Il bimbo di 2 anni, un po' viziato, un po' capriccioso ma "Joli comme un coeur” - come scrive nel suo diario la mamma Eugenia - l'adolescente gentile, docile, distinto, studioso e ben educato – secondo le testimonianze di un compagno nello studio di Micheli a Livorno - che già esprime il gusto per la linea nel nudo, pieno di promesse, perde le sue doti giovanili, il suo decoro borghese ai primi assalti della miseria con ubriacature epiche: la somma fornitagli dalla mamma, per mezzo del suo sacrificio e con i risparmi personali, poiché ormai la famiglia è quasi sul lastrico, in poco tempo si esaurisce.

Amedeo ha iniziato a far uso di hashish durante la frequenza della Scuola di Nudo all'Accademia di Belle Arti di Venezia: droga ed alcol costano, ma sono fondamentali per curare le ferite causate dalla delusione nel suo impatto con la realtà artistica parigina. Lui è soltanto un provinciale italiano, anche se provvisto di una solida cultura intellettuale ricevuta in famiglia. Non è facile fare il confronto con aspiranti artisti più avvantaggiati di lui nello studio e nella disposizione naturale per il disegno.

Se in Italia si è sentito qualcuno, se ha osato sperare in un rapido successo parigino, ben presto si accorge che la realtà non è così! In più c'è il desiderio di continuare con la scultura, il suo vero obiettivo, che richiede spazi costosi per essere esercitata e materiali non facilmente reperibili, con costi nei trasporti, che richiedono una fatica che a lui, fragile di salute, costa molto cara.

Se la salute cagionevole è stato il motivo per cui la madre ha assecondato il suo desiderio di dodicenne di dedicarsi al disegno e alla pittura, nonostante in famiglia sia necessario il suo aiuto economico con un lavoro adeguatamente retribuito, la madre lo asseconda perché scopre progressivamente che il suo Dedo non è come i suoi due fratelli maggiori, ma cagionevole e sempre più fragile, vittima di pleuriti, polmoniti, fino ad una precoce tubercolosi giovanile.

La mamma, che ama particolarmente questo figlio, che lo vizia, che lo definisce “Bello come il sole”, cerca di proteggerlo e di assecondarlo in questa passione che osserva in lui svilupparsi sempre più. E crede anche nella sua capacità di affermarsi se lo manda a Parigi.

Ma la realtà non è così: a Parigi quasi tutti gli artisti anche del calibro di Monet, di Picasso, di Soutine, di Chagall, come molti altri, hanno fatto la fame se non possedevano sostanze e tutti hanno faticato e ricevuto delusioni, come Manet e Cezanne, che pure i mezzi di sostentamento li avevano, ma tutti hanno faticato e ricevuto delusioni, perché esprimersi con un tipo di pittura lontana dai canoni accademici non incontrava il favore dei giudici nei concorsi, né del pubblico, né dei critici, né dei curatori, né dei galleristi, quindi le loro opere non venivano accettate, né acquistate.

Se per tanti secoli un artista aveva potuto crescere e sviluppare la propria arte, lo era stato perché c'era qualcuno di autorevole, prelato o mecenate, che gli permetteva di vivere decorosamente e anche di più, se raggiungeva la fama. Si dovevano però accettare i dettami del committente e anche i Grandi Maestri si sono visti rifiutare opere commissionate se non rispondevano a tutti i canoni richiesti, in primis la bravura esecutiva, le tematiche, le rigide regole religiose e politiche.

Ma l'artista, che andava sempre di più affermando la propria personalità e il desiderio di esprimersi autonomamente attraverso i secoli, elabora una vera e propria rottura col passato e la tradizione, se ne ribella, ripudia i maestri ed i rigidi canoni accademici: sono azioni maturate gradatamente nel tempo, mutazioni dapprima impercettibili, poi sempre più dirompenti, da un artista all'altro. Ogni artista osa un poco di più fino a rinunciare al disegno nel rappresentare la realtà attraverso l'osservazione e il colore degli Impressionisti.

