Monaco di Baviera, 1908: un cavaliere con il mantello al vento sfreccia sicuro sul suo destriero guardando diritto davanti a sé. Non ha corazza, ma qualche volta una lunga lancia che tiene puntata verso orizzonti sconosciuti. Da dove arriva questo misterioso personaggio? Forse dalle fiabe russe che zia Elisabeth leggeva al piccolo e sensibile Wassily Kandinsky, ospitato nel suo appartamento di Mosca dopo la separazione dei genitori. E dove va il cavaliere senza paura nella sua intrepida corsa che sembra attraversare in un lampo mari, montagne e pianure? E soprattutto chi è? Un eroe che da un passato colmo di tradizioni e carico di misticismo è venuto per uccidere l'ultimo drago e liberare la principessa dal male della memoria, annunciando così l'avvento di spazi nuovi e nuovi mondi.

Siamo ancora nella sonnacchiosa e un po' antiquata Monaco quando nel 1911 il leggendario cavaliere si vestirà di un mantello azzurro diventando la copertina di un almanacco in cui Kandinsky e Franz Marc mettono a fuoco la loro idea dell'arte come linguaggio dell'anima. Nasceva Der Blaue Reiter, (Il Cavaliere Azzurro), programma di rinnovamento, anzi, di rivoluzione culturale. Azzurro come il cielo, come la pace, come l'infinito, ma anche come l'austerità; azzurro come i cavalli di Marc, testimoni di una spiritualità, la stessa del cavaliere errante, che combatte contro il materialismo alla ricerca dell'essenza intima della natura. A questo appello altri artisti rispondono e tutti insieme cominciano un'avventura. In Francia i Fauves si erano ormai dissolti e il Cubismo già permeava le giovani generazioni. In Germania invece le forze avanguardistiche proseguivano da sole il loro cammino che porterà all'astrattismo. Pochi anni di intensa e vivace attività prima che la Guerra mondiale strappasse i sogni, e anche la vita, di molti nuovi artisti, tra cui lo stesso Franz Marc, morto sul campo di battaglia a Verdun nel 1916, all'età di 36 anni.

Il mondo del Cavaliere Azzurro

Kandinsky, Marc & Der Blaue Reiter è la nuova mostra che la Fondazione Beyeler di Basilea ha voluto dedicare a questo affascinante capitolo della storia dell'arte accompagnandoci in un percorso in cui il colore e la linea si liberano a poco a poco dall'obbligo della rappresentazione e della forma per diventare essi stessi protagonisti della tela, interpreti del suono interiore che permette di entrare dentro un dipinto, anziché semplicemente guardarlo. Sono di nuovo tutti insieme gli attori di Der Blaue Reiter, raccolti nel luminoso edificio che Renzo Piano ha costruito per Ernst Beyeler e la sua Fondazione a Riehen, pochi chilometri da Basilea e solo un passo dal confine tedesco.

Come sempre punto di eccellenza nell'offerta di arte moderna e contemporanea, l'istituzione svizzera ha concentrato settanta dipinti dai musei di diversi Paesi del mondo, ma anche da numerose collezioni private, quindi mai esposti fino ad oggi. Così Ulf Kuster, curatore della mostra, ci immerge nel mondo del Cavaliere Azzurro, un mondo fatto di colori, gai o chiassosi, cupi o malinconici. "Fantasticano con il pennello come ubriachi di hashish", commenteranno sprezzanti i loro denigratori della critica d'arte ufficiale. In effetti i visitatori della prima e leggendaria mostra del Cavaliere Azzurro nella Monaco conservatrice della fine del 1911 devono essere rimasti sbalorditi davanti ai primi dipinti astratti di Kandinsky in cui cose e persone si perdevano in un caos di linee e di colori.

E cosa avranno pensato di quella Mucca Gialla di Marc (ora esposta nella mostra di Basilea) che salta in mezzo al quadro quasi a volerne uscire? Il giallo, colore della sensualità e della gioia che crea nel dipinto l'immagine di un armonia perfetta tra l'animale e la natura. Kandinsky e Marc si erano conosciuti da poco ma avevano subito fraternizzato su un'idea comune, quella della pittura intesa come una via per l'anima. E sull'uso dei colori come mezzo per percorrerla. Infatti i cavalli di Marc si tingeranno di blu, come pure altri animali. Sono d'esempio I Grandi Cavalli blu, dai movimenti arrotondati come le forme del paesaggio, e l'incantevole Volpe blu nera adagiata tra i colori di un ambiente immaginario. I due artisti si doneranno anche reciprocamente un quadro come segno del loro sodalizio culturale e pittorico. Marc sceglie per Kandinsky Il Sogno, mentre Kandinsky farà avere all'amico Improvvisazione 12, grande cavaliere al galoppo in un arcobaleno di luci. Entrambi i dipinti sono ora esposti per la prima volta insieme.

