Gli Impressionisti sono stati soprattutto un gruppo solidale e coeso che condivideva un atteggiamento di rifiuto verso l'accademismo e le rigide regole che lo contraddistinguevano, facendone un'arte destinata all'élite, che ruotava e cresceva attorno all'Accademia delle Belle Arti parigina. Vi spadroneggiavano consolidati e riconosciuti artisti, apprezzati da tutti, perchè le loro opere non si distaccavano da forme classiche, pur nell'interpretazione personale, a cui tutti erano abituati. Si omaggiavano con mostre regolari, le quali terminavano ogni volta con le ambite medaglie del Gran Prix, che permettevano agli artisti di far parte dell'Olimpo accademico. Era un'arte che continuava la tradizione in linea con gli insegnamenti dei Grandi Maestri del passato.
Il distacco dalla loro autorevolezza avviene per gradi e va di pari passo con la consapevolezza dell'importanza del singolo e delle disposizioni personali, legate ad una diversa concezione del sociale, che dall'Illuminismo in poi, ha sviluppato una visione diversa dell'individualità. Il rigido studio, fin dalla giovane età, di questi artisti, li ha resi estremamente abili nel disegno, a cui dedicavano anni di prove con mezzi diversi e la conoscenza delle proprietà dei colori, che richiedeva una sapiente e specifica preparazione, permetteva il loro uso ottimale.
Uno dei motivi, insieme alla nuova consapevolezza sociale, per cui, dalla Scuola di Barbizon in poi, ai primi dell'800, alcuni artisti si sono staccati dal classicismo artistico, è stata sicuramente la nuova produzione dei colori nei tubetti, che la nascente industrializzazione metteva a disposizione degli artisti, da sempre abituati a prepararsi da soli i colori con lunghi e faticosi procedimenti.
La natura è attorno a noi, non possiamo fare a meno di osservarla e ammirarla, dal momento che è la più grande opera d'arte: dipingere "en plein air" è stato il primo passo verso un distacco sempre più convinto, adottato dagli artisti meno conformisti. Dalla Scuola di Barbizon si è passati attraverso Millet, che ha dipinto la fatica dei lavoratori, fino a quel momento visti come gioiosi beneficiari della natura, perchè a contatto con essa, dipinti in opere considerate "di genere", ma lontane dalla realtà, perchè l'artista che li ritrae conosce di loro solo l'aspetto idilliaco. Courbet, crudo realista, ha guardato con disincanto la natura e l'ha dipinta nella sua pietrosa verità, scavalcando anche il mito che da sempre rivestiva la donna di bellezza ideale, quasi fosse una Madonna o una dea.
Gli Impressionisti, dal canto loro, hanno guardato il mondo reale, si sono recati, coi loro cavalletti, colori e tele, nei pressi dei luoghi più ameni, scelti appositamente, per dipingere gli attimi magici che la luce dona, modificando il colore dell'atmosfera, ora per ora. Come nella natura hanno cercato i luoghi più piacevoli, così nella descrizione della città, hanno privilegiato i momenti di riposo e di divertimento, a scapito di una realtà che la considera problematica, se visto da un altro punto di vista. Ne è nata una pittura eterea, fatta di colori evanescenti, che si compenetrano, ma alla fine l'immagine indistinta, non supportata dal disegno, si evidenzia in tutta la sua bellezza, che la pittura crea attorno a sé, rarefatta e inafferrabile, ma allettante e coinvolgente.
Ci si chiede come Edgar Degas abbia potuto far parte attiva ed essere così importante tra gli Impressionisti, perchè dipinge nel suo atelier, non ama ritrarre la natura, le sue opere sono frutto di ricerche e prove nate dalla conoscenza del disegno: ciò che più aborrono gli Impressionisti, che dipingono senza disegnare. La forma si concretizza ugualmente, perfetta, una magia!
Eppure Degas si sente parte di questo gruppo, perchè condivide lo stesso malcontento verso la pittura accademica e l'accademismo conseguente: con loro si ritrova al Caffè Guerbois, dove insieme discutono e si confrontano. Come i suoi amici, ha osservato la realtà attorno a sè, descrivendola con accuratezza, ma anche con l'attenzione di un animo sensibile, che nelle incantevoli ballerine che dipinge, non vede solo libellule, ma ragazze stanche e affaticate, coi piedi dolenti per le faticose prove, che esigono la perfezione negli spettacoli. Non si è limitato ad esse, ha guardato più in basso nella scala sociale, alle donne lavoratrici, indispensabili per rendere migliore la vita delle persone abbienti, ma di cui nessuno si prende la briga di notarne le fatiche, il sudore, la prostrazione in fine giornata, sentendosi già loro benefattori.
