Risale alla Preistoria il primo utilizzo degli acquerelli: le caverne che i primitivi hanno decorato presentano disegni colorati con pigmenti naturali mescolati con l'acqua e disegnati con le dita, con bastoncini di legno o pezzi sottili di osso. Lo sviluppo successivo è legato all'evoluzione dei materiali e degli accessori, sotto lo spunto ingegnoso degli artisti Egizi, che con gli acquerelli, decorano le pareti dei templi e delle tombe, dipingono papiri. In Oriente, specie in Cina e Giappone, si usa l'acquerello per decorare sia la carta che la seta, in tempi così antichi che non hanno lasciato memoria. Quelli ritrovati evidenziano disegni di paesaggi ispirati e contemplativi. In Occidente vengono utilizzati invece i colori a tempera, specie nei monasteri, dove gli amanuensi dedicano tutta la loro vita alla scrittura e alla decorazione.
Albrecht Durer, verso la fine del 1400 ha, per primo, usato la moderna tecnica dell'acquerello, utilizzato per i bozzetti preparatori alle grandi opere ad olio. Anche Rubens, Rembrandt e Van Dick, come gli studiosi ricercatori del tempo, li usano per stendere mappe e per catalogare il regno animale e vegetale. Paul Sandby crea un vero e proprio movimento artistico, ma chi ci ha incantato e stupito, per la bravura, maestria e poesia, è stato Mallord William Turner nell'800. A quei tempi l'acquerello era molto utile per realizzare brevi schizzi "en plein air", che poi vengono rielaborati nell'atelier. Corot ha fatto la stessa cosa; incantato dall'Italia, nel suo "Tour", ai primi dell'800, disegna e acquerella piccoli stupendi paesaggi, per poi dipingere grandi opere che hanno ancora un sapore settecentesco. Ai suoi tempi si dava poca importanza ai suoi "bozzetti", eppure per noi oggi sono molto più significativi delle sue famose opere ad olio.
Corot, con la Scuola di Barbizon e Turner con i suoi paesaggi, drammatici e romantici nello stesso tempo, hanno influenzato gli Impressionisti, che debbono a loro la novità di una pittura che si stacca dalla tradizione. Anche Cézanne e Van Gogh hanno utitilizzato l'acquerello in molte opere, ma è stato Kandinskij che ha dipinto il primo acquerello astratto, sconvolgendo definitivamente l'evoluzione dell'arte verso il rifiuto del reale per dare visibilità alla spiritualità. Kandiskij è un musicista che suona il violoncello e il pianoforte, è stato il "Colore del Suono" che l'ha spinto, al'età di trent'anni, a dedicarsi alla pittura. Ci sono voluti anni perchè arrivasse ad esprimere la sua spiritualità attraverso la pittura astratta, che risente sempre delle modulazioni musicali, che identifica con i colori: per lui hanno un'anima ispirata dalla musica.
Un artista spesso la sua creatività riesce ad esercitarla nella poesia come nella musica e nella pittura. La creatività è un bisogno di comunicare così ampio e profondo che spesso deborda verso più campi e si espande irrefrenabile. Ma alla base della nascita dell'opera, che sia poesia, come pittura o composizione musicale, è necessaria un'ampia conoscenza delle basi che sottendono queste abilità. Come è necessaria la dote naturale dell'abilità nel disegno, così è fondamentale l'orecchio assoluto per la musica, mentre per la poesia è indispensabile un'animo profondamente sensibile ed emotivamente reattivo.
Oggi esiste anche una creatività di "getto", istintiva, che dà immediata sensazione di liberazione e sollievo, ma che poche volte raggiunge le vette sublimi dell'arte. Roberto Andreoli è un artista "multitasking", la sua passione per la musica eguaglia quella per la pittura, il che ha significato molti anni di studio e di impegno nel disegno e nell'uso dell'acquerello, che gli ha permesso di ottenere risultati di grande efficacia per la sua maestria, la delicatezza nel realizzare opere che esprimono la sua creatività in qualsiasi tematica affronti, sempre con grande spontaneità. Ma dietro alle sue opere mirabili ci sono stati anni e anni di studi, iniziati precocemente nell'infanzia, avendo avuto la fortuna di avere per padre un artista che oltre ad essere bravo, si è dedicato a lui insegnandogli il mestiere. I risultati ottenuti, i grandi riconoscimenti, i premi, che ha ottenuto in tutto il mondo, sono dovuti alla sua ricerca approfondita che ha arricchito sempre più la sua cultura, dandogli una visione estremamente aperta nei confronti dell'arte.