Verso l'astrazione

Franz Marc, è vero, pur muovendosi verso l'astrazione, non ci arriverà mai completamente. Per Kandinsky, invece, il cammino è inarrestabile. Lo troviamo a Murnau, villaggio di montagna a sud di Monaco dove trascorre alcune estati insieme alla compagna Gabriele Munter, mentre dipinge strade e paesaggi raccogliendo l'eredità dei colori Fauves. Lo incontriamo di nuovo nelle sue prime Improvvisazioni, quando le forme cominciano a dissolversi lasciando solo pochi punti di riferimento: una chiesa, un'imbarcazione o qualche stilizzato personaggio. Lo salutiamo, infine, davanti a mondi autonomi che niente hanno più a che fare con il linguaggio della ragione e che invece parlano attraverso le emozioni.

Il concerto di colori in Composizione VII , è il compendio, l'effetto finale di quella trasformazione che segna la nascita dell'astrattismo. Nessun altro artista che aveva aderito al programma-manifesto Der Blaue Reiter avrà mai come lui il coraggio culturale di abbandonare totalmente la realtà visibile. Non lo farà il giovanissimo August Macke che perderà la vita all'inizio della Guerra mondiale, ad appena 27 anni, e nemmeno Marianne von Werefkin e il suo compagno Alexei von Jawlensky, che trascorreranno lunghi periodi a Murnau con Kandinsky e la Munter. La stessa Munter che di Kandisky è stata una partner sensibile, sia nella vita che nella professione, manterrà sempre un equilibrio tra ciò che si vede e ciò che si sente. Allieva di Kandinsky, carattere certo non meno difficile di quello del suo maestro e compagno, soffrì moltissimo il suo abbandono e per lungo tempo lasciò la pittura sentendosi tradita come donna e come artista. Offuscata dalla fama di uno dei cult del Novecento, l'oblio per lei era scontato, ma il tempo le sta rendendo giustizia e molti suoi dipinti sono stati oggi acquisiti dai più grandi musei del mondo. Alla Fondazione Beyeler si possono ammirare alcuni paesaggi, segno di un carattere distintivo e di un indiscusso talento.

Una storia nella storia: Ernst Beyeler e Improvvisazione 10

Certo, nessuno tra i vari compagni di avventura, aveva l'energia interiore di Kandinsky. Lo stesso Ernst Beyeler, "padre" della Fondazione nonché proprietario di una galleria d'arte a Basilea tra le più importanti in Europa, ha fatto di Improvvisazione 10 uno dei pilastri della sua collezione. È una storia nella storia quella che lui racconta a Christophe Mory nel libro La passione per l'arte: "Inizialmente non ho colto l'importanza storica del dipinto", ammise, "ma sono rimasto subito colpito dal suo ritmo forte". Beyeler acquistò la tela a Colonia, dal mercante Ferdinand Moeller, il quale dichiarò di averlo avuto dal museo di Hannover, rimosso dalla cornice, arrotolato e seppellito nel suo giardino dentro una cassetta di ferro per salvarlo dai nazisti che lo catalogavano come "arte degenerata". Arrivato nella galleria di Basilea nel dopoguerra, il quadro venne venduto a una signora, una stiratrice di Winterthur, beneficiaria di un'eredità che voleva investire. Ma dopo alcuni anni la stessa signora si ritrovò in difficoltà economiche e tornò a Basilea chiedendo a Beyeler di riprendersi il Kandinsky. Lui lo ricomprò a una cifra quasi doppia rispetto a quella a cui l'aveva venduto e non lo portò più in galleria, ma a casa, dove rimase appeso nel salotto fino alla nascita della Fondazione. "Separarmi da Improvvisazione 10 sarebbe stato come vendere la mia anima. Non era ragionevole". E non accettò mai di rivenderlo, neanche quando un miliardario americano lo mise sul piatto della bilancia per concludere con lui un affare importante come il ritorno di cento Klee in Europa.

Finito nel vortice della polemica dei quadri rubati o confiscati agli ebrei dai nazisti, Beyeler fu accusato di essersi approfittato della situazione e per questo coinvolto in una vicenda legale. "Ho incontrato tutti gli eredi", ha ricordato. "Mi sono messo al loro posto e ho proposto un risarcimento al quale non ero costretto. Ma non potevo rinunciare a quel quadro". È così che Improvvisazione 10, con la sua realtà frammentata, non ancora astrazione pura ma non più rappresentazione di immagini ottiche, è arrivato fino a noi, uno dei simboli delle tante sfide dell'arte che, come scriveva Kandisky, "non conosce né frontiere né popoli, ma l'umanità".