Ormai il conto alla rovescia per Expo si sta avvicinando rovinosamente, la domanda è: l’Italia riuscirà una volta tanto a fare il suo lavoro, senza troppi scivoloni?
Quello che vediamo ora è solo un semplice tentativo di suturare una ferita ormai troppo profonda? Le istituzioni corrono, parlano, organizzano incontri e spiegano con fermezza, a chi povero come noi non riesce bene a comprendere, come questa esposizione universale possa vittoriosamente avere luogo fra qualche mese. I cantieri infiniti all’orizzonte non mostrano niente di buono. Gli operai lavorano giorno e notte per cercare di costruire il costruibile in tempo per l’apertura. Visti i pochi giorni rimasti, al resto ci penserà la fata madrina di Pinocchio, che con la sua bacchetta magica riuscirà ad assemblare i pezzi mancanti. Ma se avessero successo, riusciremo veramente ad accogliere tutti gli speranzosi e curiosi che hanno già comprato non solo i biglietti per Expo, ma anche i biglietti aerei per arrivare dall’altra parte del mondo? Saremo in grado di rendere questa esposizione veramente significativa?
Nutrire il pianeta è lo slogan e il fine di questa grandissima fiera universale. Con l’obesità presente in un terzo delle case del mondo, sedentarietà cronica, spreco di alimenti alle stelle, quantità inimmaginabile di cibo industriale di pessima qualità, malnutrizione nella gran parte dei paesi di sviluppo, questa fiera, che dovrebbe insegnare e sensibilizzare tutti, ce la farà? Qui non si tratta di parlare solo ai consumatori, ma di conversare e ascoltarsi tra istituzioni, organizzazioni non governative, associazioni e grandi multinazionali per cercare di dialogare con successo e fare chiarezza sul da farsi.
Qualcuno potrebbe farmi notare che il 7 febbraio è stata presentata la Carta di Milano che porterà in luce i problemi odierni dell’alimentazione. Tramite obiettivi e impegni politici si potranno redigere nuove leggi e regolamentazioni che porteranno a una vera e propria innovazione. Presentata dalla Fondazione Barilla Center for Food and Nutrition discute i punti salienti per la riscoperta di un'agricoltura globale sostenibile, tutela del territorio e miglior distribuzione dei beni alimentari. L’iniziativa di promuovere una carta che possa essere l’emblema degli obiettivi di Expo 2015 non va senz’altro sottovalutata, ma come si potranno indirizzare i consumatori a conoscere e comprendere il suo contenuto? Ogni persona che si ritrova ad acquistare le materie prime per il proprio sostentamento può fare e fa la differenza. La vera e propria sfida è essere in grado di fare gli ambasciatori del sapere e condividere con le persone il messaggio di come muoversi perché loro possano dare il proprio contributo. Ci riusciremo?
Benché si siano già venduti 7,5 milioni di biglietti e la snervante attesa dell’apertura dei cancelli non ci faccia dormire la notte, questo non dà sicurezza all’Italia ottimista che Expo 2015 sarà in grado di confermare le grandi aspettative di milioni di persone. La frase che si trovava fino a qualche mese fa a piè di pagina nel sito di Expo 2015, che garantiva l’inesistenza di appalti truccati e tangenti se non altro è stata magicamente rimossa per evitare ulteriori derisioni dai fedeli lettori del sito e non solo.
A coronare le nostra irrefrenabile voglia di comprare i biglietti è VeryBello, lo strabiliante sito internet che presenterà gli eventi italiani durante tutta la durata della fiera universale, per invogliare i turisti e non solo a fare un giro nel bel paese. Peccato che il sito sia stato presentato unicamente in italiano - lingua conosciuta e parlata universalmente -, la grafica sia discutibile, il nome non abbia bisogno neanche di essere commentato e sia mancante di applicazione per smartphone. Il tutto, sicuramente solo un piccolo sbaglio in corso d’opera, pare costato 5 milioni di euro, che porta l’Italia sempre più vicino al traguardo della sua rovinosa caduta. Il Paese simbolo di pasta, pizza, (mafia) e mandolino rimpiange i vecchi tempi del forte interesse turistico, popolata ora da cittadini che preferirebbero essere nati altrove.