Il mese scorso, il sistema museale italiano ha subito una vera e propria rivoluzione in campo dirigenziale e una modernizzazione a livello culturale. La riforma Franceschini ha nominato 20 nuovi direttori per la gestione dei musei pubblici più importanti d'Italia, investendo così sulla tutela e valorizzazione del patrimonio artistico nazionale. Tra i professionisti selezionati, tra cui 14 storici dell'arte e 4 archeologi, quelli che hanno suscitato maggior curiosità sono stati i due manager culturali: Mauro Felicori, neo direttore della Reggia di Caserta e Cecilie Hollberg, neo direttrice della Galleria dell'Accademia di Firenze.

In Italia, una delle principali lacune del settore pubblico dei beni culturali è infatti rappresentato dalla mancanza di un sistema di direzione e gestione dei vari aspetti di natura economica, finanziaria, organizzativa e di marketing, che devono essere considerati da chi dirige un museo o da chi organizza un evento socio-culturale o per dirla con un termine anglosassone, da un “manager”.

Secondo la definizione del consulente manageriale Ernest Dale, il management si può definire come “quel processo attraverso il quale un manager di un'organizzazione impiega efficacemente le risorse per raggiungere gli obiettivi generali al minimo costo e con il massimo profitto”. La confusione di molti deriva spesso dalla mancanza di comprensione inerente il binomio “management culturale”: in Italia la cultura viene difficilmente inserita nel campo aziendale del management, tendendo a essere relegata nel campo letterario filosofico e storico artistico.

Fortunatamente, la nomina dei nuovi direttori museali ha portato una ventata di novità anche in campo professionale. Mauro Felicori, dopo una laurea in filosofia, si è specializzato in Economia della cultura e politiche culturali, dirigendo il Dipartimento di Economia e Promozione della Città del Comune di Bologna e inserendosi come docente di gestione e organizzazione delle imprese culturali nell'Università di Bologna. Allo stesso modo, Cecilie Hollberg ha lavorato come curatrice e funzionario tecnico scientifico nel settore museale a Lipsia, Dresda e Berlino, specializzandosi in Storia Medievale a Göttingen. Le competenze professionali di questi due nuovi direttori si inseriscono perfettamente nel settore del management culturale, già collaudato all'estero e oggi in ascesa anche in Italia. Non esistendo ancora dei percorsi di istruzione definiti, molto di questo iter professionale è profondamente legato a esperienze lavorative individuali.

Una buona preparazione è però oggi offerta dai vari Master e Corsi di Specializzazione in Economia e Management dei Beni Culturali che si stanno diffondendo sempre più sia nel pubblico che nel privato. Gli approfondimenti specifici di questa formazione riguardano principalmente i principi dell'economia della cultura e i fattori determinanti delle politiche culturali, con un'analisi delle varie metodologie e tecniche di comunicazione e una conoscenza specifica della legislazione nazionale che regola il settore dei beni culturali e del funzionamento dei vari enti e istituzioni pubbliche e private.

La specificità è una peculiarietà dell'economia culturale, campo di indagine del management, nato per gemmazione della branca economica, volto a indagare ed esplorare molti degli aspetti economici della creazione, produzione, distribuzione e consumo di beni artistici. Un buon esempio di attuazione del management è il distretto culturale, dove un sistema di relazioni, territorialmente limitato, integra il processo di valorizzazione delle dotazioni culturali con le infrastrutture e gli altri settori produttivi che a quel processo sono connesse.

Un altro modello influenzato significativamente dall'ambiente economico è quello delle imprese culturali, ossia quelle imprese di produzione e di distribuzione, specializzate nelle perfoming arts e nelle arti visive. Le funzioni di progettazione, produzione, distribuzione e tutela vengono perfettamente integrate all'interno di un'impresa culturale, al fine di creare scambi che permettano di raggiungere gli obiettivi degli individui. Un manager culturale competente deve poi conoscere tutte le dinamiche del marketing, ossia di quel processo volto alla pianificazione e realizzazione dell'ideazione, della determinazione del prezzo, della promozione e distribuzione di idee, beni e servizi, destinati a soddisfare esigenze e attese, attraverso un processo di scambio. Nel mercato dei beni culturali per determinare le politiche di prezzo è molto importante fissare gli obiettivi che vanno a determinare la domanda e la stima dei costi, con un'attenzione particolare per l'analisi dei prezzi della concorrenza.

Ad esempio, per un segmento di mercato relativamente indifferente al prezzo, un buon manager culturale proporrà un alto prezzo iniziale seguito da un graduale abbassamento, al fine di massimizzare i profitti nel breve periodo e coprire subito i costi. Contrariamente, per un segmento di mercato attento al prezzo e per favorire la riduzione della concorrenza, si dovrà proporre un prezzo iniziale basso al fine di massimizzare i profitti nel lungo periodo, in vista dell'aumento del numero di consumatori. Queste due politiche di prezzo, rispettivamente denominate politica di scrematura e politica di penetrazione risultano molto efficaci per garantire una discriminazione di prezzo adeguata.

Allo stesso modo, la definizione di una valida strategia di comunicazione in grado di informare e dare un'immagine positiva dell'istituzione culturale e di costruire la preferenza del consumatore, ossia educarlo e invogliarlo a compiere una determinata scelta, corrisponde a una competenza manageriale strettamente necessaria. Accumulando una particolare forma di capitale nel consumo culturale, aumenta anche lo stock di consumo da parte del visitatore, che viene invogliato sempre più a formulare giudizi critici e a scegliere questo determinato tipo di servizio, seguendo le dinamiche dell'addiction o dipendenza.

Questa prospettiva si inserisce perfettamente all'interno della dimensione sociale della cultura, in quanto l'individuo, alla continua ricerca di bisogni identitari, “inizia a domandare sempre più beni a valenza culturale, ovvero beni che aiutino a strutturare e confermare categorie mentali tramite le quali leggere la realtà e definire il proprio ruolo all'interno di essa”. In questo modo, la professionalità del manager culturale si misura anche nella sua capacità di trasformare la cultura in una risorsa che attiva i processi mentali per la costruzione di modelli identitari.

Speriamo quindi che, con l'aiuto dei nuovi direttori, l'Italia riesca finalmente a recuperare la propria identità culturale!