Poi è stata la volta dei Simbolisti e dei Neoespressionisti, che non solo si sono espressi attraverso il colore sempre più acceso e violento, ma anche hanno voluto esplorare la realtà interna dell'uomo, esprimendo e rappresentando le proprie sensazioni fino al Surrealismo che ha rappresentato l' inconscio. Quando Modigliani si reca a Parigi ai primi del '900 stanno germogliando una miriade di correnti artistiche: mai nella storia dell'arte ci sono stati tanti nuovi indirizzi e sviluppi come in questo periodo, la diga è tracimata, il lago esplode, deborda in tanti fiumi, ogni artista cerca la propria strada tracciata da altri, la esplora, la percorre, perviene a nuove interessantissime soluzioni come il Cubismo, l'Astrattismo, l'Espressionismo, fino ad arrivare al Dadaismo distruttivo e dissacrante, di impensabile rottura col passato. E' vero che nello stesso tempo ci sono i ripensamenti che ripercorrono il passato attraverso la Nuova Oggettività, che ritorna ad un classicismo non più accademico, perché ormai la rottura col passato ha aperto uno squarcio nella tradizione, che non si può più arginare. Non si torna indietro.

L'artista si sente a proprio agio, trova il proprio spazio in una o nell'altra delle Correnti. Modigliani no, è ancorato alla tradizione italiana, che permane nei Macchiaioli, Fattori è stato suo maestro a Firenze, lasciando in lui risonanze: il nostro meraviglioso vincolante passato ci lega alla tradizione, non ci permette di volare liberi verso nuovi spazi pittorici, nuove sfide coloristiche e della forma. Modigliani si fa affascinare dall'arte negra - come veniva chiamata al suo tempo - è vero, ma solo momentaneamente e nella scultura.

Quando è obbligato a causa della salute a tornare definitivamente alla pittura, c'è nella sua linea l'ambizione di raggiungere una perfetta volumetria capace di contenere le masse accentuandone la pesantezza, quasi fossero sculture bidimensionali. E nei suoi volti dai lunghi colli cilindrici, dall'impostazione obliqua vi sono tracce di Giotto, Raffaello, Botticelli e tutto il Rinascimento che ha reso unica la nostra arte, di cui andiamo fieri.

In Modigliani, che attinge dal passato, di cui non può fare a meno, c'è una modernità unica, tutta sua, uno stile semplice, lineare, senza ombreggiature, ma così perfettamente classico da appagare l'occhio istintivamente senza che la figura rispetti i canoni a cui non ci si poteva sottrarre. Non accetta di far parte di classificazioni e si rifiuta quando è invitato dagli amici ad aderire a correnti come il Cubismo, quando Boccioni lo invita a far parte del gruppo dei Futuristi, che si interessano a lui perché ha tutte le carte in regola per farne parte, si trova sul posto in cui viene lanciata la Corrente, è italiano, ha un bagaglio di tradizione classica e maestri che fanno di lui un probabile interessante partecipante: nulla lo distoglie dal suo stile, quello che lo fa riconoscere immediatamente e lo connota tra mille altri artisti.

Questa è la cifra con cui un artista si può dire grande, si può dire unico: e Modigliani è unico veramente, nella vita come nell'arte. La sua vita è stata breve, come una meteora, ma vissuta intensamente, senza risparmio. Alla malattia oppone la fatica del suo lavoro, anche quando non ci sono gratificazioni per lui. Va detto, che tutti i grandi artisti lo sono diventati anche perché all'inizio qualcuno ha creduto in loro, come Manach e gli Stein per Picasso: per lui c'è stato il dottor Paul Alexander, che per anni è stato il suo unico sovvenzionatore. Oggi la creatività dei giovani artisti è un motivo in più per immetterli nel mercato, a quei tempi non esisteva il fattore pubblicitario, né la globalizzazione. C'era la diffidenza nei confronti del nuovo, perché non c'era l'abitudine alla novità, cosa che oggi è fondamentale perché, essendo stato realizzato di tutto, è necessario cercare un po' di più, nel bene o nel male da cui è nata l'arte del “Brutto, sporco e disdicevole”: sono spesso voli pindarici da cui si cade, disillusi e vittime di euforie iniziali e mercantili.

Ma ai primi del '900 si doveva convincere per poter emergere e solo pochi erano in grado di accorgersi subito del valore di un artista. Il dottore Alexander, Paul Guillaume poi e pochi altri come la gallerista Beatrice Stein, sono stati i mecenati ed i protettori di Modigliani, così disarmato nei confronti della vita da destare un senso di protezione in chi lo amava.

Così come Utrillo, quasi suo coetaneo, aveva destato in lui il desiderio di proteggerlo, nonostante fosse considerato un beone, un pericolo pubblico per i locali del tempo, dove le sue ubriacature generavano liti e rovine dei materiali: i due finivano spesso nelle gendarmerie e per uscire di prigione pagavano con le loro opere gendarmi corrotti.

