Era la fine di agosto del 2017, e la Motta lanciava una serie di spot destinati a generare il caos, che facevano parte di una campagna pubblicitaria curata dall’Agenzia Saatchi&Saatchi, e che avevano lo scopo di rilanciare uno dei prodotti storici dell’Azienda, ovvero il mitico Buondì.

Ma vediamo un po’ in cosa consistevano questi spot, che fecero tanto parlare di sé. Nel primo, una bambina si rivolge alla madre per chiedere – con una capacità dialettica chiaramente in contrasto con la sua età, e che sembra invece quella propria di un Direttore Marketing – una «colazione leggera ma decisamente invitante che possa coniugare la mia voglia di leggerezza e golosità». Pronta la risposta della madre, intenta a sistemare i fiori su una tavola perfettamente apparecchiata: «non esiste una colazione così, cara. Possa un asteroide colpirmi se esiste».

Quello che è un modo di dire (come “possa un fulmine colpirmi”) diventa realtà e, immediatamente, quando ancora non è stata pronunciata la fine dell’ultima parola, ecco un asteroide che colpisce in pieno la madre. A seguire una schermata azzurra che, con il passaggio di qualche piccolo asteroide – di cui è riprodotto anche un suono che potrebbe essere associato a quello di fuochi d’artificio in lontananza –, riporta il messaggio «La pubblicità riprenderà il più presto possibile»; in caratteri piccoli, nella parte bassa della schermata, la dicitura «Nessuna mamma è stata maltrattata durante le riprese».

La stessa impostazione è presente anche nel secondo spot, che è un seguito del primo, e vede l’entrata in scena – ma anche l’uscita di scena – del padre.

Non molto dissimile anche il terzo spot, lanciato il 10 settembre 2017. Ad arrivare nel giardino e a dialogare con la bambina è questa volta il postino, che, alla vista delle rocce infuocate, esordisce chiedendo alla bambina: «barbecue di prima mattina? Non sarebbe meglio una colazione…», offrendole così l’aggancio perfetto per riprendere la frase detta nei due precedenti spot relativamente al tipo di colazione richiesta anche ai genitori.

Degli spot, quindi, che adottano un registro ironico e grottesco, assai raro nella pubblicità di prodotti di largo consumo qui in Italia e che hanno fatto sorridere in molti ma, allo stesso tempo, anche arrabbiare parecchie madri-social assai apprensive, un po' ingenue e abbastanza fanatiche (che in molti chiamano “mamme pancine”) che hanno visto nella scena finale un'immagine “troppo violenta” e “contro la famiglia”. La maggior parte dei commenti negativi faceva leva sulla presunta violenza degli spot. Nei più si parlava prevalentemente dell’effetto che avrebbero potuto avere se visti da bambini che avevano perso tragicamente la madre e della reazione di pianto avuta da alcuni piccoli spettatori nel vedere il finale della pubblicità.

Lo scopo della campagna risalta bene da un’intervista che fu rilasciata ai tempi da Alessandro Orlandi – direttore creativo dell’agenzia Saatchi & Saatchi– che aveva dichiarato che:

la pubblicità dove coniugare golosità e leggerezza, come il prodotto al centro del messaggio.

È per questo che con questi spot si è deciso di:

rompere lo stereotipo della famiglia italiana dell’advertising, dove tutti sono precisi, tutti sono perfetti.

Nello spot pubblicitario Buondì Motta i toni sono volutamente eccessivi, l’irrealtà di quanto accade è evidente. Alcuni tra i commentatori dei post hanno fatto notare, infatti, come la narrazione umoristica scelta sia vicina a quella di diversi cartoni animati: viene citato Wile E. Coyote (il celebre Coyote che appartiene, con Road Runner o Beep Beep alle serie Looney Tunes e Merrie Melodies della Warner Bros) ma si potrebbe fare un lungo elenco che arriva fino a I Simpson.

E se ci si volesse soffermare invece sulla tematica della morte della madre in riferimento a un prodotto che può essere visto anche dai più piccoli, non si può non pensare a Bambi (tra i commenti qualcuno fa notare, tra l’altro, quanto sia violenta la morte della mamma del cerbiatto, che non avviene certo in seguito ad una frase ironica).

Adesso proviamo ad entrare dentro la questione e a chiederci: ha avuto senso questo spot per la marca? Tutto questo chiacchiericcio ha giovato alle vendite della merendina?

Per rispondere a questa domanda, facciamo un passo indietro e andiamo a ripercorrere la storia del brand. Nato a Milano agli inizi del Novecvento, per molti decenni è stato sinonimo di panettoni industriali, merendine e gelati. Recentemente, dopo varie traversie di compravendita, il settore gelati è rimasto al gruppo Nestlè, mentre quello dei prodotti da forno è andato al gruppo Bauli. C'è da dire che negli ultimi anni sia da un punto di vista di innovazione di prodotto, di comunicazione e di vendite, il marchio Motta non ha vissuto certamente momenti d'oro.

Da qui è partita la decisione di rilanciare, attraverso la pubblicità, uno dei suoi prodotti totem. E oggi uno dei modi per farti notare rapidamente - il più semplice, ma anche il più rischioso – è fare una comunicazione fuori dalle righe. I marketer e i pubblicitari si sono detti: andiamo contro lo standard medio degli spot dei prodotti da forno italiani dove i temi oggi sono “ossessione light”, valori nutrizionali, e i soggetti girano tutti intorno alla famiglia felice intorno alla tavola. La scelta è stata quindi quella di sovvertire tutto: recitazione fuori dalle righe, fotografia iper-realista, per poi arrivare al finale surreale.

Obiettivo (riuscito): far parlare della marca e farla diventare top of mind (come dicono i pubblicitari) per i/le responsabili d'acquisto. Già, belle parole, e le vendite? Alla fine quelle le decidono soprattutto le catene della grande distribuzione a suon di sconti: la comunicazione, specie per prodotti non nuovi né innovativi, serve solo per ricordare a chi si reca al supermercato che quel prodotto esiste.

La Motta non ha mai rilasciato dati precisi sugli effetti dello spot in termini di vendite, che sicuramente ci devono essere state, visto che molti sostenitori dello spot hanno iniziato a difendere la campagna, alcuni addirittura comprando più confezioni di Buondì e illustrando questo gesto sui social.

Quello che è certo è che la campagna ha notevolmente aumentato la brand awareness del marchio, raggiungendo numeri di visibilità che sono andati ben oltre le aspettative: e in un’epoca in cui “esserci” è fondamentale, possiamo dire che questa non è stato sicuramente un risultato da poco!