L'artista nell'intervista non cita mai artisti contemporanei, è evidente che nelle sue conoscenze ha preferito approfondire i Grandi Maestri del passato, fino al '900. Noi italiani abbiamo una eredità incredibile di grandi esempi, cui non dobbiamo mai fare il torto di dimenticare. Troppi artisti oggi preferiscono creare spinti solo dalla loro ispirazione, ma solo gli artisti come Roberto Andreoli, che del passato fanno tesoro, raggiungono gli ottimi risultati da lui ottenuti. I suoi acquerelli incantano, ti portano in lidi superiori, in atmosfere rarefatte, ti fanno incontrare l'anima, sentire ciò che troppo spesso dimentichiamo. Il sublime dell'arte!
Parimenti la sua passione per la musica l'ha portato a compiere studi al Conservatorio di Bologna e successivamente a quello di Torino, dove si è diplomato nello studio del trombone. La musica che più l'ha attratto è stato il jazz: la sua bravura l'ha portato a suonare nelle orchestre della RAI e del Teatro Regio di Torino, registrando trasmissioni radiofoniche e televisive. Ha avuto così modo di conoscere e di frequentare i giganti del jazz, tra cui Joe Newman, solista storico di Count Basie, Sal Sofia, insegnante alla Berkley di Boston, Al Grey, solista dell'orchestra di Duke Ellington. Ha composto musiche e arrangiamenti, è stato direttore d'orchestra, ha suonato con Tony Scott, John Ramsey e Skip Hadden. Ha partecipato alla trasmissione "Sanremo Jazz". Ha avuto grandi opportunità e ha dei ricordi meravigliosi.
L'intervista rivela una personalità ricca di cultura, di sensibilità e creatività. È un piacere leggerla! L'ho intervistato con grande interesse.
Quando hai scoperto di voler diventare artista?
Non credo che ci sia qualcuno che “sceglie” di diventare artista, penso, invece, che, ad un certo momento della tua vita, ti accorga che parlare attraverso il linguaggio dell’arte, per comunicare le tue sensazioni, sia la cosa più spontanea e naturale. Nell'adolescenza ben presto compresi come la mia strada fosse segnata dai linguaggi della musica e della pittura e così proseguii gli studi musicali, frequentando il Conservatorio ed artistici sotto la guida di mio padre, pittore per diletto, ma uomo di grande cultura e talento.
Come ti sei avvicinato al mondo dell’arte?
Le mie prime esperienze legate al mondo dell’arte risalgono a quand'ero bambino. Mio padre acquistava libri e riviste sull’arte, che poi mi leggeva e spiegava con l’intento di sensibilizzarmi nei confronti di questo mondo; le cose che più mi spingeva ad apprezzare riguardavano l’arte del passato ma, soprattutto, la produzione dei grandi Maestri dell’ Ottocento e Novecento. Ero particolarmente attratto dal modo in cui sapeva dare vita ad un’immagine con pochi tratti e, spesso, mi mettevo accanto a lui, che mi lasciava disporre dei suoi materiali, per provare a mia volta l’emozione della magia del colore.
Che tipo di pittura è la tua?
Da numerosi anni dipingo quasi esclusivamente con la tecnica dell’acquerello. Per diverso tempo, da giovane, ho sperimentato le varie tecniche grafiche e pittoriche, privilegiando la pittura ad olio ed ottenendo, con essa, numerose soddisfazioni in premi e riconoscimenti.
Dagli anni Ottanta ho scoperto, grazie all’incontro con un bravissimo artista dell’acquerello, come questa tecnica mi fosse particolarmente congeniale per le sue peculiarità: la trasparenza dei colori, la continua sorpresa dell’interazione tra pigmento ed acqua ma, soprattutto, il pensiero che sta a monte di questa tecnica: dipingere ad olio, a tempera, o ad acrilico oppure disegnare con pastelli e varie tecniche simili, comporta cercare delle soluzioni durante il percorso, che comunque non impediscono di ritornare indietro e riprendere o rifare completamente qualcosa già fatto che non soddisfa pienamente il tuo obiettivo; dipingere ad acquerello, vuol dire immaginare già dall’inizio il percorso da seguire, i toni, le intensità dei colori e, soprattutto, i bianchi della carta stessa, che rappresentano il respiro di questa tecnica pittorica.
In poche parole si deve imparare a riflettere e sintetizzare prima di iniziare a lavorare. Questa pittura è assai difficile da correggere e non permette alcun ripensamento, se poni un colore potrai soltanto intensificarlo ulteriormente, ma non più variarne completamente il tono. La cosa più affascinante rimane sempre il gioco tra i colori e l’acqua, effetti imprevedibili anche per chi è esperto di questa tecnica, che dipendono dalla carta, dalla temperatura, dal tipo di pigmenti e che non mancano mai di creare piacevoli sorprese sia al fruitore dell’opera che all’esecutore stesso.
