Ho avuto il piacere di incontrare Giorgia in occasione della sua partecipazione alla collettiva Idrophilia/La zona abitabile a cura di Ilaria Margutti tenutasi dal 24 aprile al 26 luglio del 2015 presso gli spazi della CasermArcheologica a Sansepolcro. È stato come vedere le sue opere camminare e agire nel mondo: grazia e delicatezza nel con-tatto, determinazione e fierezza che vibrano in trasparenza, sintesi di poesia e sogno, di sentimento di sé e dell’altro... sulle note di Mogwai sogniamo a occhi aperti con Giorgia...
“Sguardo che passa attraverso l'epidermide, che rende trasparente e cede trasparenze; sguardo analitico che al pari d'una tavola anatomica apre, disseziona, sfoglia; sguardo sintetico che, selezionando in lessico minimo, riduce differenze, si spoglia, fa economia; sguardo sentimentale, all'indietro, verso l'interno.
(Giacomo Bartolucci).
Giorgia, chi sei?
Una persona sensibile o almeno così mi disse il dermatologo.
Come sei approdata all’arte, e in che modo l’arte ti si è presentata?
Mi è sempre piaciuto disegnare, guardare le animazioni e i fumetti fin da piccola, perciò l’arte si è presentata a me come una cosa divertente e affascinante.
Qual è stata la prima opera d’arte davanti alla quale ti sei emozionato?
Ricordo bene che adolescente provai una forte emozione vedendo le opere di Schiele. A quale adolescente del resto non piace? Se scavo nella memoria una delle prime immagini che ricordo mi sia piaciuta è la copertina di un libro Dei ed Eroi, in cui era raffigurata la dea Atena in armatura, che stava in equilibrio in punta di piedi su una sfera, con un gufo dipinto sullo scudo. Inoltre, intorno ai sei anni, ero perdutamente innamorata di Robin Hood in versione volpe del film Disney (probabilmente lo sono ancora).
Perché l’arte è importante per te?
L'arte appaga il mio gusto estetico, mi porta a fantasticare, a sognare, e il risultato è che mi fa molta compagnia: posso passare molto tempo a disegnare senza accorgermene, lo stesso vale quando contemplo le opere d’arte, guardo un film, leggo un libro o un fumetto, ascolto musica... in pratica senza l’arte mi annoierei.
Cosa, in questo momento della tua vita, attrae la tua attenzione e cosa riesce ad avere un effetto tale da influenzare te e la tua ricerca artistica?
La botanica.
Se ti chiedo di rivolgere la tua attenzione al come ricordi un’esperienza, ricordi soprattutto le sensazioni oppure è più forte il ricordo dei colori; le voci o i suoni o il silenzio; il volto delle persone o il profumo o l'odore di qualcosa in particolare?
Penso di avere una memoria fotografica, emozionale e capricciosa nel senso che la mia memoria ricorda solo quello che vuole, come lo vuole e non sempre quello che vorrei (con le date e i nomi per esempio sono un disastro).
Attraverso quale dei cinque sensi entri in relazione con il mondo, e quale utilizzi più frequentemente, più volentieri e con più familiarità quando lavori?
Quando dipingo, la vista, anche perché lavoro con le immagini. Nella vita, oltre la vista, uso volentieri l’olfatto: entro in relazione con il mondo annusandolo, in pratica sono un segugio.
Il tuo lavoro nasce dall’impulso che segue a un’idea o a una necessità? C’è un filo conduttore che ti porta a tessere la trama delle tue opere?
Penso che il termine Impulso sia quello che più si avvicina al mio sentire, ovvero, impulso a costruire, a concretizzare delle visioni; non so se sia realmente una necessità, diverrebbe forse tale se qualcuno o qualcosa mi impedisse di esprimermi. Se esistesse un filo conduttore sarebbe da cercare nel mio inconscio dove sono nascoste tutte le mie fantasticherie.
Nella resa finale di un tuo progetto artistico quanto peso hanno la pianificazione e la ricerca e quanto è imputabile, invece, all’imprevedibilità?
Metà e metà. Inizio un'opera con un'idea o meglio una visione, pensando a immagini. A mano a mano che l’opera cresce mi vengono in mente altre soluzioni a cui non pensavo inizialmente ma che solo con la pratica vengono fuori. So la direzione in cui devono andare le mie mani ma non posso prevedere a priori che il risultato finale sia esattamente quello della visione iniziale. Se così non fosse creare sarebbe un esercizio meccanico di una noia pazzesca.
Prima che una tua opera “accada”, che immagine ha e che sensazioni hai e che tipo di emozioni e sentimenti sperimenti quando, poi, l’opera “accade”?
Prima che l'opera “accada” nella mia testa è come un sogno a occhi aperti, è un concetto espresso con le immagini; i sentimenti che sperimento quando l’opera accade sono molto basilari: se mi sta venendo bene sono felice, il contrario, se l’opera è peggiore di come l’avevo immaginata.
Che approccio hai con la materia per arrivare agli aspetti contenutistici e concettuali delle tue opere?
Io scelgo la materia più affine al mio carattere, alle mie idee e al piacere tattile, olfattivo che mi provoca. È un insieme di motivi che mi fanno preferire per esempio fogli di plastica semitrasparente alla classica tela. Il materiale che più mi piace in assoluto è la carta, forse perché ha un buon odore (il segugio dentro di me ha suggerito questa risposta).
