Matteo Di Pascale ci racconta la sua esperienza di creativo tra Italia ed estero, dando dei consigli a chi voglia seguire le sue orme.

Dove nasci, dove cresci e dove invecchi ora? Raccontaci la tua storia dall'Italia al mondo.
Nasco ad Alessandria, cresco a Genova, Milano, Amsterdam (per quanto riguarda l'invecchiare... cerco di avere sempre vent'anni!). Dopo il Liceo scientifico, ho studiato Disegno Industriale e Design della Comunicazione. Sono di carattere irrequieto, ho sempre avuto molti interessi differenti – dalla letteratura al marketing, dai tarocchi alla percezione della forma – e pure il mio percorso lavorativo ha seguito un iter bizzarro: ho prima insegnato Design al liceo artistico, quindi lavorato come copywriter in un'agenzia di pubblicità milanese, infine come art director. La scelta di "mollare tutto" per trasferirmi ad Amsterdam è arrivata l'anno scorso, quando quell'attitudine negativa italiana alla "Qui non si riesce a fare nulla" stava contagiando anche me.

Le differenze tra essere creativo in Italia e all'estero, come si fa ad essere un creativo universale (ovvero che vada bene per ogni posto)?
Non ci sono molte differenze, in verità. Un creativo è un creativo ovunque. Chiaramente lavorare all'estero significa relazionarsi con una cultura diversa, utilizzando una lingua straniera, con i pro e i contro a seconda del nuovo ambiente. Personalmente penso ci sia un divario maggiore nei movimenti cross-settore – ad esempio, passare dalla pubblicità tradizionale al digital – ma è molto utile per acquisire nuove competenze e cambiare il proprio approccio ai problemi.

Come sei riuscito ad ambientarti e farti conoscere ad Amsterdam?
Ho iniziato proponendomi per uno stage. Non volevo strafare, la mia padronanza dell'inglese non era perfetta e mi sembrava onesto mantenere un basso profilo. Già dopo un mese mi hanno offerto un contratto. Degli olandesi posso dire che sono da secoli abili commercianti: se vedono una merce interessante, la valorizzano e fanno in modo di tenersela.

Consigli per chi vuole fare il creativo all'estero...
Il consiglio più importante: partire. Soprattutto in questo frangente storico. Tutti parlano male della crisi in Italia, ma credo sia una grande opportunità per i giovani. Rappresenta un'ottima giustificazione per imbarcarsi in qualche avventura. In generale, un'esperienza all'estero fa sempre bene, ma andarsene a cuor leggero con quel pensiero "Proviamo, tanto a casa non c'è lavoro" è molto più rilassante! Altri consigli valgono anche per chi vuole fare il creativo in Italia: rimboccarsi le maniche e cercare di amare quel che si fa (altrimenti la creatività scappa...).

Hai intenzione di spostarti di nuovo?
Assolutamente sì, questa non è la meta finale del mio viaggio. Un giorno vorrei tornare in Italia e fare quello che mi piace nel mio paese. Ma tra Olanda e Italia chissà quante altre tappe ci saranno... Che poi non è tanto importante spostarsi di paese o città quanto il cambiamento in generale: voglio dire, se non sei felice, mescola le carte in tavola e vedi cosa ne viene fuori!

Come si diventa creativi? O ci si nasce e basta?
Come ogni altra professione, fare il creativo è un miscuglio di vocazione, talento e sudore. Tutti possono cucinare, ma c'è chi è più portato naturalmente, chi si impegna di più e riesce meglio, e chi diventa il più grande cuoco del mondo.

Ti definisci un creativo multidisciplinare, spiegaci meglio.
L'universo dei creativi è ancora segnato dalla struttura delle grandi agenzie, dove ognuno ha un ruolo ben definito: videomaker, copywriter, graphic designer, front-end, art director, etc... ma non durerà, perché il mondo sta cambiando troppo velocemente. Oggi Don Draper di Mad Men non potrebbe più limitarsi a saltar su con un'idea azzeccata per un manifesto: dovrebbe imparare le dinamiche social, l'impatto di applicazioni iOS e Android, etc. A me è capitato di studiare copertine per romanzi, disegnare loghi per aziende, social network, app per iPhone, locandine, illustrazioni, e infine ho capito che l'unica risposta a questo mondo in vertiginosa espansione è la flessibilità: mantenere una visione multidisciplinare è il solo modo per non perdere la bussola.

TWIBFY è una piattaforma per creativi ideata da te, come funziona?
Sono entrato nel team allo stadio iniziale e ho collaborato allo sviluppo del concept, ma tengo a precisare che l'idea di Twibfy non è mia. Detto questo, si tratta di una piattaforma per navigare e collezionare immagini e video, simile a Pinterest ma con una caratteristica aggiuntiva: tutto il contenuto è curato da uno staff editoriale che ne vaglia la qualità. Diventa così uno strumento utile per i creativi: trovare le fotografie giuste è un processo più rapido (avendo lo staff già selezionato le migliori) e la ricerca per colore è molto funzionale per la creazione di moodboard.

Hai inventato anche delle carte dal nome Intùiti , che stimolano la creatività, al posto del brainstorming. Come funzionano e cosa è nato dal loro utilizzo?
Intùiti è una sintesi di Design, Tarocchi e Psicologia della Forma. Ogni carta rappresenta uno stimolo visivo, disegnato seguendo le teorie della Gestalt, il quale riprende un archetipo dei tarocchi classici. A differenza del brainstorming, è uno strumento non violento, che spinge a mettersi in discussione: si mescola il mazzo, si pesca una carta e ci si lascia ispirare dall'immagine. Intùiti nasce proprio dall'esigenza di ricordare che la creatività non è un processo meccanico, ma un "sentirsi".

Quanto contano i social network nel tuo lavoro?
Sono fondamentali. Bisogna sempre tener conto di come tradurre il progetto all'interno dei diversi social.

Tra creativi c'è competizione o si riescono a unire le forze?
La competizione è un ottimo incentivo per dare il massimo, ma quando ce n'è troppa si lavora male. Sembra un luogo comune, eppure è facile dimenticarselo. A volte ci vuole un'enorme dose di maturità per accettare sorridendo l'idea del tuo collega (soprattutto se sai che è migliore della tua) e noi creativi... siamo tutti un po' bambini! :)

Sei copywriter, l'uso della parola, in tutte le lingue, che valore ha? Conta più dell'immagine?
In pubblicità si dice che, quando parola e immagine lavorano bene insieme, il risultato è massimo. E se si tratta di un video? Di un sito web? Di un'app? Nei loghi addirittura il testo diventa immagine e viceversa... Spesso semplifico il tutto pensando che ogni prodotto deve trasmettere un messaggio, e questo messaggio deve essere sintetizzato in poche parole, raccontato a voce tra amici, comunicato nell'immagine coordinata, deve definire lo stile grafico, il tono della voce nello spot, il ritmo nel video. Il messaggio è quel che conta davvero, e il linguaggio da usare ne è la conseguenza.

Quali caratteristiche deve avere una campagna che funzioni?
Ogilvy ha detto: "If it doesn't sell, it's not creative". Condivido, ma credo che anche il budget per il marketing abbia una certa importanza.

La tua migliore idea creativa? E il tuo miglior claim?
La mia idea creativa più completa è senza dubbio Intùiti. Tuttavia vado molto orgoglioso del mio sito web personale: si tratta di una pagina singola che cambia design ogni volta che viene ricaricata dal browser. Tecnicamente non è niente di speciale, ma la non convenzionalità del concept ha riscosso grande successo e già nelle prime ore di messa online ha raggiunto migliaia di visitatori.