Si rinnova da quarantadue anni l’appuntamento Conoscere e curare il cuore alla Fortezza da basso di Firenze, affollato, circa duemila persone. Molti i giovani. Le finalità sono specificate chiaramente “È un congresso di diagnostica e terapia in campo cardiologico, che volutamente privilegia gli aspetti clinico-pratici sulla ricerca teorica.”

Quindi uno strumento di aggiornamento sulle tecnologie che stanno trasformando diagnostica e chirurgia cardiologica in senso sempre più sicuro e risolutivo. Permette anche un confronto diretto tra specialisti e professionisti del settore. È promosso dal Centro per la Lotta contro l’Infarto, Fondazione Onlus.

Diviso per gradi filoni, fa il punto sui temi d’avanguardia della Cardiologia italiana.

Gli argomenti svolti durante la quattro giorni del congresso vertono sulle ultime evidenze scientifiche in ambito cardiovascolare.

  • Tecniche di Indagine: Imaging e Biopsia.

  • Cardiomiopatia fra i giovani necessita di un apporto precocemente invasivo per la cura dell’infarto.

  • Infarto Nstemi nell’anziano.

  • Obesità e malattie cardiovascolari: le ultime novità in questo legame ampiamente studiato.

  • Linee guida 2024. Le novità nella classificazione permettono un consolidamento della conoscenza in ambito cardiologico, grazie a tecnicalità e tecnologia sempre più raffinate.

La selezione dei contributi è stata guidata da criteri di innovazione, raffinatezza tecnico-scientifica e capacità di impatto sulla salute cardiologica delle persone.

La complessità degli argomenti trattati nel Congresso viene in parte stemperata, durante la conferenza stampa, dalla sua forma dialogica. Il giornalista del TG5, Luciano Onder interroga per noi Francesco Prati, Presidente Centro Lotta contro l’Infarto e organizzatore del Congresso; Claudio Ferri – Direttore U.O.C. Medicina Interna e Nefrologia, Ospedale San Salvatore – L’Aquila; Eloisa Arbustini, Centre for Inherited Cardiovascular Diseases –Policlinico San Matteo, Pavia. Alcuni degli argomenti sono solo accennati.

Imaging e biopsia

Imaging e biopsia, grazie all’evoluzione tecnologica, restituiscono una “vista” sempre più dettagliata della parte nella quale intervenire. Queste tecniche di indagine rispondono allo slogan Vedere è potere. Infatti, per esempio, l’individuazione di tessuto adiposo epicardico sembra preferibile ai marker ematici sistemici come rivelatore di infiammazione locale cardiaca. Così come la biopsia endomiocardica (EMB) è praticata molto più di metodiche meno invasive, in quanto fornisce diagnosi precise, guida le strategie terapeutiche e può monitorare l’efficacia dei trattamenti.

Cardiomiopatia e ictus criptogenico

La cardiomiopatia, e soprattutto l’ictus criptogenico, sempre più frequente nella popolazione sotto i 45 anni, possono essere causati da fattori molto diversi. Per l’ictus cause difficili da scoprire. Anche per queste malattie neurologiche va approfondita la ricerca. E anche qui vanno utilizzate nuove tecnologie di indagine per limitarne i danni, il più grave dei quali è la morte cardiaca improvvisa.

Infarto Nstemi nell’anziano

Nella cura dell’infarto Nstemi dell’anziano, un altro target da raggiungere, c’è grande complessità rispetto ai casi Stemi.

Obesità e patologie cardiovascolari

L’obesità è sempre accompagnata da malattie cardiovascolari. Il tessuto adiposo epicardico è sintomo di infiammazione del cuore.

E questo è valido per tutti gli organi: quando sono circondati di grasso sono infiammati. Ecco perché ci si riferisce al girovita, dando un range di lunghezza da non superare, maggiore per l’uomo che per la donna. Se l’addome è troppo prominente, significa che gli organi interni sono tutti circondati di grasso, quindi infiammati. Il girovita è un parametro misurabile facilmente. Ma sia l’esatto luogo in cui posizionare il metro, sia la misurazione, danno un’idea troppo vaga. Pertanto si consiglia di calcolare, per cautelarsi dalla possibilità di un ictus, l’indice di massa corporea, che si ottiene dividendo il peso per il quadrato dell’altezza. Questo quoziente deve essere compreso fra 20 e 25. Se è più alto, è il caso di farsi visitare da un cardiologo.

I soggetti con diabete di tipo 2 sono a più alto rischio di malattie cardiovascolari rispetto ad un non diabetico.

Ecco quindi che il cardiologo deve diventare cardiodiabetologo. La gestione clinica del paziente diabetico si è evoluta nell’ultimo decennio. A lungo era stata prescritta al paziente la riduzione intensiva del glucosio, non ottenendo indicativi risultati nella morbilità e nella mortalità cardiovascolari. Di recente, studi clinici su larga scala hanno individuato nuovi farmaci ipoglicemizzanti. Si è pure capito che l’efficacia di tali farmaci era dovuta alla capacità di curare fenotipi di malattia spesso sovrapposti, non il semplice diabete. In particolare Luciano Onder ha affermato che uno di tali farmaci, Semaglutide, ancora molto costoso, viene utilizzato ampiamente per dimagrire, da soggetti non diabetici. Semaglutide protegge il cuore, ma è difficile trovarlo perché utilizzato da chi, pur non essendo diabetico, vuole togliersi il grasso viscerale.

Le linee guida 2024

Le linee guida 2024 segnano il passo verso una nuova configurazione e verso il consolidamento delle conoscenze in ambito cardiologico: si assiste ad una semplificazione di categorie che porta ad una maggiore aderenza alle evidenze maturate sul campo. Eloisa Arbustini si sente di consigliare alla stampa di parlare certo di risultati raggiunti, ma non è compito dell’informazione fornire una casistica di dettaglio, leggendo la quale il malato si possa sentire in grado di curarsi da sé. In ambito cardiaco, in special modo, è lo specialista, collaborante con specialisti di altri settori, che deve scegliere la cura più adatta al paziente.