Oh se potessi rinascere un’altra volta!

(Collodi, Le avventure di Pinocchio)

Oggi che la percezione del messaggio cristiano viene ridotta massmedialmente e socialmente ad una sorta di sentimentalismo televisivo appare urgente ed attuale fissare l’attenzione di nuovo ad un nucleo della novità cristiana incentrato invece, nella realtà dei testi dei Vangeli, non sulla celebrazione della moderazione ma sull’esaltazione della volontà personale. L’essenza della rivoluzione cristiana, cioè ciò che differenzia il Cristianesimo da ogni altra religione e introduce una cesura nella storia umana tra un “prima di Cristo” e un “dopo Cristo” può essere colta in alcuni passaggi vangelici che i cristiani e la stessa la pastorale ecclesiale tendono a dimenticare. Il Cristianesimo si pone quale annuncio di una persona: Gesù Cristo, che annuncia chiaramente e con forza una novità data come assoluta: “Il Regno di Dio è da dentro di voi”(Luc. 17,21). A chi gli chiedeva quando venisse tale Regno, di cui sentivano Gesù parlare spesso il Maestro risponde in modo fulmineo, inaudito, spiazzante spiegando che il “Regno di Dio”, cioè l’Assoluto, la condizione di vita divina e umana nel contempo, la dimensione eterna dell’Emmanuele, cioè del “Dio che pone la sua tenda tra gli uomini”, una realtà dove la deificazione dell’uomo incontra l’avvicinarsi di Dio nella carne con cui si incrocia, ebbene tale Regno che Cristo annuncia continuamente non è dato quale ideale lontano o meta ascetica o fenomeno storico, effimero, transuente, o bene dato per pochi eletti ma quale realtà già presente “entos”, cioè “dal di dentro” di coloro che ascoltano tale annuncio che è il Cristianesimo.

Prima ancora di essere percepibile quale dimensione sociale il Cristianesimo quale kerigma, annuncio, si offre quale status personale, intimo, invisibile ma concretamente e individualmente attivabile. Due altri passaggi sono illuminanti in questo senso. Quando Cristo compie dei segni di guarigione, dei miracoli, non celebra in quel momento la grandezza di Dio ma esalta la volontà di guarire del singolo, prima malato e ottenebrato e ora guarito e risvegliato, uomo nuovo a partire dall’incontro con il Cristo stesso. “Và, la tua fede ti ha salvato” (Mc.10,52), ripete spesso il Maestro. La volontà individuale è posta dai Vangeli al centro dell’esistenza quale valore fondamentale, decisivo, insieme all’immagine analoga e speculare del “cuore”, non a caso immagine spirituale che indica non il sentimento ma la volontà umana. Gesù è colui che conosce cosa c’è nel cuore dell’uomo (Gv.2,25). Il “tesoro” della vita, cioè il massimo Ideale per cui dare tutto, viene riportato dai Vangeli all’interno, dentro il “cuore” dell’uomo, di ogni singolo (Luc.12,34). Possiamo dire che il cuore stesso, cioè l’abisso dell’intimità interiore umana, diventa “il tesoro”, il “campo”, la “rete”, il “lievito” cioè la sede del Regno di Dio.

Le immagini che il Cristo usa per parlare del Regno di Dio sono tutte infatti immagini immersive e interiori che indicano un “qualcosa che già esiste” ma nascostamente, occultamene, in forma latente. E’ la volontà del singolo che può attingere a questa “perla sepolta”, che può conquistare il Paradiso (Mt.13,44-46,). Nello stesso tempo il cuore-Regno è questione di scelta, di discrimine fra luce e tenebra come l’immagine della rete e della cernita dei pesci indica chiaramente (Mt.13, 47.48). Il tema del Paradiso quale conquista non è problema interpretativo o bizzarria di qualche ermeneuta ma chiarissimo insegnamento vangelico: “dai giorni di Giovanni il Battista ad oggi il Regno dei cieli preme e i volenti (i vivi) se ne impadroniscono” (Mt.11,12.13). La frase successiva “spiega” questa espressione indicando il tempo profetico e lo spirito igneo di Elìa quali segni del Tempo Nuovo, dell’Ora, dell’Oggi quale pleroma che Cristo annunzia e che Cristo incorpora.

