A volte basta poco.

Anzi, spesso capita di pensare che “basterebbe così poco” per disinnescare processi che si ripetono e che risultano disfunzionali per noi, per la nostra esistenza, ma anche spesso per l’ambiente che ci circonda e in cui viviamo.

Basterebbe così poco. E invece succede che nonostante questo proprio non riusciamo a modificare quelle abitudini che ostacolano la nostra salute e il nostro benessere.

Parliamo di abitudini piccole, apparentemente insignificanti, di quelle piccole cose che ci sembrano ormai naturali proprio perché sono state ripetute tante tante volte nel tempo, innumerevoli volte. Per alcuni potrebbe trattarsi dell’andare a letto tardi, del cenare tardi, per altri potrebbe essere il fatto di fumare, o di bere alcolici, o di mangiare eccessivamente, o male, per altri ancora può essere il fatto di alzarsi sempre tardi, di bighellonare, di perdere tempo, per altri potrebbe trattarsi di prestare troppa attenzione e tempo ai social media, di dedicarsi eccessivamente a controllare il telefono, per altri infine potrebbe essere la tendenza a divagare, a non concludere le cose, a tergiversare nei discorsi e nei ragionamenti.

Ogni persona in cuor suo sa molto bene quali sono quelle piccole o grandi abitudini che la danneggiano, perché in fondo ciò che va contro la fisiologia e che causa malessere fisico o mentale è sempre un qualcosa che manda dei segnali, prima o poi, segnali che stanno ad indicare e comunicare al soggetto che quella data cosa non fa bene, non è adatta e non aiuta l’organismo.

Ma allora, si potrebbe obiettare, perché se sappiamo che qualcosa ci fa male, o ci danneggia in qualche modo, piccolo o grande che sia, l’essere umano spesso si ostina a ripetere le stesse cose, continuando a ricavarne dei danni? Perché, se si conoscono gli effetti dannosi di qualcosa, l’uomo continua a perseguire le stesse cose, riportandone degli effetti negativi quando non marcatamente nocivi? E spesso il soggetto è anche a conoscenza delle basi scientifiche, dei suggerimenti degli esperti, dei consigli e dei racconti di famigliari o amici che hanno raccontato e descritto con dovizia di particolari le conseguenze negative verso cui si va incontro attraverso determinati meccanismi. Ma nonostante ne sia a conoscenza, nulla sembra mai cambiare, tutto prosegue invariato, senza che il soggetto, pur edotto e informato, intenda ovviare, tornare sui suoi passi, modificare la rotta.

La psicologia ci viene in aiuto, fornendo alcune possibili spiegazioni:

  • La coazione a ripetere: i meccanismi ripetitivi possono essere un tentativo, spesso inconsapevole, di riportare il soggetto a determinate situazioni, traumatiche o comunque negative, con lo scopo ultimo di volerle in un certo senso risolverle. Ma risolvere una cosa negativa che appartiene al passato attraverso un’azione correttiva presente è impossibile, comunque le tracce mnestiche rimarranno e in ogni caso questi tentativi, se non compresi e analizzati da un professionista, si rivelano sterili e inutili ripetizioni del trauma.

  • La resistenza al cambiamento: il fatto stesso di cambiare una modalità, una soluzione, una consuetudine, rappresenta una indubbia difficoltà, in quanto bisogna in un certo senso uscire dalla cosiddetta zona di comfort per “addentrarsi” in un terreno che non è quello consueto, che quindi per definizione potrebbe rivelarsi complesso, dispendioso dal punto di vista energetico, o ancora potrebbe comportare dei rischi difficilmente prevedibili per il soggetto.

  • La fissità funzionale: a livello di metafora, la fissità funzionale può essere intesa come l’incapacità di vedere come una stessa cosa – ad esempio il risveglio mattutino - possa essere affrontata con strumenti o modalità diverse – ad esempio cambiando orari. Persone particolarmente rigide o semplicemente pigre, se non intravedono dei potenti vantaggi, tendono a mantenere non soltanto una fissità di abitudini, ma anche di problem solving, utilizzando sempre le stesse soluzioni allo stesso problema.

  • Il masochismo: molte persone, pur non essendo esplicitamente masochiste, hanno dei tratti di masochismo che impediscono loro di muoversi in maniera funzionale al loro benessere, percorrendo così strade che non si rivelano adatte e che, magari non nell’immediato ma alla lunga penalizzano il loro benessere e la loro salute.

In realtà, nella stragrande maggioranza dei casi, il meccanismo che veramente la fa da padrone è, contrariamente a ciò che si potrebbe pensare, proprio l’aderenza a un’abitudine. Essa soggiace infatti ai primi tre punti: coazione a ripetere, resistenza al cambiamento e fissità funzionale sono infatti strettamente correlati al concetto di abitudine.

Il fatto di essere semplicemente abituati a fare una determinata cosa, a compiere una determinata scelta, un’azione, anche piccola, che si ripete uguale ogni giorno o quasi, rende la cosa talmente incistata da diventare fissa, stabile. In più, tale ripetitività e stabilità acquista con il tempo un ruolo e una funzione anche rassicurante per il soggetto, che quindi sembra trarne una sorta di beneficio.

Anche se sono psicologa, sulla base della mia esperienza clinica, devo riconoscere che i meccanismi più squisitamente psicologici tendono spesso a passare in secondo piano rispetto al ruolo potente giocato dall’abitudine.