Michele Placido presenta il suo ultimo film al cinema dal 3 novembre: L’ombra di Caravaggio. Un film ricco di luci e ombre che, attraverso l’escamotage dell’indagine, ripercorre gli episodi salienti della vita di Michelangelo Merisi. Il Caravaggio di Michele Placido appare come l’espressione più autentica di quel “vero” che da sempre ossessiona l’artista, attraverso i Vangeli che conosce a memoria e alla cui lettura si commuove.

Un Caravaggio autentico

Italia 1600, Michelangelo Merisi (Riccardo Scamarcio), noto come Caravaggio, è un artista sovversivo nell’aspetto, pronto a sfoderare la spada dal fianco per scatenare la rissa, frequentatore di taverne e donne di strada, dalla capigliatura spettinata un po’ anarchica e alla continua ricerca di volti femminili e maschili che rappresentino la verità e l’umiltà delle loro vite. Il suo stile non è affatto conforme ai dogmi - sulla rappresentazione del Sacro - posti dal Concilio di Trento.

Papa Paolo V (Maurizio Donadoni) scopre che l’artista, come modelli per le sue rappresentazioni “sacre”, utilizza infatti ladri, prostitute e vagabondi. Decide allora di commissionare a un agente segreto – detto L’Ombra (Louis Garrel) – di indagare sulla verità del Caravaggio. Lo sventurato troverà rifugio presso la marchesa Costanza Colonna (Isabelle Huppert) in attesa della grazia papale che gli permetterà di sfuggire alla decapitazione come punizione esemplare per aver ucciso l'amico-rivale Ranuccio.

"Mi hanno chiesto di pentirmi, ma io non so di che pentirmi e io non voglio pentirmi"

Michele Placido alla domanda se si sente più vicino alla figura del cardinal Del Monte (interpretato da lui stesso) o a quella di Caravaggio risponde: “La figura di Caravaggio è quella che più mi ha stimolato negli anni ed è avvenuto un percorso vero e proprio. Sicuramente lo sento più vicino a livello personale, poiché questa passione ha un seme molto attivo, infatti, ero un giovane allievo dell’Accademia Nazionale d’arte drammatica qui a Roma, venivo da un paesino in cui non c’era nulla e per un po’ di fortuna, fui ammesso all’Accademia"

"Quegli anni erano però determinanti per la storia italiana, erano gli anni ’70, anni della rivoluzione culturale in cui io avevo vent’anni" ricorda Placido. "Noi giovani volevamo partecipare a questo cambiamento culturale e alle proteste di questo cambiamento storico. Andavo spesso a Campo de’ Fiori – è qui che è iniziato il mio viaggio con Caravaggio – lì c’era la statua di Giordano Bruno che compare anche nel film. Guardando quella statua, bevendo un bicchiere di vino, si parlava d’arte, cultura e poesia. Sono sempre rimasto affascinato dalla figura di questo grande filosofo e monaco che disse come ultime parole: «mi hanno chiesto di pentirmi, ma io non so di che pentirmi e io non voglio pentirmi; frase che verrà attribuita a Caravaggio nel finale del film” spiega il regista.

Un protagonista d'eccezione

“Caravaggio ad un certo punto, capisce di essere diventato il pittore più bravo di quel momento nella città di Roma. Ed ha una sorta di supponenza, in cui lui capisce che quella strada che ha trovato – una strada molto sofferta – è quella giusta, alla ricerca del vero nei vicoli della notte, nel buio e nelle persone che sono i personaggi dei suoi quadri. Potremmo affiancare la figura di Caravaggio a quella di Pier Paolo Pasolini.

Pasolini come Caravaggio, arriva a Roma e va a vivere nella borgata, dove troverà il suo linguaggio, la sua poetica, grazie agli ultimi. Entrambi moriranno in riva al mare” riflette Placido. Sulla scelta dell’attore, Riccardo Scamarcio, come protagonista, il maestro spiega che all’inizio era stato designato per il ruolo del “nero” per via della sua corporatura. Alla fine è avvenuto un cambiamento, ossia scegliere lui come Caravaggio. “Ero convinto che avremmo avuto un ottimo rapporto creativo e artistico. Lui non ha avuto dubbi, disse subito che era il ruolo fatto apposta per lui. Abbiamo lavorato molto insieme”. Il film uscirà nelle sale in Francia il 28 dicembre per poi attraversare l’Europa e non solo.