È arrivato ad osservare anche il degrado nell'alcolismo, in chi annegava la rassegnazione di un lavoro degradante nel paradiso artificiale dell'assenzio. Certo, ha anche descritto la vita sociale brillante della nobiltà e dei ricchi borghesi, la civetteria delle donne in competizione nell'abbigliamento, ma anche la laboriosità della nascente industrializzazione, ritraendo i signori affaristi, non più solamente dediti al riposo e al divertimento, coi soli impegni sociali.
Manet ha ispirato gli Impressionisti, ma non ha mai dipinto come loro, al massimo ha schiarito un po' i suoi colori, sotto la loro influenza. Dal canto suo, Degas ha descritto come gli Impressionisti la vita sociale parigina del suo tempo, ma con un occhio attento alla realtà sottesa alle ricercatezze del mondo dei benestanti, ma non ha avuto il coraggio di staccarsi completamente dal modo di dipingere tradizionale, utilizzando il disegno e la prospettiva, mentre ha saputo rappresentare tematiche reali e trascurate, perchè troppo prosaiche, come le schiene nude delle donne che si lavano i piedi e il collo, tutt'altro che idealizzate, anche se conservano una certa grazia, ben diverse dalla cruda realtà della pinguedine delle donne dipinte da Courbet, a cui Napoleone III avena dato una scudisciata di disapprovazione, durante una visita ad una esposizione di Courbet.
Entrambi gli artisti hanno rappresentato un momento di passaggio verso il vero e proprio modo di dipingere degli Impressionisti, che si sono distaccati coraggiosamente dall'accademismo, dando un nuovo e inaspettato impulso all'arte. Degas è stato comunque un grande innovatore che utilizza la macchina fotografica; a quei tempi questi apparecchi sono i primi e molto costosi, ma da ricco borghese qual è, poteva permetterseli. Con la macchina fotografica può registrare e documentare ciò che vuol dipingere, ma, dal momento che la visuale dell'inquadratura fotografica ha un campo limitato, anche le immagini ottenute sono semplici scorci della realtà: perciò molte delle sue opere appaiono con inquadrature inusitate, decentrate, posizionate obbliquamente, tagliate a metà, esattamente come succede con le fotografie.
Scattando le istantanee può cogliere atteggiamenti naturali e impossibili da studiare nella posa della modella, perchè troppo faticose, se mantenute a lungo, come richiede la pittura. Quindi le scene che dipinge, attingendo dalle fotografie, risultano inquadrature del tutto inedite e ardite nelle opere pittoriche. In più, vuole ampliare la distorsione prospettica per ingrandire l'effetto psicologico, dando l'impressione allo spettatore di poter entrare direttamente nella scena che vi è dipinta, con molta naturalezza. La scena appare spontanea e casuale, aumentamdo l'impatto visivo e la sensazione di realtà.
Degas è stato il precursore anche del cinema per la mobilità del piano e della spazialità, col decentramento della scena, tanto utilizzata in seguito, non solo nella fotografia. Invecchiando, l'indebolimento progressivo della vista l'ha costretto a nuove soluzioni tecniche, l'uso del pastello è stata una scelta obbligata per avere un rapporto tattile più semplice dal momento che l'uso della pittura richiede molta maestria, anche manuale. Il pastello rende facilmente la tonalità voluta, ne risultano colori brillanti e ugualmente pregevoli e c'è una resa immediata, quando se ne conosce l'uso con perizia, che Degas via via perfeziona sempre più, creando delle atmosfere uniche e rarefatte.
Le sue forme non si dissolvono e non si confondono con la luce, ma sono rese plastiche con la luce tonale, anzichè usare il chiaroscuro: in ciò dimostra chiaramente di aver fatto tesoro della tecnica impressionista, anche se ciò accade parecchi anni dopo l'ultima loro esposizione del 1886, negli anni ‘90.
Intanto la sua vista si va appannando sempre più e Degas, intenzionato più che mai a rispettare la struttura formale, si dedica alla scultura, cercando il giusto movimento e l'equilibrio dei volumi. Le sue sculture hanno un sapore impressionista: utilizza la duttile cera, aggiungendo altri materiali, come capelli, tulle per i tutù delle ballerine. Colpisce il suo realismo, inusitato a quel tempo per le sculture. "La petite danseuse de 14 ans" è la sua opera più conosciuta: alla sua morte è stata fusa in bronzo in diverse copie, per assicurarne la conservazione.
Collegando il passato col presente, Degas ha gettato un ponte tra due epoche, dando il via a risvolti inaspettati dell'arte, che ancora oggi vengono perfezionati e trovano estimatori tra gli artisti e gli amatori. Il desiderio dell'artista era di essere "famoso e sconosciuto": infatti si conosce poco della sua vita privata. Sicuramente non ha avuto un carattere facile, anche se ama stare in pubblico, ma spesso risponde con battute feroci, che il suo spirito mordace gli suggerisce. Tiene un atteggiamento tra l'altezzoso e l'intransigente, determinato dall'educazione elitaria ricevuta nel suo ambiente selettivo.
