La leggenda vuole che Bosa sia stata fondata da Calmedia, figlia o moglie di Sardus Pater. In realtà, la storia di questo borgo della Sardegna è molto più antica, con ritrovamenti che testimoniano insediamenti fin dalla preistoria (domus de janas, nuraghi) e un passato fenicio-punico e romano (era un municipium).
È celebre per le sue case dipinte in tonalità pastello che creano un mosaico cromatico unico, in particolare quando osservate da lontano e per questo soprannominata “la Città dai mille colori".
Con il fiume Temo che la attraversa e le sue case colorate che si inerpicano sulla collina, Bosa è ricca di storia e arte, un luogo che invita a perdersi tra le sue stradine, a scoprire angoli nascosti e a immergersi nel suo antico racconto e nelle sue tradizioni, il vero gioiello dell’isola.
La sua particolarità naturalistica e urbanistica, associata a straordinarie bellezze architettoniche e artistiche la rendono unica, tra queste ultime ne abbiamo selezionate tre: un esempio di archeologia industriale, un castello e una chiesa medievale.
Le antiche concerie
Cittadina con elementi ambientali, urbanistici e architettonici di rilievo, Bosa si estende in una conca alla destra del fiume Temo, sul quale si snodano le caratteristiche conce. I fabbricati di “Sas Conzas”, adibiti per oltre un secolo alla concia delle pelli, costituiscono un monumento particolarissimo, forse unico, per essere fortemente caratterizzato con la sua architettura modulare e ripetitiva a timpani affiancati e per snodarsi lungo la riva sinistra del fiume Temo.
Gli spettacolari edifici delle antiche concerie costituiscono un esempio straordinario di archeologia industriale. Un tempo fulcro dell'economia di Bosa, con la produzione di cuoio esportato in tutta Europa, sono state dichiarate Monumento Nazionale nel 1989.
Dopo un lungo periodo di abbandono, degrado e utilizzo disdicevole della sua memoria storica, nel 1991 la Soprintendenza per i Beni Ambientali, Architettonici, Artistici e Storici di Sassari e Nuoro afferente allora al Ministero per i Beni e le Attività Culturali (oggi Ministero della Cultura) elabora un progetto pilota di conservazione, redatto dal Prof. Arch. Roberto Luciani, al fine di ottenere finanziamenti da parte della CEE.
Il progetto prevedeva dopo un attento restauro delle particolarità costruttive, l’inserimento di attività artigianali compatibili con la struttura architettonica: lavorazioni di pelli, di materiale e strumenti per equitazione, di strumenti musicali, della filigrana, del corallo, del legno, essiccazione di fiori e piante, piccolo squero per la pulitura e la riparazione di barche.
Successivamente altri sforzi progettuali ed economici sono stati attivati dalle amministrazioni territoriali fino ad arrivare alla situazione odierna che vede la totale riqualificazione delle antiche Concerie, oggi anche utilizzate per ospitare ristoranti, bar, locali di intrattenimento e il Museo delle Conce, dove si può scoprire la storia di questa attività, gli attrezzi e i processi di lavorazione delle pelli.
Castello dei Malaspina (o di Serravalle)
L’imponente castello domina Bosa dall’alto. Fu costruito nel 1112 in cima al colle di Serravalle dalla nobile famiglia toscana dei Malaspina dello Spino Secco, insediatasi nell’Isola a metà XI secolo. Rientrava nel giudicato di Torres, poi passò ai giudici di Arborea. Subì varie modifiche prima del lento abbandono. Ma la struttura è stata ben conservata, come si può notare accedendo da scalinate a est e a ovest del borgo bosano oppure dalle sue strette vie del quartiere sa Costa.
Il castello fu realizzato in più fasi: nel XII secolo furono erette una torre e parte delle mura a nord, nel XIV secolo la torre maestra, un tempo di tre piani, realizzata in pietra chiara dall’architetto Capula, lo stesso progettista della torre dell’Elefante (1305-1307) e di quella di San Pancrazio. Sono posteriori le sette torri quadrate e la cinta muraria che perimetra il colle. Sotto gli aragonesi aggiunsero una torre pentagonale in trachite grigia e rossa. All’interno delle mura è stata edificata la chiesa di Nostra Signora de Sos Regnos Altos.
Chiesa di Nostra Signora de Sos Regnos Altos
All’interno del castello si trova la chiesa dedicata a Nostra Signora de Sos Regno Altos, nota nella documentazione medievale come Sant’Andrea. La fabbrica annovera più fasi costruttive, nella più antica, risalente alla signoria dei Malaspina, aveva il pavimento in lastre di pietra, ancora visibile nel lato occidentale.
Bosa, Italia, panorama della città soprannominata dai mille colori, ph. Roberto Luciani.
Con il passaggio agli Arborea fu realizzata la decorazione pittorica, che comportò la sostituzione dell’abside originaria ed altre modifiche dell’edificio, raffigurano scene bibliche e vite di santi, un tesoro dell'arte sarda. Ricoperti di latte di calce per diversi secoli, gli affreschi sono stati scoperti nel 1970 e quindi restaurati nel 1975 e nel 1981.
Con molta probabilità, si tratta di un'opera di scuola italiana, probabilmente senese, fatta realizzare tra il 1340 ed il 1345 da Giovanni di Arborea, allora signore del Monteacuto e di Bosa.
Gli affreschi sono divisi in due registri da un marcapiano a mensole ed arricchiti alla base da un drappo (palea) con i colori dell'Aragona e dell'Arborea. Gli scudi risultano raschiati per cancellare l'insegna dell'Arborea. Anche le teste dei due draghi sono state graffiate dai fedeli per scongiurare il malocchio, il ciclo degli affreschi va analizzato ad iniziare dall'abside. Ogni particolare ha uno specifico significato simbolico.
Da sinistra il racconto si apre con l'Adorazione dei Magi. A questa segue la rappresentazione dell'Ultima Cena. In basso, dopo Santa Lucia e Maria Maddalena, sono raffigurati frontalmente sante e santi.
Sulla parete destra, divisa in due settori, è raffigurato San Ludovico di Tolosa in abiti francescani, che precede l'episodio delle Stimmate di San Francesco, va precisato che la spiritualità francescana si evince in tutto il ciclo pittorico. In basso a destra, di trova Il martirio di San Lorenzo sulla graticola.
Sulla parete interna del prospetto si riconoscono San Martino di Tours che dona il mantello al mendicante, San Giorgio che uccide il drago, San Cristoforo, l’Annunciazione.
Nella parete destra troviamo un’opera dalla straordinaria iconografia: l’Incontro dei tre vivi e dei tre morti davanti a San Macario, che rappresenta l’unica raffigurazione di questo tipo in Sardegna. La leggenda è espressione della paura della morte, molto comune in epoca medievale, e narra che tre giovani nobili, al ritorno della caccia col falco, incontrarono tre cadaveri che dissero loro “eravamo quali voi siete, sarete quali noi siamo”. L’opera fu commissionata da Giovanni d’Arborea, fratello del giudice Mariano, signore di Bosa sino al 1349.