Come ogni anno, puntuale come le tasse, arriva sui tabloid di tutto il mondo l'annuncio di qualche scrittore pseudo detective che, dopo più di un secolo, finalmente ha individuato la vera identità di Jack lo Squartatore, Jack the Ripper, il serial killer che terrificò Londra alla fine del 1800, ma la cui identità resta tuttora un mistero. In questo articolo vogliamo raccontare le tesi, tra le tante, dei due ricercatori più noti, Stephen Knight e Patricia Cornwell, insieme alla figura del principe Alberto Vittorio di Sassonia-Coburgo-Gotha, nipote della regina Vittoria, figlio del futuro re Edoardo VII, più volte entrato in questa storia.

È il 31 agosto del 1888, quando "Jack" uccise la sua prima vittima, una prostituta, nel degradato East End della capitale. Iniziava, così, la macabra leggenda del più famoso caso irrisolto della polizia di Scotland Yard. La vittima aveva 44 anni, si chiamava Mary Ann Nichols, il suo cadavere fu rinvenuto alle tre e mezza del mattino, in Buck's Row, di fronte a uno dei tanti mattatoi del quartiere. La donna presentava la gola tagliata, quasi decapitata, e tagli sul ventre dai quali fuoriuscivano gli organi vitali. Seguiranno altri quattro omicidi con lo stesso rituale, l'ultimo l'8 novembre di quello stesso anno. I crimini avvennero tutti nel quartiere di Whitechapel, rinomato per i suoi quartieri fatiscenti e abitata da povera gente insieme a delinquenti e prostitute; queste ultime, come abbiamo visto, erano le vittime prescelte dall'omicida.

Molti furono i sospettati e tanti per poco non vennero linciati dalla folla pur essendo completamente estranei ai delitti. Furono indagati medici, chirurghi, parrucchieri, commercianti, pescivendoli e un ex operaio dell'obitorio comunale. Potremmo continuare per decine d'indiziati tra cui anche una donna di 24 anni, Mary Peacy, condannata a morte nel 1890 con l'accusa di aver ucciso la moglie dell'amante e la loro figlia. Il suo nome fu accostato inizialmente al serial killer di Whitechapel, dove avvennero gli omicidi, i suoi delitti assomigliavano per alcune modalità a quelle del misterioso Jack. Solo in seguito, con prove più circostanziate l'accusa cadde nel vuoto. Infine, per alcuni investigatori, Jack non avrebbe operato solo a Londra, ma addirittura in trasferta, oltre Oceano, commettendo efferati delitti in Nicaragua e in Giamaica. In questo clima da caccia alle streghe, così incandescente, furono sospettati anche personaggi noti al pubblico, tra loro Lewis Carroll e Oscar Wilde, probabilmente per la vita che conducevano fuori dai canoni della borghesia vittoriana dell'epoca.

La Corte inglese

Un caso a parte merita invece la figura del principe Alberto Vittorio di Sassonia-Coburgo-Gotha, nipote della regina Vittoria, figlio del futuro re Edoardo VII, e, a sua volta, mancato successore al trono d'Inghilterra a causa della sua morte prematura, lasciando al fratello minore Giorgio la corona di re. Un personaggio che non attirerà certo l'attenzione della polizia, ma di tanti investigatori improvvisati che dovettero abbandonare le indagini, quando si stavano avvicinando troppo alla soglia di Buckingham Palace. Secondo alcune testimonianze, tutte da verificare, il giovane rampollo reale aveva contratto la sifilide frequentando alcune prostitute, circostanza che avrebbe dato vita al suo odio per le donne e in special modo per coloro che si prostituivano. Il duca avrebbe così commissionato gli omicidi rimanendo fuori Londra proprio nei periodi in cui venivano compiuti i crimini per un perfetto alibi.

Una tesi che non ha fondamento a nostro avviso; chi soffre di questa patologia vendicativa vuole vedere le sue vittime in faccia per "godere" del loro dolore, essere assente dal luogo degli omicidi non avrebbe avuto alcun senso e poi perché crearsi un alibi fuori Londra, chi avrebbe mai sospettato l'erede al trono per questi efferati delitti? Questo, però, non scagiona il principe. Secondo molti studiosi, più o meno credibili, i crimini sarebbero stati compiuti per coprire il matrimonio di Alberto con una prostituta, per altri era una semplice commessa e per giunta cattolica da cui sarebbe nata una bambina. Era troppo. Uno scandalo avrebbe arrecato all'istituzione della monarchia un danno forse irreparabile. Bisognava agire.