Cosa ti ha spinto a scegliere i soggetti e le tematiche?
Credo che ogni artista, in modo consapevole o no, rappresenti sempre ciò che fa parte del suo mondo interiore che, inevitabilmente, è condizionato dalle esperienze di vita e dalle conseguenti sensazioni, emozioni e sentimenti. Parafrasando, si potrebbe dire che si dipinge ciò che si è e si conosce. La mia realtà mi ha condotto, fin da bambino, sulla via della musica e credo sia naturale che spesso le mie scelte ricadano su temi musicali. Amo rappresentare momenti legati alla musica, emozioni dettate dalle interpretazioni dei musicisti che più ho amato, atmosfere di brani musicali o ritratti di personaggi, rappresentati con l’intento di narrare una postura, uno stile, un’atmosfera, uno stato d’animo del musicista.
Altri temi che amo raccontare con l’acquerello sono gli scorci paesaggistici, soprattutto urbani e architettonici, anche se talvolta sono affascinato dalle atmosfere rarefatte degli spazi aperti, sotto il sole, la pioggia o, ancor meglio, la neve e il mare. Un altro tema che affronto, ma più raramente, sono gli animali, ciò dovuto all’amore che provo per queste creature. Amo dipingere cavalli nei contesti più disparati, soprattutto nelle corse in cui il movimento, la bellezza dell’animale, unita alla sua forma armonica e ai colori sgargianti dei fantini, mi trasmettono quell’eleganza e quel dinamismo che è un po’ la chiave della mia ricerca artistica. Altri animali che ho rappresentato sono quelli che mi hanno fatto compagnia negli anni, coloro a cui ho affidato il mio più profondo affetto e ai quali ho cercato di dichiarare loro il mio amore attraverso la pittura.
Quali significati vuoi rappresentare nelle tue opere?
Ritengo che ogni opera debba avere un suo significato, secondo il soggetto, lo stato d’animo e tutte quelle connotazioni che possono essere d’ispirazione al lavoro, ognuno “dipinge ciò che è” e credo fermamente che dietro ogni scelta, almeno da parte mia, ci sia sempre l’intento di approfondire la conoscenza di sé stessi attraverso l’analisi e la rivisitazione della memoria. Mi sono chiesto tante volte che cos’è che mi spinge a ritrarre una persona e credo che la risposta stia in quella scintilla emotiva che l’immagine del soggetto riesce ad evocare.
Quanto c’è della tua vita nelle tue opere?
Ogni scelta di soggetto ed ogni ricerca interpretativa è strettamente correlata al mio vissuto, passato o presente che sia e sottolineo come ogni lavoro mi spinga a conoscere meglio me stesso in quel magico rapporto tra ciò che ero, ciò che attualmente sono e le potenziali strade che si possono aprire per il futuro.
A quale corrente artistica ti ispiri?
Credo che la varie correnti artistiche del passato siano strettamente correlate a momenti particolari della nostra storia. Esse sono nate da esigenze precise di rappresentare una realtà concepita in diverse fasi della nostra evoluzione. Parlare di appartenenza, oggi, ad una corrente mi pare un concetto riduttivo in quanto ritengo che “l’Arte” attuale rappresenti a pieno la sintesi di tutti i movimenti del passato. Nel mio lavoro mi ritrovo spesso, dipingendo un ritratto o una figura, a pensare alla fisiognomica, agli studi di Leonardo e di quegli artisti rinascimentali che, attraverso la loro arte, cercavano il carattere e la spiritualità dei loro soggetti, ma nello stesso tempo non posso ignorare la lezione di Boldini, nel sottolineare l’eleganza del soggetto, o la sintesi poetica di De Pisis o, ancora, gli sguardi allusivi nei ritratti di taluni, a me cari, maestri piemontesi del primo novecento.
Dipingendo paesaggi è molto facile che il mio pensiero vada agli Impressionisti che cercavano la luce e l’atmosfera attraverso una ricerca cromatica e sintetica sul piano esecutivo, ma non per questo potrei definirmi impressionista! Kandinsky mi ha aiutato a comprendere e riflettere su tante cose nel mio percorso artistico. In conclusione ritengo di non potermi inquadrare in un determinato movimento, pur avendo assimilato l’essenza delle correnti artistiche del passato che, a seconda delle circostanze e delle scelte, mi inducono a procedere e ad affinare la mia personale ricerca interpretativa.