Il fallimento finanziario della famiglia, la morte del padre e i problemi finanziari causati dal fratello Achille, a cui ha cercato di rimediare vendendo le proprie opere, hanno peggiorato il suo carattere, fino a farlo arrivare alla misantropia, accentuata ancor più dal problema alla vista che l'ha reso solitario. Ma l'artista non è stato veramente isolato, perchè ha continuato a ricevere artisti nel suo studio, fino alla fine.
Di lui non si conoscono relazioni sentimentali, si sa che è stato molto legato alla pittrice statunitense Mary Cassatt, anche lei Impressionista, che possiede un castello, il Chateau de Beaufresne, ove spesso invita gli amici e lui è ospite. Poco si sa del tenore della relazione, la pittrice torna spesso negli Stati Uniti, ove è diventata una antesignana delle "suffragette" ante litteram e non si è mai formata una famiglia, proprio come Degas.
L'umanità Degas la sa comunque esprimere mirabilmente nelle sue opere, in cui rivela capacità di osservazione e di empatia nei confronti dei suoi contemporanei e nell'attenzione per la realtà, nonchè di una profonda pietà, come rivela la sua prima opera d'arte, "La famiglia Bellelli", una grande tela, dipinta in età giovanile, dal 1858 al 1860, quando è ospite degli zii a Firenze, che lo stanno ospitando e lui ne vuole ricambiare il favore. Edgar è a conoscenza delle incomprensioni tra gli zii, a causa del rude carattere di lui, che la zia gli ha rivelato.
Nel suo dipinto il viso della donna rivela una malinconia senza speranza, che si riverbera sulle bambine, incantevoli nella loro dolcezza infantile, ma sui cui volti aleggia l'espressione di apprensione, inconsueto nella spensieratezza dell'età. Il padre, volge le spalle, ma si gira severo verso la bambina più piccola, per redaguirne la posa scomposta. È un'opera mirabile per la bravura compositiva, ma anche per l'intuizione psicologica, insolita a quei tempi, che rivela quanta attenzione l'artista presti alle persone che ha accanto, anche se poi ha delle rudezze pure lui.
Degas ama il teatro e spesso dipinge le ballerine con i loro tutù bianchi in modo incantevole, ma riesce anche a far sentire nelle sue opere quanta fatica e impegno ci sia dietro alla loro leggiadria, grazia e leggerezza, quando rimarca la loro stanchezza per l'esercizio continuo, che lui riesce a catturare in attimi rubati allo spettacolo, ma che denotano quanto l'artista sappia vedere e notare, al là della bellezza di quest'arte.
Con le lavandaie e le stiratrici riesce ancor più a dimostrare l'attenzione verso gli umili, quelli che per lo più la società ignora, dando per scontato che i meno abbienti siano al servizio dei nobili e dei borghesi, che si sentono già gratificati dal fatto che danno loro lavoro.
La sua umanità più profonda però la esprime con la sua più famosa opera d'arte "I bevitori di assenzio" del 1875: l'assenzio è una bevanda altamente alcolica, molto diffusa, inventata da un medico francese che, per il basso costo, è diventata, in breve tempo, una piaga nazionale, che, nel 1915, costringe la Stato Francese a vietarla. Degas vi ha dipinto una giovane donna, vestita con abiti dell'epoca, seduta desolatamente al tavolino di un bar, con il busto piegato in avanti, il che suggerisce ancor più il suo stato di amarezza e di rassegnazione. Davanti a sè c'è la famigerata bevanda, dal colore giallastro e accanto un uomo in abito scuro, dimesso e staccionato, che sta fumando la sua pipa, con uno sguardo assente, indifferente. L'ombra dei due personaggi è riflessa nello specchio alle loro spalle, aumentando l'aspetto della desolazione, della noia e della tristezza.
I due in realtà sono due amici dell'artista, l'attrice Ellen André e il pittore Marcellin Desboutin, che hanno posato su richiesta di Degas. L'opera, che viene presentata nel 1876 alla Seconda Esposizione Impressionista ha talmente colpito i parigini che ne sono nate molte discussioni, dicerie e critiche sui modelli, che se ne sono risentiti, per cui l'artista è stato costretto a rivelare che si è trattato solo di suoi modelli.
Degas mostra attenzione per le problematiche senza alcun intento critico, in linea col nascente Realismo, dimostrando in modo ammirevole la sua empatia nei confronti dei mali della società del tempo, ma nello stesso tempo sa cogliere la grazia di un gesto, il fascino di un movimento, l'incanto di un tutù, la dolcezza di uno sbadiglio. Sa guardare la società del suo tempo da osservatore che se ne sta in disparte, che accumula visioni per poi dipingerle, in un impulso creativo al di fuori e al di sopra delle correnti artistiche.