L'invenzione di Jack lo squartatore

La regina Vittoria, secondo alcune ricostruzioni, avrebbe dato incarico a uno dei suoi ministri di trovare una soluzione a qualsiasi costo. Si pensò di coinvolgere la Massoneria, in questi casi la segretezza era d'obbligo, incaricando proprio un frammassone, il fantomatico Jack per compiere i cinque delitti rituali e togliere di mezzo tutte le testimoni della relazione scandalosa di Alberto. Anche qui, però, ci sono una serie di incongruenze nella tesi: prima di tutto manca la prova del presunto matrimonio e, dunque della bambina, e poi perché invece di sbarazzarsi in silenzio e senza clamori di queste donne, con tutto il potere che aveva la Corona, si preferì inventare un serial killer, con il pericolo che un'indagine più approfondita prima o poi avrebbe potuto lambire la stessa monarchia? Nonostante queste incongruenze Alberto non uscirà del tutto dalle indagini, almeno in quelle degli scrittori, come responsabile, almeno morale, dei delitti.

La Massoneria, come sappiamo, ha un suo fascino e così negli anni '80 dello scorso secolo, proprio su questa probabilità di coinvolgimento delle Logge, Stephen Knight, allora popolare scrittore britannico, pubblicò un libro che ebbe grande successo, Inside the Brotherhood (Dentro la Confraternita) in cui, oltre ad accusarla di ogni cospirazione nelle vicende più emblematiche della storia recente, riprendeva la tesi che i delitti del fantomatico Jack non erano altro che una cospirazione massonica. Argomento non nuovo all'autore che già nel 1976 aveva pubblicato nel libro Jack lo squartatore: la soluzione finale. La tesi, riprendendo il tema del complotto, suggeriva come alcuni membri della polizia del tempo fossero massoni e fecero di tutto per insabbiare o depistare le indagini. Ma perché tutto questo?

La spiegazione secondo Stephen Knight si basava sull'aiuto massonico per salvare la figura di Alberto (anch'egli massone?, ndr) consigliato dal medico di corte della Regina Vittoria, Sir William Gull, con la complicità di Sir Charles Warren, un altro massone, e il capo della polizia, che organizzò gli omicidi in modo da evitare uno scandalo, depistando ogni riferimento al principe, come abbiamo già visto. Ma se il complotto avvenne realmente doveva essere organizzato a livelli molto alti. Il primo ministro Lord Salisbury, secondo la ricostruzione di Knight, chiese a Sir William Gull di eliminare la "moglie" dell'erede al trono, internandola in un manicomio e di eliminare le cinque prostitute che sarebbero state al corrente dei fatti. Ma perché uccidere solo le prostitute e lasciare in vita la "moglie", anche se internata in manicomio, con il pericolo che prima o poi si sarebbe scoperto tutto? Questo non lo sapremo mai, ciò che sappiamo invece è che l'identità del famigerato Jack sia a tutt'oggi avvolta nel mistero più fitto, almeno fino a oggi.

Walter Sickert, il vero Jack

La scrittrice americana di gialli, Patricia Cornwell, ha dichiarato alla stampa di aver finalmente e senza ombra di dubbio scoperto la vera identità di questo assassino nella persona di Walter Sickert, uno dei più apprezzati pittori dell'epoca, tanto che tra i vari ritratti eseguiti abbiamo anche quello di Winston Churchill; inoltre era frequentatore dell'alta società londinese. Una tesi non certo nuova per la giallista. Già nel 2002 aveva adombrato questo sospetto nel libro Ritratto di un assassino, ma le critiche erano state tante e non certo benevole da far desistere la Cornwell dal proseguire, almeno ufficialmente le sue indagini. In realtà, tutt'altro che sconfitta, la scrittrice ha proseguito e scandagliato ogni riferimento al killer, impiegando tanto tempo e tante risorse economiche.