Come vedi il mondo dell’arte italiana? E quello estero?
In Italia, come nel resto del mondo, l’Arte è diventata una materia obsoleta, un fiore all’occhiello che si può tranquillamente cestinare, una cosa che non produce ricchezza (almeno in denaro!) e conseguentemente si investe molto poco su di essa. Penso che, se la situazione in Italia è quella che ho descritto, nel resto del mondo le cose non cambino di tanto. Ci sono Paesi, forse, in cui la sensibilità nei confronti dell’arte è maggiore, la Francia ed i Paesi del Centro Europa ne sono un esempio, tuttavia i valori umani e sociali impoveriti, i conflitti, la disuguaglianza della ricchezza mondiale e, soprattutto, l’idea che il valore di una persona sia equivalente al suo denaro, hanno fatto sì che l’Arte sia stata relegata ad un semplice ruolo marginale nella vita sociale, da noi e nel resto del mondo.
Cosa pensi dell’arte contemporanea, del mondo dell’arte, dei critici e dei curatori?
Credo che oggi stiamo vivendo una perfetta sintesi di tutto ciò che è stato il nostro passato. Da una parte ci sono artisti che, sulla via della sperimentazione, cercano nuove strade provando a stravolgere completamente le basi dei linguaggi, un po’ rifacendosi all’esempio dei movimenti storici del primo Novecento. Dall’altra parte stanno gli artisti che continuano ad esprimersi, con grande convinzione, utilizzando le modalità estetiche ed interpretative che si sono tramandate nei secoli di storia.
Per ciò che concerne i critici, ritengo che il loro ruolo dovrebbe essere retribuito da un’entità superiore come lo Stato; queste persone illuminate dovrebbero poter svolgere il loro lavoro liberamente, senza condizioni, liberi di poter elogiare o criticare, con le dovute motivazioni, un determinato lavoro. Oggi questi personaggi trovano sostentamento dagli stessi artisti per cui nasce inevitabilmente un conflitto.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Posso dire con certezza che, nonostante abbia già passato i settant’anni, sento ancora forte il desiderio di mettermi alla prova, di intraprendere nuove strade e trascorro spesso le giornate immerso nei miei studi. Dopo avere insegnato nella scuola pubblica per quarant’anni, ora, da pensionato, mi dedico completamente all’attività artistica che ho posto in primo piano trascurando in parte la musica. In questi ultimi anni ho tenuto vari stage, mostre e workshop all’estero, in buona parte dell’Europa, in Cina, in India e in diversi altri Paesi oltre l’Italia. Per il futuro credo che continuerò a viaggiare, sempre che le forze non mi abbandonino. Prossimamente sarò a Bologna, città che ospiterà l’evento “Fabriano in Acquerello”, dove terrò due incontri sul tema della figura femminile, successivamente sarò ospite a Frascati per un importante evento internazionale sull'Acquerello, insieme ad una ristretta cerchia di artisti da tutto il mondo poi valuterò i prossimi inviti ad eventi e mostre.
Quanto ti senti soddisfatto delle opere che realizzi?
Ogni lavoro parte da una scintilla emotiva, che nasce davanti ad un determinato soggetto e ciò rappresenta un piccolo passo verso la conoscenza di me stesso. Nel momento in cui termino un lavoro, sento il desiderio di andare oltre, percorrere nuovi sentieri, cercare di capire ancora di più ed è così che a lavoro finito, inizio a riflettere su tutte quelle considerazioni che non ho preso in esame e che mi danno la sensazione di aver creato un’opera non del tutto completa. Sebbene sul piano tecnico ritenga di avere acquisito un’ottima padronanza che mi permette un buon giudizio sulla realizzazione di un’opera, sul profilo espressivo e connotativo non arrivo mai ad avere una totale soddisfazione, ciò dovuto alle continue considerazioni che inevitabilmente mi pongo davanti all’opera finita. È anche vero che ci sono mille modi di osservare un’immagine e non è certo possibile raccontarle tutte condensandole in una sola!
Quali esposizioni ritieni più significative nella tua vita artistica?
Ho iniziato ad esporre nel 1978, da allora ad oggi ho partecipato a tantissimi eventi, mostre personali, collettive e concorsi, sia nazionali che internazionali, ho tenuto corsi, stage e workshop in tutto il mondo e credo che ogni esperienza sia stata per me motivo di crescita umana ed artistica. Tra le mostre più significative credo di dover citare l’esposizione che mi realizzò nel 1996 il Comune di Cherasco, il paese in cui abito, presso Palazzo Salmatoris, una sede storica che ha ospitato tutti i grandi maestri del ‘900. Fu pubblicato, per l’occasione, un bellissimo catalogo di cui furono acquistate numerose copie da vari amanti dell’arte.
