Max Fuschetto è un compositore in bilico tra colto e popular, tra le figure più interessanti della musica contemporanea degli ultimi anni. Ha all'attivo quattro album: Popular Games (2009), Sùn Ná (2015), Mother Moonlight (2021), Ritmico Non Ritmico (2022).

Le sue opere sono state eseguite al Teatro S. Carlo di Napoli, all'Auditorium Parco della Musica di Roma, al Ravello Festival, alla Perdonanza celestiniana all'Aquila, al Forum internazionale delle culture 2014 e Expo Milano 2015 e in molte altre prestigiose location.

Le sue composizioni sono state utilizzate come colonna sonora di importanti docufilm, girati prevalentemente all'estero, come Dert (2017) dei fratelli Martone, Dignity (2015) di Monica Mazzitelli, Midsommar (2013) e Adriatico (2018) di Cristiana Lucia Grilli, La sposa nel vento (2022) di Giovanni Coda, con cui ha ottenuto l'International Gold Award di New York.

Ha collaborato con Robert Carl, Enzo Avitabile, Eko Dance Project, Cosimo Morleo, Ketoniche Percussions, i tenori sardi di Bitti “Remunnu e Locu”, Andrea Chimenti, Pasquale Capobianco (Osanna) e molti altri.

È stato intervistato da Deutschlandfunk Radio Berlin nel 2013 e poi nel 2015, nel 2018 l'NDR Kutur di Amburgo ha presentato una panoramica completa delle sue opere recensite, nel 2022 il suo album Ritmico Non Ritmico è stato presentato su Radio France e premiato come disco dell'anno da Ondarock. In Italia le sue opere sono state presentate a Rai Radio 3 in File Urbani, Battiti e Alza il volume.

Nella primavera del 2025 l'etichetta modern-classical NovAntiqua pubblica il suo quinto lavoro Sniper Alley - To My Brother.

Da sempre la tua musica si caratterizza per uno sguardo lungo e ampio ad altre aree del sapere: gli ultimi album hanno osservato il mondo dell’arte, stavolta tocca al cinema. Com’è nata l’idea di Sniper Alley?

Era un pomeriggio, mi arriva la telefonata di Cristiana Lucia Grilli. Mi chiede se posso realizzare le musiche per un loro nuovo lungometraggio. In quel periodo ero fermo a pensare a quale potesse essere un passo successivo a Ritmico Non Ritmico. In realtà la riflessione riguardava più le cose da evitare che quelle da fare. Non riesco a pensare ad un lavoro che non superi i limiti del precedente. Ritornando a Cristiana, non amando particolarmente i lavori su commissione, le dico di scegliere qualcosa nel mio catalogo. La risposta è secca: «Abbiamo già usato tutto!». Ok, non ho scelta, devo leggere la sceneggiatura e vedere di cosa si tratta.

Sniper Alley - To My Brother racconta la storia di Džemil Hodžić e del suo progetto per preservare la memoria fotografica dell'assedio di Sarajevo (1992-1996). Attraverso la tragedia personale di Džemil, che assiste alla morte del fratello sedicenne Amel per mano di un cecchino, il film esplora l'infanzia interrotta dalla guerra e la capacità dell'arte di trasformare il dolore in memoria e resistenza. È un omaggio ad Amel, che sognava di diventare un artista, e a tutti i bambini che, nonostante la guerra, continuano a sognare.

Ritengo il tema significativo, qualcosa dentro di me comincia a muoversi, nei passaggi delle varie scene ipotizzate dalla regista, con co-regia di Francesco Toscani, cominciano a prendere forma sentimenti contrastanti ma che formano un’unica rappresentazione: la violenza cieca delle guerre, la sofferenza di chi non c'entra nulla, i proclami falsi e retorici di alcune o tutte le parti in campo, gli sterminii che lacerano le anime di interi popoli dividendo per sempre le madri dai figli, le donne dagli uomini, i fratelli, facendo spuntare nuovi nemici lì dove c'era amore, concordia o almeno tolleranza.