Oggi, finalmente, può affermare, secondo le sue ricerche, di avere le prove definitive della colpevolezza del pittore e rilanciando l’ipotesi dell'ormai "famoso" complotto ordito dalla famiglia reale britannica. La Cornwell non ha risparmiato nulla nella sua ricerca; ha coinvolto un ex detective di Scotland Yard, John Grieve, e, elemento fondamentale, ha potuto leggere le lettere custodite negli Archivi Nazionali di Kew, che allora Jack inviò per sberleffo alla polizia. Furono centinaia i mitomani che scrissero lettere spacciandosi per l'assassino, ma quattro solamente furono attribuite con una certa sicurezza allo Squartatore. In questi scritti l'assassino faceva riferimenti agli omicidi con particolari che solo lui poteva conoscere e che non erano state diffuse dalla polizia del tempo. In particolare fu proprio l'ultima lettera, chiamata From Hell dagli investigatori di allora, a suscitare interesse nella Cornwell. Era stata spedita al dottor Openshaw, che aveva eseguito l'esame autoptico su un pezzo di rene di Catherine Eddowes. L'assassino si complimentava con il medico per avere accertato che il reperto umano era attribuibile alla quarta vittima.

La lettera, per la Cornwell, era stata scritta volutamente in modo sgrammaticato su una carta particolare, un foglio che aveva la stessa insolita filigrana della carta da lettere usata per la sua corrispondenza proprio da Walter Sickert. Non era certo una prova, ma come in ogni buon giallo che si rispetti, era pur sempre un indizio. Con tenacia, la giallista americana è andata oltre, riuscendo a far prelevare tracce di dna dal francobollo della lettera e a confrontarlo con quello del pittore: la corrispondenza sarebbe, sempre secondo lei, innegabile, nonostante alcuni dubbi proprio sulle analisi, sollevati da vari studiosi del caso.

Il complotto

Ma chi era veramente Walter Sickert, faceva parte di un complotto oppure agiva da solo, e ancora, che rapporti aveva con la casa reale? Sappiamo solo che morì nel 1942 portandosi nella tomba questo terribile segreto oppure una terribile ingiustizia perpetrata al suo nome. Domande che, come in una matassa, la Cornwell è riuscita, almeno dal suo punto di vista, a sbrogliare. Abbiamo prima accennato alla relazione di Alberto con una donna per la quale bisognava chiudere per sempre questo scandalo ed eliminare le persone che sapevano troppo. Ed ecco che ritornano anche in questa ricerca personaggi già noti. Fingendo sanguinari delitti, William Gull, il medico chirurgo personale della regina Vittoria e anche della famiglia Sickert, sarebbe stato il complice del pittore nel compiere gli omicidi, ed ecco spiegati i tagli da chirurgo lasciati sulle povere vittime.

Tra le tante prove la scrittrice si sofferma proprio sui quadri di Sickert. Diverse opere sembrano ispirate ai delitti del killer anche se ufficialmente dedicati all'omicidio di una prostituta avvenuto nel 1907. Ciò che lascia attoniti, vedendo queste opere è la mania di rappresentare donne nude sdraiate su di un letto con segni di tagli intorno alla gola e volti non riconoscibili, con accanto differenti uomini vestiti, seduti o vicini a loro, quasi sempre nell'ombra. Altri schizzi e dipinti raffigurano ancora volti di donna sfigurati, con somiglianze con le vittime e manichini simili a corpi umani mutilati, insomma un sadismo pittorico niente male, ma vediamo gli altri indizi che possono suffragare almeno i sospetti sul pittore. In alcune lettere del presunto Jack, si trovano anche qui degli schizzi di disegni e la scritta con la risata "ha-ha", un tipico modo di esprimersi proprio del pittore e ancora l'uso di termini latini, lingua conosciuta da Sickert. L'unica pecca nella tesi della scrittrice era la scarsa conoscenza dell'anatomia chirurgica da parte del pittore a differenza di quella dimostrata da Jack, almeno secondo il profilo criminale proposto dal dr. Thomas Bond.

Una lunga scia di sangue

Ma Jack, per la Cornwell, ormai chiamato Walter Sickert, non era colpevole solo dei cinque omicidi a lui ascritti, ma da buon serial killer ne aveva collezionati molti di più, almeno una ventina, molti dei quali commessi proprio tra i suoi conoscenti, come in Francia, con l'avvelenamento, non accertato, della seconda moglie. Come succede spesso in questa storia le prove a discarico e quelle che lo incolpano si alternano in maniera a dir poco confusa, così, ad esempio, secondo alcune testimonianze, Sickert era in Francia durante gli omicidi di Whitechapel, ma non c'è un'assoluta certezza sul suo alibi. Ora aspettiamo il prossimo scoop, che non svelerà con certezza l'identità di Jack, ma aumenterà il conto in banca dei suoi divulgatori. In realtà la figura di Jack lo squartatore affascina proprio perché non se ne conosce l'identità e come in ogni giallo che si rispetti una volta saputo il nome dell'assassino il libro perde ogni valore.