Ascoltare la musica e vedere Roma, le sue antiche vestigia, il suo tepore primaverile, quel venticello che gioca tra le foglie a Villa Borghese, che riporta il profumo di gelsomino tra le siepi del Pincio. È questo che Ottorini Respighi ci regala con la sua musica immortale.

Immaginare di essere tra le pagine che raccontano la passione di Andrea Sperelli ne Il Piacere di Gabriele D’Annunzio è un attimo ascoltando le prime note dell’Intermezzo-Serenata. Sentire l’acqua delle fontane zampillare nella serenità di un pomeriggio indolente nella celeberrima trilogia romana. Sinestesia, immaginazione, sogno a occhi aperti, ma anche grandissima costruzione armonica e melodica, tutto questo è Ottorino Respighi, compositore, musicologo, direttore d’orchestra nonché Accademico d’Italia.

Chi meglio di lui ha saputo raccontare i pini di Roma, le sue meravigliose creature d’acqua zampillante. Un Neoclassicismo, abbracciato inizialmente ma poi lasciato andare, quello di Respighi che si nutre delle atmosfere cristallizzate nel tempo delle antiche danze di epoca classica per poi ritrovare l’atmosfera più contemporanea nella contemplazione dei panorami, a lui più famigliari e vicini, della Città Eterna.

In realtà Respighi è autenticamente bolognese, anche se tutta la sua vita professionale e artistica si svolgerà proprio a Roma a cui tributerà un costante omaggio musicale e animico. Nato appunto a Bologna nel 1879, Ottorino Respighi è uno degli esponenti del gruppo della generazione dell’Ottanta, un gruppo di musicisti al quale appartenevano Alfredo Casella, Franco Alfano, Gian Francesco Malipiero, Ildebrando Pizzetti e Fausto Torrefranca, anch’egli musicologo e feroce avversario dell’opera di Puccini.

L’avanguardia degli Ottanta si ripropone di respingere tutto ciò che in musica è atto a suscitare commozione e l’applauso del pubblico il cosiddetto verismo pucciniano, per riscoprire, invece, la musica degli autori del Cinquecento e Seicento, come Pergolesi, Da Palestrina e Monteverdi. Tornare, insomma, a una musica costruita e composta sulle regole del contrappunto più severo e limpido per dare così vita a un’estetica essenziale e della musica cosiddetta pura, senza orpelli, nuda nella sua perfetta armonia evocativa.

Tuttavia è necessario sottolineare che Ottorino Respighi prese una via diversa rispetto ai colleghi Pizzini e Malipiero con cui partecipava dell’esperienza degli ’80 aderendo, in prima battuta, alla battaglia antiverista e alla riscoperta degli antichi autori maestri del contrappunto. La sua rivisitazione di Bach e delle “Antiche arie e danze per liuto” così come la “Rossiniana” e gli “Uccelli”, non lo iscrivono per forza nel movimento artistico capitanato da Casella.

Quello di Respighi, negli anni, diventa soprattutto un ripensamento dell’azione compositiva nel solco della tradizione modale, si veda ad esempio “Il concerto in modo misolidio” del 1924 per pianoforte e orchestra e il “Concerto gregoriano del 1921”. Respighi, dunque, viene soprattutto ricordato per lo sguardo profondo e attento su ciò che lo circonda e più lo ispira e lo si sente chiaramente nei poemi sinfonici della trilogia romana: “Le fontane di Roma” del 1916, “I Pini di Roma” del 1924 e nelle “Feste romane “ del 1928, in cui si ritrova il Respighi più autentico e in stato di grazia.

L’ascolto di Debussy e Ravel gli aprono le porte a una sorta di impressionismo tutto interiore. In lui fecero breccia concezioni arcaicizzanti in chiave spiritualistica più che neoclassica che fecero parlare di un suo periodo “gregoriano”, per questo si ascolti “Vetrate di chiesa” del 1926 che offre impressioni sinfoniche estremamente rarefatte e solenni.

Ottorino Respighi fu anche musicologo particolarmente devoto alla musica italiana del periodo tra il Cinquecento e il Seicento. Revisionò musiche di Claudio Monteverdi, Antonio Vivaldi e Benedetto Marcello e approfondì soprattutto il canto gregoriano. Molte delle sue opere hanno un'impostazione decisamente modale, si pensi al "Quartetto dorico", "Metamorphoseon XII Modi”. Con Sebastiano Arturo Luciani pubblicò Orpheus, manuale di storia e forme della musica occidentale.

Maestro di orchestrazione, Respighi ha trascritto numerose delle melodie antiche su cui studiò e lavorò in versione orchestrale: trascrisse ed elaborò brani di Bernardo Pasquini, Jacques Gallot, Jean Philippe Rameau. Egualmente degne di nota sono inoltre le trascrizioni orchestrali della “Passacaglia per organo” di Bach, degli “Études-Tableaux” di Rachmaninov, e dei pezzi pianistici di Rossini per il balletto “La Boutique fantasque” che testimoniano la sua straordinaria versatilità e restano tra i migliori esempi del genere.

Il compositore bolognese realizzò anche numerose opere teatrali tra cui otto opere (da ricordare soprattutto “Belfagor”, “La campagna sommersa”, “Maria Egiziaca”, “La fiamma” ) e numerosi balletti; scrisse anche numerosi cicli di liriche per voce e pianoforte, spesso da lui interpretati in concerti assieme alla moglie Elsa, e molta musica da camera.

Respighi si trasferì a Roma nel 1913 dove visse per il resto della sua vita; fu docente di composizione presso il Conservatorio di Santa Cecilia, di cui fu anche direttore dal 1923 al 1926. Il 23 marzo 1932 Respighi fu eletto Membro dell’Accademia d’Italia. Nel 1919 Respighi aveva sposato Elsa Olivieri Sangiacomo, compositrice, cantante e pianista, già sua allieva al conservatorio. Sarà la moglie a completare insieme a Ennio Porrino, allievo del maestro, l’ultima opera lirica “Lucrezia", lasciata incompiuta da Respighi che morì in seguito a un’endocardite nel 1936 all’età di 56 anni.