Decido di lasciar perdere il passo successivo a Ritmico Non Ritmico, che mi poneva problemi estetici di altra natura, e di addentrarmi nel territorio sconosciuto di Sniper Alley per il quale sapevo di dover affrontare diverse prove. Ho accettato in realtà, come a volte mi accade, le deviazioni proposte dal caso: un movimento caotico opposto alle mie sperimentazioni si è mostrato più forte e mi ha travolto. Quando mi sono messo al pianoforte non avevo nulla in mano poi, un suono dopo l'altro, un'idea dopo l'altra, ho costruito un sentiero parallelo alla storia di Djemil e alla trasposizione visiva di Cristiana e Francesco, desiderando avesse dentro, da un punto di vista sonico, la novità della scoperta e, andando ancora più a fondo, l'aderenza ad un impegno: quello di essere al servizio di una causa, la memoria. Mi sono messo al lavoro. Dopo qualche mese di totale immersione è nata la partitura di Sniper Alley.

Le tue musiche hanno spesso caratterizzato film realizzati all’estero, eppure non si tratta di colonne sonore, men che meno Sniper Alley. Possiamo considerare il tuo nuovo album come un qualcosa di parallelo al film?

Fino ad ora non mi era mai capitato di scrivere su una richiesta specifica che riguardasse un film. Le musiche utilizzate nei lavori documentaristici e cinematografici sono sempre state prese da miei precedenti lavori discografici. Questa volta ho pensato fosse il momento giusto di accettare. Non ho mai pensato di realizzare un commento sonoro alle immagini, non sarebbe stata una prova di fronte ad un tema così importante ma un'occasione persa. Per cui ho deciso di procedere sforzandomi di inventare una dimensione possibilmente nuova per ogni passaggio della sceneggiatura, e quindi per ogni frammento della trama musicale complessiva, mettendo insieme tutte le risorse mentali e tecniche che avevo a disposizione. Le linee musicali, nascoste o emergenti, a volte anche molto semplici, sono collocate in un paesaggio sonoro complesso che ne distorce i risultati.

Un esempio che mi viene in mente è L'église d'Auvers-sur-Oise, vue du chevet di Van Gogh. Attraverso una tensione delle linee, data da veloci pennellate che spingono verso l'esterno o creano vortici interni, l'edificio e il contesto circostante ne risulta stranamente deformato e questo, nell'insieme, crea una visione ipnotica, psichedelica, surreale, modernissima. L’altro esempio è la pittura di Francis Bacon che ha indagato nuovi rapporti tra le figure e il resto del quadro: isolamento, inglobamento quasi mimetico in cui il confine tra figura e sfondo diventa effimero, nessuna relazione esplicita tra le figure in primo piano, a cui spesso mancano anche i connotati, come il viso – così da rendere ambiguo anche il concetto stesso di figura. Sniper Alley è anche questo: un continuo deformare e frammentare, far perdere i connotati alla materia sonora; Sniper Alley consegna alla mia scrittura la rinascita attraverso l'esperienza del dolore insieme al colore della speranza.

Ogni tuoi album è il frutto di un lavoro collettivo che coordini da regista attento, oltre che da compositore. Stavolta però suoni tu alcuni strumenti – basso, chitarra, piano elettrico. Possiamo pensare a Sniper Alley come un album “più tuo”?

Anche qui, in questa storia inedita, mi hanno accompagnato straordinari compagni di sempre e nuove presenze, li voglio menzionare tutti perché senza di loro* Sniper Alley* non avrebbe preso questa forma: Cosimo Morleo, Silvia Munguia Martinez (Silvia Phoe) e il piccolo Amel Hodžić alle voci; Enzo Oliva al piano; Eleonora Amato al violino, Silvano Maria Fusco al cello, Valerio Mola al contrabbasso, Carmela Cardone all'arpa; Daniele Ingiosi al bandoneon; Salvatore Cuccaro ai tromboni; Franco Mauriello ai clarinetti; Giovanni Borriello al corno inglese e Roberto Di Marzo e Giulio Costanzo alle percussioni.

