KeyProg è il tuo nuovo album a oltre dieci anni di distanza dal debutto Vortex: che differenze ci sono tra i due album?

Stavolta l'approccio è più aperto a nuove contaminazioni, dal nu-jazz al progressive-rock, dal concerto per pianoforte e orchestra di musica classica a elementi hip-hop, d'n'b, chill-out. Nuove influenze dovute soprattutto alle collaborazioni con diversi artisti in questi dieci anni, intese molto prolifiche che hanno contribuito alla realizzazione anche di altri album. Inoltre KeyProg si differenzia dal primo per l'utilizzo di nuovi banchi sonori, keyboard più sofisticate e software di ultima generazione con i quali ho ricercato nuove sonorità, realizzando un mixaggio più meticoloso rispetto al passato. Comune denominatore dei due album resta una improvvisazione legata sia alle regole armoniche che al mio mood.

Il titolo del disco mette subito in chiaro che si tratta di tastiere: quali strumenti hai usato?

Ho utilizzato la Yamaha Modx8 Plus, la Novation SL Mk3 e la Keytar Vortex dell'Alesis oltre al LaunchPad Pro MK3 della Novation. Come Digital Audio Workstation ho utilizzato Ableton e diversi V.S.T. ed effetti della Native Instruments, dell'Arturia, della Ik-Multimedia e altre case produttrici come Korg, Roland, U-He, GForce.

Non solo keys ma anche prog: che tipo di progressive suona Gianluca Grasso?

Il titolo intende sottolineare non tanto il genere prog-rock, che comunque è presente nell'album sotto forma di piccole sfumature, quanto il mio "progresso", ovvero la mia evoluzione personale legata alle mie più recenti esperienze e al mio desiderio di continua ricerca musicale. Non a caso il titolo KeyProg è seguito dalla dicitura “Collection 1”, sottolineando la scelta di pubblicare solo alcuni dei nuovi brani realizzati, con l'idea di pubblicarne altri prossimamente seguendo questa linea di pensiero.

Quali sono le tue principali fonti di ispirazione?

Credo che un musicista debba dedicare il suo tempo allo studio dello strumento in generale, dalla tecnica allo studio di brani di vario genere. La conoscenza dell'informatica musicale poi, oggigiorno, gioca un ruolo indispensabile nella possibilità di poter produrre musica, ma il musicista non deve mai dimenticare di ascoltare musica, di vario genere. La spinta a realizzare quest'album mi è venuta ascoltando gli album di Virgil Donati (oltre ad ascoltarlo dal vivo all'Iridium a New York), di Jordan Rudess con i Dream theater oltre ai suoi interessanti album da solista, il beat di Mark Guiliana con Brad Mehldau, che ultimamente ho ascoltato in piano solo dal vivo a Napoli, le tastiere di Jason Lindner ed il suo famoso trio Now by Now, Derek Sherinian con i Planet X, Julian Oliver con Dave Weckl, Chick Corea e il mitico Keith Emerson che non muore mai.

Solitamente come nasce un tuo pezzo?

La maggior parte dei brani nasce in maniera del tutto inaspettata, ispirati da un viaggio o da una vicenda di vita, che mi genera la necessità di mettere subito su carta un'annotazione, un’idea ritmica o una progressione armonica. Successivamente il brano si evolve e passo quindi all'arrangiamento, esprimendomi in maniera personale accogliendo ogni influenza, ma andando oltre.

Hai una grande attività sia in studio che dal vivo, anche con nomi di fama internazionale: quanto è importante per un musicista confrontarsi con i colleghi?

Il confronto è importantissimo e va curato costantemente. Il rapporto è sempre musicale ed umano. Mi sono sentito arricchito da ogni tipo di collaborazione, sia con i grandi artisti con i quali mi sento onorato di aver suonato, sia con i giovani musicisti che ho sempre cercato di sostenere ed avviare alla carriera.

C'è il confronto con i musicisti ma anche la dimensione solitaria con cui è nato KeyProg: quali sono i pro e quali i contro del lavorare da solista?

Lavorare da solista assicura il vantaggio di essere libero di comporre e arrangiare secondo un proprio stile personale, senza essere soggetto ad alcun condizionamento esterno, se non quello eventualmente posto da una casa discografica. La dimensione da solista non è certo una tappa obbligatoria per ogni musicista ma a mio parere può essere per tutti un percorso interessante da esplorare. Il rovescio della medaglia è di carattere organizzativo-economico: dover realizzare da solo tutto ciò che un album richiede, dalla prima nota al mixaggio, dal mastering finale al video-promo, dalla recensione alla fruizione in streaming, richiede grande dispendio di tempo e risorse.

Vivi e operi a Benevento: com'è la situazione musicale nella tua città?

La nostra città è piena di musicisti di talento. Lo è sempre stata. Ed altrettanto la provincia. Le iniziative culturali non mancano in alcuna stagione dell'anno, ma penso che valorizzino poco gli artisti locali. Purtroppo ad oggi, non solo a Benevento ma in tutta Italia, un musicista non può vivere di sola musica. Tuttavia, svolgere al contempo un'altra attività lavorativa nulla toglie all'attività artistica, anzi può dare al musicista quella sicurezza economica e serenità di poter selezionare gli impegni e dedicarsi solo a ciò che ritiene davvero più congeniale al proprio mondo musicale.