Un’altra esperienza che ha indubbiamente contribuito alla mia formazione è stata in Cina. Nel 2017, insieme ad un’altra ventina di artisti da tutto il mondo, fui scelto per tenere dimostrazioni ad acquerello, nell’altipiano di Lushan, a circa duemila studenti cinesi di architettura. Di lì a poco mi organizzarono una mostra personale al “Dong Nan Art Museum” a Suzhou, un fastoso palazzo situato in una città definita la “Venezia Cinese”.
Un’altra esperienza che mi procurò una grandissima soddisfazione, fu nel 2021, quando mi classificai primo in un importantissimo concorso internazionale tenuto in Francia. Il titolo dell’evento era “Renaissance Watercolor”. C'erano oltre duemila partecipanti da tutto il mondo e quindi non mi facevo illusioni, ma presto ricevetti un messaggio in cui mi annunciavano la mia classifica al primo posto con un sostanzioso premio in denaro e la possibilità di partecipare gratuitamente ad altri eventi internazionali. Devo dire che avevo già vinto, negli anni precedenti, numerosi concorsi, ma classificarmi in un evento per soli acquerellisti in un ambito mondiale, mi procurò una soddisfazione impagabile! A ciò seguirono interviste e pubblicazioni sulle più prestigiose riviste che trattano questa tecnica le quali mi permisero di guadagnare maggiore credito nel mondo del “pigmento e acqua”.
Consiglieresti a un giovane artista di intrapredere questa carriera?
Sono convinto che nulla, come l’Arte, possa procurare tante soddisfazioni a chi la pratica. Essere artista significa poter parlare liberamente di ciò che ti sta a cuore, significa stabilire una propositiva comunicazione con il mondo intero, significa sentirsi vivi tra le persone. Per queste ragioni credo che consiglierei ad un giovane di intraprendere questa strada ma, se penso a quanto possa essere difficile sbarcare il lunario con l’Arte, il consiglio che potrei dare è sì di prevedere la possibilità di integrare un guadagno mensile che possa consentire di non intaccare la propria libertà di espressione artistica: l’artista oggi non può contare su un reddito sicuro con la sola Arte.
Quali sono i tuoi artisti preferiti e perché?
Credo che ogni artista, durante il percorso della sua vita, abbia avuto degli “innamoramenti” nei confronti di altri artisti che in qualche modo hanno rappresentato un valido esempio a cui ispirarsi, così è stato anche per me. Ricordo che da ragazzino mio padre mi aveva influenzato con il suo amore nei confronti di Renato Guttuso, un artista siciliano che, con colori accesi, tratti di grande forza e spontaneità, aveva documentato diversi momenti della Resistenza Partigiana. Nei suoi lavori, si percepiva una drammaticità per me inedita che mi spinse a studiarlo a fondo e mi resi conto in quel momento come l’Arte potesse essere veicolo di dolore oltre che di bellezza.
Proseguendo con gli studi mi avvicinavo ai lavori del ‘500 e ‘600 dove le figure erano cariche di umanità e proporzioni. Fra i numerosi artisti di quel periodo, oltre a Caravaggio, oggetto di studio di tutti gli artisti, mi avvicinai a Bernardo Strozzi, un pittore genovese nato alla fine del Cinquecento. Nel periodo in cui frequentavo gli eventi di pittura estemporanea, fui attratto da un altro grande artista italiano del primo Novecento, Filippo De Pisis, e accanto a lui mi interessai ad un altro artista suo contemporaneo, Giorgio Morandi; da lui imparai ad osservare le forme dei vuoti e migliorai sul piano del disegno e della composizione. C’è ancora un artista nel mio cuore, un personaggio che ho sempre ammirato fin dalla giovinezza: Pietro Annigoni. Credo che rappresenti il perfetto anello di congiunzione tra il nostro passato ed il presente.
Quali artisti contemporanei secondo te passeranno alla storia?
Sono convinto che il tempo e la storia setacceranno gran parte dell’Arte e dei tanti pseudo movimenti fioriti nella nostra contemporaneità. Credo che gli artisti che rimarranno nella memoria saranno coloro che hanno fatto tesoro della lezione de passato per raccontare il loro pensiero, il loro punto di vista sulla vita attuale, fornendo in questo modo una sorta di continuità storica. Si ricorderanno inoltre taluni artisti che, attraverso linguaggi completamente nuovi, hanno creato una denuncia, talvolta una vera e propria provocazione, nei confronti della situazione contemporanea.