La memoria del tempo, la parola scritta una volta per tutte. Il valore etico dell’informazione come viatico per non dimenticare il succedersi di grandi avvenimenti e piccole storie che hanno sempre e comunque una pregnanza. La ricerca artistica di Gianluigi Colin, che presenta alla Galleria Building di Milano “Post Scriptum”, una personale curata da Bruno Corà con 34 opere inedite, travalica lo spazio ed entra nell’inconscio di chi guarda riportandolo all’essenza della parola scritta. Già “sudari della memoria”, le opere di Colin, pordenonese di nascita ma milanese di adozione, originano da un’intuizione straordinaria che poteva venire solo a un giornalista abituato ogni giorno a vedere stampate migliaia di parole, di storie e di immagini.

I media sono da decenni al centro della riflessione artistica e morale di Colin che, nella tipografia del suo giornale, trova i teli con cui si puliscono le rotative e intuisce con un’ agnizione folgorante il portato concettuale di questi “sudari”. Se ne appropria, li osserva e ne decifra il valore contemporaneo e la semantica nascosta, diventano opere d’arte. “Post scriptum”, anche nel titolo l'urgenza del lavoro di Colin, è un racconto cromatico di anni di parole che, con striature ripetute e campiture dilatate nello spazio, restituisce il “fantasma” dei caratteri tipografici e delle fotografie stampate. Le 34 opere esposte a Milano sono dipinti di grandi dimensioni le cui forme e cromatismi sono sempre diversi, mettendo così in luce la potenza espressiva dell’autore. Il testo critico redatto da Bruno Corà, storico dell’arte, critico e giornalista, Presidente della Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri a Città di Castello, illumina il percorso di Colin e ne decritta la genesi.

“Le nuove opere di Gianluigi Colin - spiega Corà - sono sirene epocali appostate al largo della marea tecnologico-elettronica-mediatica che, da decenni sale e dilaga da quanto la navigazione umana ha imboccato latitudini illimitate del non luogo non tempo, trasformando ognuno di noi in un Ulisse consapevole dell’impossibile ritorno a Itaca. Con un'azione di recupero, scelta e qualificazione dei tessuti residuali impiegati nell'operazione di pulitura delle rotative dagli inchiostri, Colin consegna alla nostra epoca, quali sirene policrome attraenti, le sorprendenti icone della sua precipitosa impermanenza e del suo drammatico dissolvimento.”

Colin da buon friulano è schivo, si schermisce, ama far parlare le sue opere, che racchiudono la sensibilità veggente di chi tra le pagine dei giornali ci ha vissuto, di chi ha saputo immortalare pezzi di storia contemporanea, con quella giusta distanza che appartiene al giornalismo di razza. E che ha saputo far tesoro di un viaggio fondamentale trasformandolo in creazione artistica e orazione civile. Sono affascinanti le grandi tele dove rimane il residuo della parola con striature intrise di inchiostri in quadricromia o in bicromia, dove le notizie di giorni, mesi e anni si sfaldano in disegni astratti, in paesaggi lontani.

Lo spirito del tempo eretto a sistema, sebbene le pagine dei giornali durino lo spazio di un mattino così come le notizie e le immagini pubblicate, ma il lavoro di Colin è quello di ridare vita a quelle frasi scomparse attraverso ciò che rimane della loro traccia. Sono “stracci di parole” che l’artista ripropone per sfidare l’oblio e rimettere al centro la memoria come strumento di evoluzione individuale. “L’insieme dei miei lavori - racconta Colin - volutamente scelti per questa mostra dai toni drammatici, con rossi intensi, sfumature di nero, striature nere su fondi bianchi o azzurri, si presentano come simbolo di un oblio incombente, inquietante e minaccioso. Un senso di costante indifferenza e dimenticanza che purtroppo appartiene al momento storico che viviamo. Le mie opere si confrontano con uno spazio interiore, ma parlano di una dimensione collettiva”.

L’intuizione geniale di Colin, che ha recuperato tra cumuli di scarti di tipografia proprio i tessuti non tessuti per pulire le rotative da stampa dei giornali e dei rotocalchi, è significativo del passaggio creativo dell’artista friulano, come ricorda ancora Corà. “In quella apparente facilità del suo gesto è consistito uno dei più avanzati pronunciamenti della pittura di oggi, nel conferimento di un quid di senso , frutto di un’intuizione più di un’epifania che ha investito l’animo e l’immaginario , inducendolo a una produzione linguistica autenticamente originale”. Per immergersi nel fascino delle parole dissolte dal tempo, Gianluigi Colin. Post Scriptum è visitabile fino al 23 marzo alla Galleria Building di Milano.

Gianluigi Colin (Pordenone, 1956) vive e lavora a Milano. Da molti anni conduce una ricerca artistica intorno al dialogo tra le immagini e le parole. Il suo lavoro nasce come investigazione sul passato, sul senso della rappresentazione, sulla stratificazione dello sguardo. Si tratta di una poetica densa di richiami alla storia dell’arte e alla cronaca, che tende a porre sul medesimo piano memoria e attualità, facendo sfumare i confini tra le epoche. Una poetica dal forte impegno civile ed etico, che vuole restituire all’esperienza artistica forti valenze militanti.

Sue mostre personali si sono tenute in numerose istituzioni italiane e straniere, tra le quali: Arengario di Milano, 1998; Centro Cultural Recoleta di Buenos Aires, 2002; Museo Manege di San Pietroburgo, 2003; Bienal del Fin del Mundo a Ushuaia, 2007; Museo d’Arte Contemporanea Donnaregina – Museo Madre di Napoli, 2011; Museo Istituto d’Arte Moderna - IVAM di Valencia, 2011; Fondazione Marconi di Milano, 2012; Galleria d’ Arte Moderna e Contemporanea a Pordenone, 2014; MARCA – Museo delle Arti di Catanzaro, 2016-2017; Triennale Milano, 2018; Visionarea Art Space di Roma, 2019; Palazzo del Governatore a Parma, 2020, in occasione delle manifestazioni di Parma Capitale della Cultura. Protagonista di performance (organizzate in varie parti del mondo), è stato invitato a “Valencia09” (presso l’IVAM di Valencia, nel 2009) e selezionato per il Padiglione Italia della 54a Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia nel 2011.

Alcune sue opere sono presenti in collezioni private, musei e istituzioni pubbliche in Italia e all’estero. Colin per molti anni è stato art director del “Corriere della Sera”; attualmente è cover editor de “la Lettura” e de “la Lectura” de “El Mundo”, di Madrid. Tiene conferenze, seminari e corsi universitari. Ha scritto numerosi saggi e articoli sulla fotografia, sulla comunicazione visiva e attualmente scrive di arte sulle pagine culturali del “Corriere della Sera”.