J.R.R. Tolkien, come è noto, era un fervente cattolico e apparteneva a quella schiera di autori britannici seguaci del Papa in una terra nel quale il Re è il capo della Chiesa Anglicana che si è staccata da Roma. Ma a differenza di un altro grande autore cattolico inglese, Gilbert Keith Chesterton, il suo immaginario non pesca solo dalla religione cristiana, ma va anche in terreni “pagani”: in particolare Tolkien va a prendere diversi topoi delle mitologie norrena e germanica.

Il più evidente è proprio l’anello che dà il titolo alla sua opera più celebre The Lord of the Rings, che richiama quell’anello dei Nibelunghi che ispirò un altro capolavoro assoluto come la tetralogia di Richard Wagner. E anche nel nome di Frodo non è difficile scorgere un’eco di Siegfried, l’eroe che i vichinghi chiamavano Sigurd e che col nome germanico sarà il centro dell’opera wagneriana. Ma è soprattutto il personaggio di Gandalf il Grigio ad avere un fortissimo richiamo alla mitologia norrena. Anche perché la fonte di ispirazione per questo personaggio è addirittura la massima divinità del pantheon norreno: Odino.

Il nome Gandalf compare nella Voluspà, il più celebre fra i poemi contenuti nel corpus dell’Edda poetica, alla dodicesima strofa. Il nome significherebbe “incantatore” o “ingannatore” ed è uno dei nani. Quindi parrebbe non c’entrare nulla con Odino. In realtà il nome scelto da Tolkien, nonostante nella Voluspà si riferisca ad uno dei nani, può anche richiamare Odino. Il supremo dio norreno è infatti un dio della magia e dell’intelligenza. Il mito narra come Odino avesse sacrificato un occhio per bere alla fonte della sapienza di Mimir e come fosse rimasto appeso per nove giorni all’albero cosmico Yggdrasil all’unico scopo di conoscere la magia delle rune.

Scrive Gianna Chiesa Isnardi nel fondamentale I miti nordici: “La figura di Odino ha per molti aspetti un carattere innovatore e talvolta sconvolgente. Egli è dotato di un’individualità prepotente e spregiudicata, di un temperamento ingannatore e imprevedibile”. Non a caso i Romani, che conobbero Odino col nome germanico di Wotan, identificarono il dio non con il sommo Zeus/Giove, ma con Ermes/Mercurio, il dio ingannatore per eccellenza.

Ma di Odino Gandalf conserva soprattutto un aspetto: quello del viaggiatore. “Il grigio viandante” è uno degli innumerevoli nomi del padre degli dei norreni. E qui abbiamo proprio un richiamo eclatante nel nome del mago tolkieniano: Gandalf il Grigio. Ma qui l’ispirazione viene dichiarata dallo stesso Tolkien in una lettera del 1946 in cui definisce Gandalf come “Odinic Wanderer” vagabondo odinico. Più tardi, in una lettera del 1954, Tolkien parlerà di Gandalf come di “angelo incarnato” ma, come vedremo, le due cose non sono in contrapposizione. La descrizione stessa di Gandalf ne Lo Hobbit ricorda quella di Odino nella sua veste di viaggiatore: “Aveva un alto cappello blu a punta, un lungo mantello grigio, una sciarpa argentea sulla quale la lunga barba bianca ricadeva fin sotto la vita, e immensi stivali neri”.

I miti norreni descrivono Odino nella sua veste di viaggiatore, ovvero quello di un uomo dalla lunga barba, un bastone, un mantello di colore blu scuro e un cappello a tesa larga indossato in maniera tale da coprire l’occhio cieco. L’apparizione di questo misterioso viandante che sempre solo alla fine si rivela essere Odino sconvolge sempre la vita di chi lo incontra, in positivo o in negativo, dipende da come il viandante viene trattato. E anche su questo punto il “Padre di Tutto” ricorda Gandalf che conduceva gli elfi “nelle più pazze avventure” come è sempre scritto ne Lo Hobbit.

Altra caratteristica comune sono i nomi. Così Gandalf parla di sé stesso in uno dei Racconti incompiuti: “Molti i nomi che ho nelle diverse terre. Mithrandir sono per gli Elfi, Tharkûn per i Nani; Olórin ero da giovane nell'ormai obliato Ovest, nel Sud Incànus, nel Nord Gandalf; nell'Est non vado mai”. Nel mito norreno Odino era famoso per avere molti nomi. Ma soprattutto, Odino è un dio della magia, esperto nell’arte del seidr e nella magia runica, e Gandalf è soprattutto un mago.

Tolkien pesca dal mito nordico ma resta cristiano e “cristianizza” il materiale. L’esempio più lampante è la sua rilettura cristica del mito di Sigfrido e dell’anello maledetto dei Nibelunghi: Frodo porta l’anello carico dei peccati del mondo come Cristo porta la Croce. Gandalf è un Odino cristianizzato? Sì e no. Perché paradossalmente Odino è già una figura in parte cristica. Odino si appende a un albero per nove giorni per conoscere il segreto delle rune. Nel mito nordico è letto come sacrificio di Odino a sé stesso: l’analogia con la Crocifissione di Cristo, nella quale la Seconda persona della Trinità, il Figlio, si sacrifica alla Prima, ovvero il Padre, è lampante.

Ma anche la figura di viandante che mette alla prova le generosità degli uomini ha un aspetto cristologico, dato che Cristo stesso dice di celarsi in ogni povero incontrato per strada. E i bambini che, durante la Caccia Selvaggia di Yule, lasciano fuori dalla finestra una calza ricolma di biada per Sleipnir, il destriero di Odino, vedranno al mattino la stessa calza riempita di dolci: assieme a San Nicola di Myra, Odino è una delle figure che hanno ispirato Babbo Natale.