Di nuovo c'è che ho deciso, come sempre, che anche questo lavoro fosse un luogo di sperimentazioni in lungo e in largo per cui un giorno sono entrato in negozio e ho comprato un basso elettrico e una chitarra e mi sono messo a inventarci sopra. Ho pensato che il fatto di suonarli in maniera rudimentale mi avrebbe dato il privilegio di non cadere in luoghi comuni. Mi sono concentrato sul suono e sull'invenzione di linee che, pur nella loro semplicità, potessero fornire un elemento inedito alla trama complessiva. Chitarristi e bassisti non me ne vogliano.

In No Man Is An Island e The Good Morrow sei accanto a Cosimo Morleo e a due celebri poesie di John Donne. Come sono nate queste composizioni?

Cosimo Morleo è uno straordinario compagno di viaggio, siamo reduci da poco da un lavoro di danza e teatro per Palcoscenico Danza, Au Revoir Miroir, all'Astra di Torino ha fatto il sold out. Conoscevo già la realizzazione musicale di Cosimo di questa splendida quanto attualissima lirica di John Donne. Me ne aveva mandato una versione per sola voce un po' di tempo prima. Una realizzazione, la sua, di fascino straordinario per cui gli ho chiesto, considerandola un cameo irrinunciabile per Sniper Alley, di poterne realizzare un arrangiamento.

È nata una versione da camera di No Man Is An Island che ha convinto entrambi ed è diventata la porta d'ingresso del lavoro discografico e anche il brano scelto per il trailer del docufilm.

In* The Good Morrow, fedeli ad un gioco degli specchi in cui io e Cosimo ultimamente amiamo perderci, ho chiesto invece di realizzare un arrangiamento vocale e di scegliere un testo, utilizzando il corale di un altro brano di *Sniper Alley, Opalescent Pendulum, che ho realizzato perché nella sceneggiatura si chiedeva un movimento ipnotico di un carillon, un tempo fermo. In The Good Morrow la texture degli archi di Opalescent Pendulum è trasformata in una polifonia vocale che si apre a simulacro di una umanità totalmente vinta dalle sue contraddizioni.

Non mancano omaggi, come sempre dissimulati, ad artisti amati. L’ultima volta era stato Lucio Battisti, adesso Nick Drake in L’Escalier De Drake. Come mai?

Immagino che ognuno di noi abbia almeno uno spirito guida, che è diverso da un modello. Tra le prove che mi sono imposto nella realizzazione di *Sniper Alley *una è quella di riuscire a creare un tema nuovo che fosse anche una traccia guida. È un esperimento che ho fatto sempre, anche da ragazzo; come in matematica: trovare una soluzione semplice ad un problema complesso. Ho cominciato perciò a scavare tra i suoni e ad un certo punto sono sbucato in quella che poteva essere una seconda parte del tema: qui di solito si aprono molte strade, proseguire è estremamente pericoloso, anche in grandi canzoni la parte B può essere deludente perché sa di compromesso, rimedio. Ho proceduto con circospezione; quando usi pochi suoni puoi cadere nel banale, nel già sentito.

Mentre sperimentavo melodia e armonia ho ricevuto improvvisamente in dono una guida: molti anni fa avevamo suonato dal vivo Cello Song di Nick Drake di cui però ricordavo solo qualcosa di indefinito. Proust ci insegna che nell'atto creativo una memoria imperfetta può essere molto più potente nei risultati di una più precisa nei dettagli. In realtà quella illuminazione rappresentava una sorta di madeleine; toccando dei suoni affiorava qualcosa, una direzione. Ho seguito questo qualcosa e ne è nata la parte B di L'escalier de Drake.

Per curiosità, dopo qualche giorno, ho ascoltato Cello Song di Drake e naturalmente non c'entrava nulla, ma lo spirito di Nick Drake, in una forma trasfigurata, era e sarà sempre lì, in quelle note, in quei suoni, nella semplice scala pentatonica con cui è costruita quella seconda parte, ripetuta, con una sottile variazione; un'eco di eternità che attraversa le cose, il mondo e ogni tanto arriva a toccarci.