È il 1967 ed è il preludio di un triennio.

In Italia sboccia con potente dirompenza quel che fino a quel momento era rimasto occulto: il sesso.

È in questo triennio che si ridefinisce l’immagine di un paese diviso tra due forze dominanti: da un lato il peso del bigottismo, dall’altro il desiderio di slancio, innovazione e modernità.

Il grande schermo accoglie l’irruzione del cambiamento, diventandone complice attivo: al punto che il Centro Cattolico cinematografico si vede obbligato a sconsigliare la visione dei film poiché considerati troppo audaci e giunge a concedere, nel 1967, solo al 12% delle produzioni cinematografiche il visto “per tutti”.

Degni di nota sono i messaggi presenti sulle pellicole: “Vietato ai minori di 18 anni” o le provocatorie presentazioni per alcune uscite di film

Un periodico di categoria del tempo riporta:

“Nella stagione cinematografica 1967-68, su 593 film di nuova edizione 20, pari al 3,4 per cento, appartenevano al filone che può definirsi erotico sessuale. Rileviamo che nella stagione successiva 1968-69, tuttora in corso, i film appartenenti a questo genere di produzione, che oltre alle marche nostrane ne annovera di provenienza soprattutto tedesca, svedese, giapponese e francese, sono triplicati. Alla data del 4 maggio 1969 ne sono in circolazione esattamente 59. [.] Per la stagione 1969-70 i listini annunciano finora 74 film che, dal titolo o dalle frasi di lancio, si ritiene possano appartenere al genere erotico sessuale.”

Con l’arrivo del ‘68, si attua una marcata apertura nei confronti della ridefinizione dei rapporti interpersonali e del nucleo familiare.

Il disegno è delineato: nuove generazioni di uomini e donne vogliono superare la retrogradazione culturale del Bel Paese.

Significativa è la pellicola: Il sesso degli angeli di Ugo Liberatore, presentato nelle sale nel ‘68, porta al grande pubblico un esplicito racconto di fantasie e giochi erotici.

Dello stesso anno e della medesima natura c’è Bora Bora, ambientato in Polinesia, prodotto dall’appena menzionato regista, il cui fatturato di due miliardi di incassi è specchio della risonanza raggiunta.

Il successo riscosso permette ad Ugo Liberatore di consolidare il suo nome come capostipite nel perimetro erotico\esotico.

Esemplificativo del tempo è un altro film vietato ai minori di 18 anni: Grazie Zia.

Pellicola prodotta nel ‘68 da Salvatore Samperi esplicita nella tematica sessuale ed in grado di attribuire un simbolismo alla pulsione erotica, rivelando nella trama una viva spinta seguita dall’assenza di spazio erotico attuativo.

L’audacia che sconvolge l'Italia, si manifesta anche nella non troppo lontana Repubblica Federale Tedesca, dove nel 1968 il numero di film di categoria esplicita raggiungono il 44% compensando ad una mancanza di conoscenza collettiva sull’argomento.

Non è casuale che ai vertici dei film più visti in Italia si ritrovi una pellicola di produzione tedesca commissionata dal Ministero della salute della Germania occidentale con l’intento di sviscerare il tema con finalità divulgative, motivazioni scientifiche e pedagogiche.

Il risultato? Lo sbalordimento di miriade di italiani trovatisi nelle sale dinanzi una scena di parto esplicita.

Il suo nome è Helga ed oggi è storia.

Di tutta risposta arriva l’onda di una inevitabile narrativa contraria tra gli esponenti della critica del tempo.

Luigi Barzini sull’Europeo si esprime definendo l’eccesso di “sfrenata libertà” fattore di rischio per la presenza del pubblico nelle sale.

Piero Zullino su Epoca produce una serie di articoli dedicati al tema.

In prima linea Claudio Sorgi per L’osservatore Romano, invita gli spettatori a non andare al cinema.

Il perimetro cattolico segue con i giovani di Azione cattolica e Democrazia Cristiana la via della condanna esplicata attraverso forme di manifestazione e proteste, finalizzate all’impedimento della visione degli spettatori di film come Brucia, ragazzo brucia e La monaca di Monza.

Opinione differente ha Guido Aristarco che ne La Stampa analizza la questione puntando l’attenzione sulla sovraesposizione sessuale, vista non come una minaccia ma come un’opportunità per sollevare il velo del tabù gravoso su questi temi.

Guido Aristarco, evidenzia gli aspetti positivi della liberalizzazione sessuale. D’altro canto, lo stesso definisce negativamente quelle opere che, illudendosi di sollevare il tema, danneggiano l’argomento.

Si parli dei cartelli espliciti contraddistinti da richiami apparentemente marcati ma dal contenuto nullo.

L’Intrepido reputa il ‘69 come il “Pornanno del secolo”.

La rivelazione si manifesta negli anni a seguire, con una progressiva diminuzione dell’indignazione collettiva.

La società, evolvendo, si emancipa, e, cambiando si ritrova in un contesto in cui domanda polarizza: da un lato prodotti estremamente più espliciti, dall’altro artefatti estremamente leggeri.

Il cinema varca le porte dell’inesplorato e si propone come riempimento di un vuoto che il collettivo timore dell’audace storicamente proteggeva.

In sala ci si aggancia ad una carenza di consapevolezza ed inizia ad essere svelato quel che nessuno osava rivelare.

La proiezione mostra ciò che nessun genitore osava spiegare ai figli.

La potenza è nel nodo che le sale cinematografiche degli anni in questione si configurano come motore di reazione al ripensamento collettivo, rivelando ancora una volta come l’arte, nella sua creazione porti insita una impattante funzione sociale.