In questo racconto riporto un articolo di Patrizia Poggi, promotrice di arte e di cultura e mia cara amica. L’intervento che riguarda il mio lavoro prende la via dell’incontro/confronto e del prendersi cura. In questa mia vita sconclusionata, dove la confusione non è più governabile e più che viva mi sento superstite, Patrizia Poggi trova la via dell’ordine. Con sapienza ricompone i tempi e il senso della mia ricerca per affiancarlo poi al “Magico Primario”, teorizzato nel 1980 dallo storico dell’arte moderna e contemporanea, Flavio Caroli.

Il Magico Primario nelle mie opere, a volte, prende il nome di Luogo degli Dei; siamo sempre alla ricerca dell’origine, a “quello che c’era prima”. Ma ciò che mi ha colpito nella scrittura di Patrizia Poggi è il desiderio di resuscitare, nel senso di vedere e fare vedere alle altre, agli altri e contemporaneamente di riportare in luce le relazioni. In me vede colei che vive nella e della creazione della natura: l’artista Terra, l’artista Pianta con le ramificazioni delle sue radici. E va oltre. Nelle Grandi Pagine e Tavole Botaniche, vede colei che in un atto ininterrotto, dipinge antiche parentele.

Ho citato Flavio Caroli e desidero riportare la poetica della sua scrittura con un breve brano ripreso dall’ introduzione alla mostra “Calendarium” (Maurizio Bonora, Mariella Busi De Logu, Manica Lunga Biblioteca Classense, Ravenna, 1988). Nella presentazione infatti risuona il mormorio dei secoli in cui tutto sopravvive e il suono della parola scritta è segnata da una verità profonda, che sta al di là delle immagini e che in esse si visualizza.

“Bisogna costruirle le immagini; accarezzarle; esercitarsi a renderle leggere, tenere e durature; perché le immagini sono gli anelli della catena; la catena che porta agli invisibili, intraducibili inizi. Nel viaggio verso gli inizi, a Ravenna, sotto cieli sublimi e disperati fra rare gemme e densissimi bricconaggi guasconi, agricoli, teatrantici e millemigliari, è possibile incontrare le divinità. Non rispondono ma capiscono. Posso dirlo, perché lo ricordo bene.”

In questa presentazione infatti risuona il mormorio dei secoli in cui tutto sopravvive e il suono della parola scritta è segnata da una verità profonda, che sta al di là delle immagini e che in esse si visualizza.

Ed ecco ora l’intervento di Patrizia Poggi Il Magico Primario di Flavio Caroli e Mariella Busi De Logu attinge a una visione poetica e arcaica del mondo legata alla natura e all'infanzia. L'artista descrive un approccio all'arte che riattiva un legame ancestrale con la natura, il sacro e il gioco, recuperando gesti primitivi e simboli universali. La sua ricerca artistica richiama il pensiero di studiosi come Ernst Cassirer sul simbolismo mitico e James Frazer, l'autore de Il ramo d'oro.

Il movimento Magico Primario teorizzato dallo storico e critico d'arte Flavio Caroli nel 1980 e formalizzato nel 1982 rappresentava una risposta artistica al clima culturale degli anni '80 caratterizzato dal desiderio di superare le astrazioni concettuali delle avanguardie per tornare a valori figurativi e archetipici. Gli artisti del Magico Primario rifiutavano il dogmatismo delle avanguardie storiche, proponendo invece un ritorno alla figurazione e alla tradizione artistica. Il movimento cercava di "rifondare l'arte moderna su valori concreti", recuperando esperienze figurative del XX secolo, ma senza rinunciare a un dialogo con il passato.

Il termine Magico alludeva alla ricerca di una nuova bellezza in contrapposizione alla freddezza dell'arte concettuale. Come spiegato da Flavio Caroli si trattava di "una nuova Bellezza e Seduzione dopo le astinenze del Concettuale". Il termine Primario si riferiva alla riscoperta di simboli e archetipi radicati nell'inconscio collettivo. Gli artisti esploravano temi primordiali come miti, memorie ancestrali o emozioni pure per creare un cortocircuito emotivo tra passato e presente.

Mariella Busi De Logu si inserisce nel contesto del movimento Magico Primario sebbene il suo percorso artistico sia molto personale e multidisciplinare.

Il movimento promuoveva un ritorno alla figurazione, al simbolismo archetipico e a una nuova bellezza seduttiva, tutti elementi che risuonano nella sua opera. La sua ricerca, pur spaziando tra pittura, scultura, Azioni e scrittura, condivide con il Magico l'uso di tecniche tradizionali (matita, inchiostro di china, acquerello, ferro, pietre, sassi, frammenti di specchio) per creare immagini evocative come nelle Tavole botaniche o nei disegni di Ravenna, che mescolano precisione rinascimentale e suggestioni poetiche e con il Primario la riscoperta di temi ancestrali come miti, natura e memoria, visibili in opere come "Il luogo degli Dei" o "L’Opera in Nero", dove il mosaico diventa metafora di frammentazione e ricomposizione identitaria.

Mariella Busi De Logu rilegge la storia dell'arte non con un approccio citazionista, ma introspettivo. Nella mostra "Nero scarlatto" del 2011 alla Biblioteca Classense di Ravenna fonde disegni di monumenti ravennati con elementi naturali, trasformandoli in visioni dinamiche e oniriche. Nelle Azioni che caratterizzano “L’Opera in Nero" alla Biennale di Mosaico 2023, esplora temi universali come la morte e la rinascita, allineandosi alla ricerca di archetipi tipica del movimento Magico Primario.

