La Luna ha sempre avuto un fascino magnetico sull’uomo. L’interesse verso il satellite ha quasi sempre superato quello verso il Sole. Se il faraone Akhenaton ha fatto del Sole il soggetto del primo monoteismo della Storia, se a Roma gli imperatori da Aureliano a Costantino sono stati sacerdoti del Sol Invictus, la Luna ha sempre affascinato i poeti. La Luna, identificata dai Greci con ben tre dee (Artemide come luna crescente, Selene come luna piena ed Ecate come luna calante), venne vista come meta di viaggi spaziali sin dall’antichità classica.

“Dalla terra alla luna ci sono tremila miglia di distanza”. E’ il filosofo cinico Menippo di Gadara che parla. E’ l’inizio dell’opera Icaromenippo dello scrittore greco del I secolo dopo Cristo Luciano di Samosata. Menippo compie un’impresa incredibile: sale sulla Luna per poi accedere al cielo e vedere faccia a faccia gli dei. Supera Icaro che aveva troppo esposto al sole le sue ali attaccate con la cera, ma usando ali d’aquila e avvoltoio attaccate alle braccia con cinghie. L’Icaromenippo, come anche altri viaggi immaginari sulla Luna, ha lo scopo di esporre la filosofia dell’autore. Luciano è un disincantato e usa questo viaggio per prendersi gioco dei filosofi che hanno mille teorie sugli dei ma non hanno mai visto il cielo.

Il tema del viaggio sulla Luna piaceva molto a Luciano, tanto che gli dedicò anche un’altra opera: La Storia Vera. Il titolo è ironico in quanto Luciano afferma che l’unica verità sarà la menzogna. E si prende gioco dei vari scrittori greci che descrissero l’India e addirittura di Omero “Il maestro in simili ciarlatanerie è l’Odisseo di Omero che ha raccontato ad Alcinoo e alla sua corte di venti prigionieri, di uomini con un solo occhio, cannibali e selvaggi, e animali dalle molte teste e compagni trasformati da filtri magici (le fanfaronate propinate a quegli sciocchi dei Feaci)”. In quest’opera satirica però Luciano scrive la prima vera “space opera” che conosciamo, con descrizione dettagliata delle “guerre stellari” tra i vittoriosi lunari di Endimione contro i solari di Fetonte e gli usi degli alieni della Luna.

L’intento era di satireggiare le fantastiche descrizioni dell’India da parte degli scrittori al seguito di Alessandro Magno. Luciano invece non si rende conto di aver “inventato” la fantascienza. Dalla Grecia ellenistica facciamo un salto nel Giappone dell’era Heian, circa anno Mille: ecco l’anonimo Racconto di un tagliabambù (Taketori monogatari), prima opera letteraria nipponica, che narra la storia di questa bambina raccolta da un tagliabambù che si rivela essere una principessa della Luna e che deve tornare nel suo mondo, lasciando intristiti i suoi pretendenti tra i quali l’imperatore.

Un “viaggio immaginario sulla Luna” è anche nel Paradiso di Dante Alighieri. I vari critici e dantisti non hanno mai preso in considerazione il Paradiso come una space opera nella quale il Sommo Poeta compie un viaggio interplanetario. Forse perché al posto degli alieni trova le anime dei defunti. Il Cielo della Luna è il primo visitato da Dante: in questo si trovano gli spiriti che hanno mancato ad un voto. Dante incontra Piccarda Donati, una monaca costretta a forza dal fratello Corso a sposare controvoglia un suo sgherro, mancando così al voto monastico.

Il viaggio immaginario più famoso della letteratura italiana è quello che Astolfo d’Inghilterra, paladino di Carlo Magno, compie a cavallo del mitico ippogrifo nell’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto. Il cavaliere ha il compito di ritrovare il senno di Orlando, perduto a causa dell’infatuazione amorosa: come Luciano Ariosto si diverte a prendere in giro sia l’inverosimiglianza dei romanzi cavallereschi sia la passione amorosa. E’ San Giovanni Evangelista a mostrare ad un esterrefatto Astolfo l’intelligenza che tanti, troppi uomini hanno perso a causa dell’amore.

E di viaggi sulla Luna si occupò anche Cyrano de Bergerac, questa singolare figura di spadaccino filosofo seicentesco dal naso importante immortalata poi da Edmond Rostand nella sua celeberrima commedia. Gli Stati e gli Imperi della Luna riprende in pieno lo spirito di Luciano: il viaggio spaziale diventa un pretesto per Cyrano per farsi beffe della filosofia, della religione e della politica del suo tempo, sfuggendo alla censura tramite l’escamotage del racconto fantastico. Cyrano dice di essere arrivato sulla Luna grazie a razzi simili a fuochi d’artificio. Ma descrive anche un tentativo fallito tramite un mezzo singolare: boccette di rugiada che, evaporando, lo avrebbero fatto alzare in aria.

Ci saranno altri viaggi sulla Luna, descritti da Edgar Allan Poe e Jules Verne, tramite pallone o, come appunto Verne, con un proiettile sparato da un cannone. E dopo il viaggio dell’Apollo 11 romanzi che pensano ad una colonizzazione e terraformazione del satellite.Ma la poesia è andata perduta. Su questo vorremmo quasi che i complottisti avessero ragione e che Neil Armstrong non avesse messo piede sulla Luna. Per lasciare margini alla fantasia.