera guerra, con, come detto all’inizio, tutta una serie di pubblicazioni, mostre e convegni. Cento anni da un fatto storico-militare così importante, così studiato e analizzato in tutti i suoi aspetti, non solo da semplici appassionati all’argomento Grande Guerra, ma da storici illustri e affermati, l’apertura degli archivi, il ritrovamento a volte fortuito di diari personali e documentazione ufficiale, dovrebbero aver portato un contributo notevole se non definitivo alla ricerca e messo la parola fine a qualsiasi ipotesi o dubbio su come andarono veramente le cose per l’esercito italiano quel lontano autunno del 1917, rendendo inutile qualsiasi altra ulteriore disquisizione su questo argomento.

E invece, ancora adesso, i perché di questa “disfatta”, anche se sappiamo che nella realtà non fu così disastrosa come invece è sempre stata presentata, di Caporetto, è ancora fonte di ipotesi più o meno fantasiose, di luoghi comuni e di argomentazioni, tranne in qualche rarissimo caso, che non vanno tanto oltre e quindi non aggiungono niente di veramente nuovo o così interessante e che sia soprattutto realmente documentato, a quello che si è detto su Caporetto da allora fino ai giorni nostri.

A quarant’anni di distanza dalla pubblicazione di questo numero speciale di Storia Illustrata di cui dicevamo all’inizio, troviamo nella recente letteratura storica, negli atti dei vari convegni, negli articoli di giornale, nelle domande dei giornalisti allo storico di turno, nelle migliaia di testi pubblicati fino ad oggi niente più che le solite argomentazioni già presenti in quella rivista. L’introduzione a questo numero speciale, come anticipato dal titolo, dice tra le altre cose: "(…) Caporetto uguale, dunque, a disfatta. Pesante, senza appello, vergognosa. Ma è stata realmente una disfatta di proporzioni così disastrose, tale da giustificare l’alone tragico, buio e imbarazzante che ne circonda la memoria? (…)". Domanda che ancora adesso, nonostante che di Caporetto ne siano stati sviscerati tutti gli aspetti possibili ed immaginabili, e che soprattutto siano passati cento anni, e quaranta dalla pubblicazione di questo numero della rivista, è nella maggior parte dei casi il punto di partenza per chiunque voglia dire la sua su questo importante episodio della nostra Storia.

Mi si può obiettare che di qualsiasi argomento che abbia la Grande Guerra come sfondo o motivazione, si è parlato in questi anni , soprattutto nell’ultimo quadriennio, ripetendo sempre le stesse cose e a volte con gli stessi luoghi comuni che derivano da una tradizione scolastica e familiare, parlo ovviamente per quelli della mia età o più anziani, nati tra gli anni '50 e '60, che ancora hanno potuto avere un contatto diretto con gli ultimi reduci viventi di quella guerra, senza portare niente di nuovo per la vera comprensione degli avvenimenti, il che non è vero e non vale per tutti gli aspetti dello studio della Prima guerra mondiale.

Lo studio serio e la ricerca hanno portato interessanti contributi, per esempio, a sfatare certe considerazioni su alcuni personaggi di spicco di quel periodo storico. Hanno fatto comprendere il perché di certe scelte militari da parte dei generali, che ad una superficiale analisi sembravano prive di senso o scriteriate, o le cause che hanno portato a particolari situazioni i soldati al fronte. Senza ovviamente dimenticare, e qui sono tutti d’accordo, che quella guerra come tutte tra l’altro, è stata un inutile massacro per un’intera generazione. È indubbio che a distanza di cento anni, passi avanti nella storiografia della Grande Guerra ne sono stati fatti, tanti e interessanti, alcuni che hanno ribaltato completamente certe convinzioni ormai radicate sugli aspetti di questo conflitto.

Solo Caporetto è ancora motivo di disquisizioni e ipotesi, spesso molto fantasiose, da parte degli addetti ai lavori e non, e tranne quelli che si limitano ad esporre i fatti così come ci sono stati tramandati dalla documentazione ufficiale dell’epoca e da quella ritrovata negli archivi, senza voler aggiungere alcuna considerazione strettamente personale, tutti gli altri continueranno a proporre le loro più o meno fantasiose teorie, ormai sentite e risentite più volte da più voci anche diverse, sul perché l’esercito italiano nell’ottobre del 1917 ebbe la sua Caporetto.

P.S. Ebbene sì, nonostante sia critico su come e perché si affrontino solo adesso certi argomenti che riguardano la Grande Guerra, in questi anni di centenario, anch’io mi son fatto coinvolgere occupandomi anche se in maniera non storica di Caporetto.