Le bevute di Modigliani lo portavano a gesti estremi come il denudarsi la notte, danzare nei parchi con l'amica di turno, litigare furiosamente con chicchessia per futili motivi. Le donne per lui sono state sempre tante, erano le muse ispiratrici delle sue opere e lui le dipinge sempre con dolcezza e tenerezza al contrario di Picasso: sono per lo più prostitute, tutte bellissime giovanissime, come si può notare dalle opere che ci ha lasciato.

La relazione con la poetessa inglese Beatrice Hastings non ha apportato miglioramenti nella sua vita disastrata: lei si drogava e beveva quanto lui, peggiorando sempre più la sua salute. L'ultima volta che i suoi amici lo rivedono a Livorno, nel 1913 o 15 – non si sa con certezza neppure dalle ricerche della figlia – lo ricordano come un personaggio diverso da quello che era partito anni prima, Alexader quando lo conosce, dice di lui: “Un giovanotto tanto bene educato”, orgoglioso di recarsi a Parigi, mentre ora tornava con una vocetta stridula e imperiosa, cercando i vecchi amici. Aveva la testa rapata, raccontano loro, come quella di un evaso, sì e no coperta da un berrettino a cui era stata strappata la visiera, giacchettina di tela e camiciola scollata, pantaloni tenuti da una funicella legata alla vita e ai piedi le espadrillas. Ne teneva in mano un secondo paio e diceva che era tornato a Livorno per amore della torta di ceci e di quelle economiche e comode calzature. Poi Modigliani, raccontano ancora gli amici, aggiunge “Si beve?” e ordina assenzio.

Lo scrittore e critico Charles Douglas, suo vicino di casa racconta di lui che un mattino, dopo una notte brava, gli spazzini lo avevano estratto da una pattumiera, piegato in due e ubriaco fradicio, e ricorda di averlo sentito urlare dei versi di Rimbaud nel caffè Hubert in altre situazioni. Ma Modigliani è anche l'artista che, quando i coniugi Lipchitz decidono di farsi fare il ritratto si sentono dire: “Il mio prezzo è di 10 franchi la seduta e un po' d'alcol”.

Così racconta lo scultore: “Quando venne l'indomani, Modigliani eseguì l'uno dopo l'altro vari schizzi con la rapidità e precisione di sempre. Il giorno dopo arrivò con una vecchia tela e una cassetta di colori e inizia la seduta: lo vedo ancora seduto davanti alla tela che aveva messo su di una seggiola, lavora in silenzio e s'interrompe solo per afferrare di tanto in tanto la bottiglia posata accanto a lui a bere un sorso di alcol. Talvolta si alza e guarda la sua opera con occhio critico e lo confronta con i modelli. Alla fine della giornata dichiara: Ecco mi sembra sia finito!”

Lipchitz aveva voluto far guadagnare un po' di soldi all'amico, pensando che avrebbe dipinto i due ritratti in più sedute, quindi insiste perché Modigliani lavori ancora, ma lui risponde. - Se volete che lo sciupi posso continuare!

Un altro episodio, sempre raccontato da Douglas, riporta di aver visto Modigliani rifiutare alla Rotonde i 10 franchi che gli offriva uno straniero a cui proponeva un disegno, come era solito fare, perchè la sua tariffa era di 5 franchi per lavoro. Quando lo straniero, ormai ubriaco, si addormenta Modì gli prende il portafoglio da cui estrae 100 franchi e li offre a un poeta affamato seduto a un tavolo accanto.

Il suo carattere, col tempo, è sempre più tormentato, le sue battute sono infiorate di sarcasmi, è spesso in collera e il che è amplificato dal bere, quando diventa borioso, invadente ed istrionico. L'alcol e la droga l'hanno aiutato a rendere meno devastante la delusione della mancata comprensione dei mercanti, del mancato successo: quel ragazzo elegante, raffinato, e fascinoso si sta trasformando in un uomo irricevibile.

Ha conosciuto tante donne, tutte si sono date a lui con generosità, senza avere nulla in cambio, se non l'immortalità delle opere d'arte che le raffigurano, ma ai tempi non lo sapevano... Neppure Beatrice Hastings, di buona famiglia, ma ai margini della società benestante, lo aiuta a riprendersi dal vizio.

Alla fine, quando la salute è ormai irrimediabilmente compromessa, c'è l'incontro con un fiorellino, dolce e delicato, la bellissima Jeanne Hèbuterne, adolescente diciassettenne, che aspira a diventare un'artista, quando lui ha già 33 anni e che si innamora di lui al punto di passare sopra alle regole e alle restrizioni sia della società che della sua famiglia, che disapprova la relazione. Ma Jeanne sfida il mondo intero, abbandona una vita agiata e borghese per andare a vivere nel malsano e freddo studio di lui, puzzolente di colori, perchè Modì, il grande Modì, non ha niente di meglio da offrirle, oltre che il suo amore. Troveranno alla loro morte, nello studio, soltanto bottiglie vuote e scatole di sardine.