Intimità, Presenza, Consapevolezza, Tempo, Luogo, Mutamento... che accezione hanno per te e nella tua ricerca artistica?
Di tutte queste parole l'unica che può rappresentare la mia ricerca è Intimità considerato il mio linguaggio pittorico intrinsecamente legato al mio mondo interiore.
Come e da cosa sai di avere raggiunto l’obiettivo nel tuo processo di creazione dell’opera? Quali sensazioni prova il tuo corpo quando hai la consapevolezza di aver raggiunto questa meta?
A me non piacciono le opere strapiene e barocche né quelle vuote e minimaliste. So di aver raggiunto l’obiettivo quando l'opera pur nella sua semplicità mi sembra efficace. Le sensazioni che prova il mio corpo quando sono consapevole di aver raggiunto la meta agognata sicuramente sono felicità, ebbrezza, libertà, leggerezza. Peccato che le volte in cui sono veramente soddisfatta del mio lavoro non siano così frequenti.
Quali sono le motivazioni, le spinte, i condizionamenti, i limiti e le conseguenze di essere un’artista oggi?
Dipingo sostanzialmente perché mi piace, mi è sempre piaciuto ed è una spinta per continuare a farlo per sempre. Le conseguenze reali sono nel mio caso dovermi sdoppiare in due vite, quella da non-artista per guadagnare il minimo indispensabile e quella d'artista per essere soddisfatta della mia vita.
Qual è la visione alla base delle tue intenzioni e delle tue azioni nel contesto artistico contemporaneo?
Le mie intenzioni sono… conquistare il mondo! Il problema è che sono miope.
A che cosa può aprirsi il mondo attraverso l’arte?
Se per mondo si intende la gente che lo abita, il mondo attraverso l’arte potrebbe aprire un po’ il cervello... che con tutte le guerre che si fanno e i danni che si provocano all’ambiente, se ne avrebbe proprio bisogno.
Quanto può essere utile oggi a un artista esporre in un determinato contesto? E quanto può essere utile il loro passaggio al contesto che li accoglie?.
Se si parla solo di utilità è chiaro che per l’artista sia più utile esporre in un luogo facoltoso, quale una galleria importante dove potrà vendere e quindi riuscire a vivere del proprio lavoro, che in un luogo sperduto tra i monti. Al contrario per il luogo sperduto tra i monti sarà utile ospitare gli artisti affinché portino una sferzata di novità a un contesto un po’ morto. Ma l’arte è bella e l’utilità interessa relativamente. A me interessa un luogo per una corretta installazione, che sia una galleria facoltosa o un luogo sperduto. Ci sono dei contesti meravigliosi, immersi nella natura, edifici antichi, officine, grotte, castelli, soffitte, luoghi non ristrutturati dal fascino inconfutabile, posti dove poter allestire mostre indimenticabili. Nessuna utilità in senso economico ma grande guadagno, quello interiore.
Quali delle tue opere ci proporresti come fondamentali punti di snodo nel tuo percorso?
Metterei le opere che ho realizzato con la plastica come supporto partendo dalla prima Incontro, in seguito Tocco, Tuffo, Mihè, Barbagianna, Donna papavero e un poi un piccolo Autoritratto su carta, che mostra, a chi sa coglierne l’ironia, che il bello non sempre corrisponde al perfetto.
Che cosa desideri che le persone sentano quando entrano in contatto con le tue opere?
Mi piacerebbe che le persone entrassero in contatto con me senza bisogno di esprimersi a parole. E mi auguro di piacergli.
In seguito alla tua esperienza di vita, alla tua esperienza dell’esistenza umana in senso ampio, qual è la tua concezione della vita?
La mia concezione di vita è da miope quale sono, vedo solo questa vita che mi è vicino e non ne vedo altre future, perciò cerco di godermela.
In che senso il fatto di essere donna ha determinato la tua vita? Quali possibilità ti sono state offerte, e quali rifiutate? Che destino possono aspettarsi le nostre sorelle più giovani e in che direzione bisogna orientarle?
Non sono sicura ci sia stata discriminazione nella mia vita per il fatto di essere donna, non ne ho le prove almeno. A me è stato rifiutato molto e offerto poco come penso sia successo a ogni artista che cerchi una chiave per entrare in questo mercato chiuso dell’arte italiana. Alle nostre sorelle più giovani dico di tenere un occhio puntato verso l’estero per inserirsi in un mercato internazionale fin da subito e l’altro centrato verso le proprie radici per creare qualcosa di profondo.
C’è un momento o un’esperienza alla quale colleghi quella sensazione intensa che fa dire “Io sono viva!”?
Beh, l’amore.
Giorgia, dubiti mai di te stessa?
Almeno una volta al mese.
Come sai che sei un’artista?
Forse per il fatto che continuo a disegnare, anche se ho già passato l’età dell’infanzia?
Qual è il desiderio del tuo cuore?
Un bosco di noccioli.
Che progetti hai in cantiere?
Ad aprile sarò tra gli artisti della seconda Biennale del disegno a Rimini.
Dai la risposta alla domanda che volevi io ti facessi e che non ti ho fatto…
Il bicchiere com’è, mezzo vuoto o mezzo pieno?
Mezzo pieno, il resto me lo sono già bevuto.
Giorgia Moretti è nata nel 1980. Vive e lavora nella sua città natale, Bellaria.
http://morettigiorgia.blogspot.it/