Negli anni ’80, Mariella Busi De Logu si imbatte in un libro sulla civiltà Nazca, rimanendo colpita dal mistero e dalla potenza visiva dei loro geoglifi: figure tracciate nel deserto. Questa scoperta influenzò il suo lavoro, portandola a sperimentare tecniche innovative: inizia ad utilizzare fogli di acetato e inchiostri di china per rielaborare gli animali simbolici dei Nazca: scimmie, balene, pesci, colibrì, ragni, cercando di "far convivere materiali quasi impossibili". Crea opere come "Il luogo degli Dei" e “Gli Scudi” dove il nero e il bianco richiamano la dualità tra caos e ordine, simile alla relazione dei Nazca con il deserto e il suo gesto artistico diventa atto magico e di protezione. “Gli Scudi” sono un’opera polifonica che unisce arte, storia e impegno civile, tipica della sua poetica, dove ogni elemento diventa un tassello di memoria collettiva.

I Nazca tracciavano figure legate a rituali cosmologici; similmente, Mariella Busi De Logu esplora temi ancestrali come la Memoria e l’Assenza. Nei suoi Manoscritti unisce scrittura e immagini, evocando codici miniati e tavole botaniche, in un dialogo tra passato e presente, dove indaga il tempo, la fragilità e la resilienza; esponendo in spazi non convenzionali (es. biblioteche, librerie, pinete, spiagge, argini d fiumi), per creare un dialogo con il contesto storico e ambientale.

Il sacro e la natura: progetti come "Gli alberi erano Dei", azione nella pineta di Classe di Ravenna distrutta da un incendio doloso, riflettono una visione ecologica e spirituale, parallela al culto Nazca per l’acqua e la fertilità. Come i Nazca rimuovevano strati di pietra per creare i geoglifi, Mariella Busi De Logu descrive un processo artistico ciclico di "nero, bianco e di nuovo nero", dove la materia (polvere, acetato) diventa traccia di un rituale. Ne "L’Opera in Nero" (2023), lavora sul mosaico pavimentale di Mimmo Paladino per rappresentare la decomposizione e la rinascita, metafora della fragilità umana e della resilienza, tema vicino alla simbologia Nazca di rigenerazione.

Per l’artista, il Magico Primario è "restituire alla materia la sua voce segreta", un ponte tra umano e cosmico. Le sue opere non si guardano, si abitano, come un bosco o un giardino incantato.

Mariella Busi De Logu si distingue per l'attenzione alla dimensione femminile con progetti come "La rosa di Ildegarda von Bingen" o "Giuliana Anicia", recuperando figure storiche di donne dimenticate con immagini e testi calligrafici, unendo Magico Primario e femminismo. La sua idea di arte come oikos (casa sicura) aggiunge una prospettiva ecologica e relazionale assente nel movimento.

Mariella Busi De Logu, pur aderendo al Magico Primario per la sua ricerca di bellezza simbolica e archetipica, lo supera con un linguaggio originale, che include Azioni, pittura, scultura, scrittura e impegno sociale.

Per Flavio Caroli il movimento Magico Primario era un "sintomo di autenticità", una reazione vitale alla sterilità concettuale, un tentativo di riconnettere l'arte alla dimensione del sacro, del bello e dell'umano, in un'epoca dominata dalla frammentazione postmoderna. Mariella Busi De Logu riesce a sviluppare i princìpi in modo autonomo, con un’immersione nel simbolismo e nel mito attraverso un linguaggio figurativo raffinato capace di sviluppare un dialogo emotivo tra passato e presente. Le sue opere non si guardano, si abitano, come un bosco o un giardino incantato.

Mariella Busi De Logu, attraverso progetti come "La rosa di Ildegarda di Bingen" e "Giuliana Anicia", costruisce un ponte tra l'arte del Magico Primario e una rilettura “al femminile” della storia riportando alla luce figure di donne marginalizzate, come Ildegarda von Bingen, mistica e scienziata medievale e Giuliana Anicia, mecenate bizantina, con un linguaggio artistico che combina calligrafia, immagini simboliche e installazioni. La sua ricerca non è solo una celebrazione, ma una riparazione storica, che restituisce voce e visibilità a donne che hanno sfidato i limiti del loro tempo. Busi De Logu adatta questa ricerca all'universo femminile, utilizzando simboli primari come la rosa, il bestiario, le lune per esplorare temi come la spiritualità, la cura e la creatività femminile. Le sue opere diventano così un "Luogo degli Dei" contemporaneo, dove il sacro si incarna nella storia delle donne.

Azioni come "Gli Alberi erano Dei" realizzate nella Pineta di Lido di Dante di Ravenna incendiata dolosamente o le mostre in biblioteche rinascimentali mettono in evidenza un dialogo tra corpo femminile, natura e memoria storica, superando la separazione tra arte e contesto. Il suo lavoro non aderisce a un femminismo dichiaratamente antagonista, ma ne incarna i fondamenti in modo poetico e visionario. Richiamando Ildegarda von Bingen o Giuliana Anicia, l'artista sottolinea come la libertà femminile passi attraverso l'arte, la conoscenza e la disobbedienza a modelli imposti. L’artista evidenzia come l'arte possa essere uno strumento di resistenza culturale, unendo la forza archetipica del Magico Primario alla lotta per “una storia e un presente plurale”. Il suo messaggio è chiaro: riconnettere passato e presente per immaginare un futuro dove le donne non siano più "pesci fuor d'acqua", ma protagoniste di un racconto collettivo.