L’ingegnoso hidalgo don Chisciotte della Mancia è certamente una delle opere letterarie più famose di tutti i tempi. Nato come parodia dei romanzi cavallereschi, il Don Chisciotte li soppianta per fama. Lo strambo e dinoccolato nobiluomo spagnolo che trasfigura, con esiti comici, la realtà quotidiana in avventure fantastiche, che scambia i mulini a vento per giganti e greggi di pecore per armate saracene, è oramai più archetipico di Orlando e Lancillotto. E così il suo scudiero, il prosaico Sancho Panza, personaggio picaresco misto di buonsenso terra terra e voglia di mangiare, perfetto contraltare del suo signore, è diventato archetipo immortale.

Il capolavoro cervantino ha gettato un seme duraturo e possiamo dire che tutte le coppie letterarie siano un poco figlie di don Chisciotte e Sancho Panza: anche Sherlock Holmes e il dottor Watson risentono, persino nella descrizione fisica, dei due eroi di Cervantes. Ma forse alcune delle più interessanti filiazioni del Don Quijote le ritroviamo nel cinema italiano degli anni d’oro.

L’armata Brancaleone di Mario Monicelli è certamente il film che più apertamente richiama il Chisciotte. Il protagonista, Brancaleone da Norcia, è quasi una parodia di do Chisciotte: destino curioso per un personaggio concepito sin dalla nascita come parodia. Vittorio Gassman, che interpreta Brancaleone, ha il fisico di don Chisciotte e ne ha anche la comica prosopopea: cavaliere da quattro soldi che si mette alla guida di un gruppo di disperati per conquistare il feudo di Aurocastro, minacciato dai pirati saraceni.

Quello che però distingue Brancaleone da don Chisciotte è la sincerità. L’eroe di Cervantes, pur nella sua comicità, è un idealista, è generoso sino alle conseguenze estreme. Don Chisciotte ci crede realmente in quel codice cavalleresco, che era più romanzato che reale. Brancaleone, che non è un “anacronistico” come l’hidalgo della Mancha ma un cavaliere che vive in pieno Medioevo, è invece un misto di finto idealismo cavalleresco e reale opportunismo. Vuole combattere per il feudo di Aurocastro non per generosità, ma perché in questa maniera può sistemarsi come signorotto feudale. Brancaleone è un donchisciotte molto “italiano”, uno straccione che vuole darsi alla scalata sociale quando l’originale don Chisciotte, nobile decaduto, mantiene tutto sommato la dignità dell’hidalgo spagnolo.

Ma il Quijote non si riverbera, per quanto riguarda il cinema di genere italiano, solo nella commedia di Monicelli. Esiste un altro genere pesantemente influenzato dall’opera cervantina, ed è lo Spaghetti Western. Il western è di fatto una versione moderna del romanzo cavalleresco. I western classici americani trasfiguravano la figura del cowboy e del pistolero alla stessa maniera in cui nei romanzi arturiani veniva trasfigurata la figura del cavaliere, spesso personaggio molto meno nobile dei Lancillotto e dei Parsifal. Lo Spaghetti Western italiano smitizza la figura del cowboy in una maniera simile a quella con cui Cervantes smitizzò la figura del cavaliere errante.

Ma diversi western all’italiana presentano una coppia simile a quella, immortale, di don Chisciotte e Sancho Panza.

Nel film più noto di Sergio Leone Il Buono, il Brutto, il Cattivo la coppia rappresentata dal Biondo (Clint Eastwood) e Tuco (Eli Wallach) ha molto in comune con i due eroi cervantini: il Biondo è sì un cacciatore di taglie solitario apparentemente senza morale, ma in più di un caso mostra una certa generosità sconosciuta in quel mondo brutale: è un cavaliere errante in poncho e colt. Tuco il messicano è un personaggio molto più prosaico, affamato di soldi e capace anche di colpi bassi, ma tuttavia con un aspetto comico che lo rende simile a Sancho, e anche con una storia di fame alle spalle che giustifica la sua condotta, come Cervantes giustifica l’eterna fame dello scudiero. L’ambientazione nelle assolate zone ispanofone degli Stati Uniti rende la parentela col Quijote più stretta, e non a caso Leone girava questi western in Spagna, patria dell’ingegnoso hidalgo. Ancora più evidente il rapporto tra western italiano e Don Chisciotte è ancora più marcato in un altro film di Leone, Giù la testa.

La coppia formata dall’idealista irlandese Sean Mallory (James Coburn) e il messicano Juan Miranda (Rod Steiger) pare la reincarnazione di don Chisciotte e Sancho Panza nel contesta della rivoluzione messicana. L’iralndese è la riproduzione fedele, fisica e morale, dell’hidalgo cervantino mentre Miranda è un Sancho perfetto, soprattutto quando smonta al suo compagno tutte le belle idee utopistiche che ha sulla rivoluzione. I nuovi romanzi cavallereschi sui quali si forma il Chisciotte western sono i testi utopistici di Marx e Bakunin. Il sottogenere degli Zapata Western riproporrà coppie simile a don Chisciotte e Sancho in contesti rivoluzionari. E forse anche Trinità e Bambini, Terence Hill e Bud Spencer, sono l’ennesima riproposizione western degli eroi della Mancha.

Senza quello strambo cavaliere che lottava contro i mulini a vento quante cose non sarebbero mai nate.