Jeanne è presa da lui, non pensa alle conseguenze, nei pochi mesi in cui vive con lui dà alla luce una bambina e presto attende un secondo figlio. Ma non è in grado di occuparsene, la madre le si riavvicina per darle aiuto, la bambina viene data a balia. Jeanne più che la maternità sente lo slancio verso il pittore, il personaggio, il mito che ammira senza remore. Disarmata, lo dipinge e lo disegna quando dorme, si immedesima talmente in lui che ne copia lo stile, i colori, le linee.

Tutto il suo mondo è lui, se accetta tutto da lui, la povertà, l'essere tenuta in secondo piano, si subordina lui, quasi incredula che le sia capitata la grande fortuna di esserne amata. Accanto a lei, sorgente di dolcezza e purezza, Modigliani trova la vena più congeniale e la dipinge in ogni aspetto, donandoci meravigliosi capolavori. Modigliani non dipinge gli occhi nei ritratti, perché ritiene che attraverso gli occhi si arrivi all'anima del soggetto, ma lui non ci riusciva: solo gli occhi di Jeanne ha dipinto, perché attraverso l'amore ne ha incontrata l'anima.

Un'anima che non ha voluto separarsi da lui, che ha sacrificato i figli, anche quello che aveva in grembo e stava per nascere, abbandonandoli, per stare per sempre col suo Modì: si dà la morte quando l'artista muore. Per 10 anni i due artisti sono stati sepolti in cimiteri diversi, ma alla fine i congiunti di Jeanne accettano di congiungere i due amanti al Pére Lachaise, di fronte alla tomba di Edith Piaf. Modigliani era chiamato a Parigi Modì, perché in francese “maudit” significa “maledetto”, un gioco di parole, molte sue azioni furono esagerate e la fantasia del racconto amplifica la realtà.

Ma la figlia di Jeanne Hébuterne e di Modigliani non la pensa così: Jeanne, che alla morte dei genitori aveva 14 mesi e si trova presso la balia, due mesi dopo viene raggiunta dalla sorella di Modigliani, Margherita, che se ne fa tutrice, la porta a Livorno e la cresce in famiglia con la nonna Eugenia, gli zii, ed i cugini. La piccola sa poco del padre, man mano viene a conoscere la sua storia e la grandezza del padre, cominciano a starle strette le convenzioni provinciali della famiglia. Per cui, a vent'anni parte per Parigi alla ricerca delle sue radici, ma soprattutto della verità sui suoi genitori.

Si occupa d'arte, approfondisce gli studi, scova tutti quelli che hanno conosciuto i suoi genitori, li interroga, indaga anche sulle loro opere, le cataloga, aiuta i curatori a mettere ordine nella cronologia dell'esecuzione delle opere, avvallandosi anche dell'aiuto delle lettere scritte alla famiglia, dei ricordi e dei documenti del tempo. Modigliani non è stato molto preciso e ci ha lasciato poche indicazioni sulle sue opere. L'intento di Jeanne è di valorizzare il padre: la sua arte è stata descritta come conseguenza degli effetti della droga e dell'alcol. Nella sua autobiografia, “Modigliani mio padre”, riesce a confutarne la veridicità, Modì per lei non ha mai dipinto sotto la spinta dell'alcol e le allucinazioni della droga, il suo stile è opera della sua bravura e creatività.

Ormai anche Jeanne è venuta a mancare, lasciando due figlie. Le opere di Modigliani alle aste raggiungono cifre da capogiro e sono in continua rivalutazione, lui è uno degli artisti più conosciuti del '900 e la sua fama non trova sconfitte, come è successo a molti artisti, che al loro tempo erano molto più conosciuti di lui.

Questo perché la sua arte è contemporanea ad ogni epoca, è arte pura, vera classicità: assurta a universale per la bellezza inalterata che ha reso immortale lui e le persone, spesso umili, che ha ritratto, come la dolcezza di Jeanne, la tenerezza dei pochi bimbi che ha dipinto, la meraviglia dei corpi nudi delle prostitute, gli amici benefattori e i pochi paesaggi dipinti poco prima della precoce fine. Sono indimenticabili i suoi lunghi colli da cigno, i profili statuari, gli occhi vacui, le mani abbandonate in grembo, la lucentezza della pelle dei corpi, che paiono statue, nella loro meravigliosa forma, talmente reali da scatenare scandali, come successe quando li espose!