La “violenza” quale impazienza di Dio contro il sonno mortifero umano. Qui la parola chiave è “bios” che indica nella sua radice sia la vita che la violenza (bia), cioè una scelta radicale, fulminea, totale, folgorante. Da una parte il Regno di Dio che biazetai, cioè “preme”, scalpita, prorompe, dall’altra chi possiede bios che lo conquista. È la stessa violenza-vita che accompagna l’alfa e l’omega della vita terrena, paragonata da San Paolo ad uno “stato di gestazione”: la nascita e la morte. Simile ignea immagine la troviamo in un bellissimo discorso di un altro spirito di fuoco: Bernardino da Siena che paragona l’entrata in Paradiso ad una conquista militare di una città: la Gerusalemme celeste. Lo stesso Giovanni parla di un “entrare nello Spirito” quale movimento dotato di una sua fisicità integrale quando descrive l’inizio della sua Rivelazione (Ap.1,10). La visione giovannea non è solo un dono divino dall’alto ma è un’esperienza viva dello stesso Giovanni che si muove dentro questa visione e la vive.

La bia è la vis, il vigore delle cose e dell’esserci, quella dynamis primigenia in cui risiede il Regno di Dio secondo l’annuncio cristico di Paolo, spesso mal tradotto dal greco e mal interpretato. Il Cristianesimo celtico medioevale ben conosceva questo sentire originario e insegnava preghiere speciali chiamate “loricae”, cioè: armature, che dovevano intessere una veste invisibile ma reale di protezione attorno all’animo. Oggi invece il nucleo eterno che c’è dentro l’uomo, territorio e segno dell’annuncio cristico e vangelico, viene declinato sempre in senso passivo-femmineo quale “anima”, cioè parte interna (fisicamente come il midollo osseo) cioè quale “accoglienza di un vento, di un animus, mentre il Vangelo possiede una percezione più simile al termine “animus”, cioè animo, vento esso stesso e non sua secondaria e ancillare accoglienza. Tu devi essere vento, sovrano e libero, sembra dirci continuamente il Vangelo, non passare la vita aspettando refoli ignoti. L’insegnamento vangelico non è per la passività ma induce il sorgere di un rapporto attivo con la vita e il divino, di una scelta totale, radicale. Il kerigma di Cristo è vento impetuoso, come quello di Pentecoste, vento di fuoco, che mira a riattivare il fuoco profondo del cuore umano: sono venuto a gettare il fuoco sulla terra e come vorrei che fosse già acceso (Luc.12,49). Immagine salutarmente violenta e radicale. Non c’è spazio per il compromesso: o ti fai fuoco cristico, e l’olio è segno igneo, oppure sei ancora morto.

Null’altro il Cristo chiede di accogliere: il mondo è schiavitù demonica, non serve: abbiamo già il fuoco divino sepolto in noi stessi. Oggi tragicamente il senso cristico e vangelico originario si stà perdendo nell’orgia nefasta della retorica dell’ “accoglienza” che rappresenta esattamente il contrario dell’insegnamento di Cristo che pone le immagini della spada e della luce quale combattimento contro il mondo e non sua accoglienza. “Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada. Sono venuto infatti a separare il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera: e i nemici dell'uomo saranno quelli della sua casa.(Mt.10,34)

Per violenta separazione Dio crea in Genesi: la luce dalle tenebre, l’acqua dalla terra, l’informe dalla forma, le acque superiori da quelle inferiori. L’unica accoglienza implicitamente richiesta dal Cristianesimo è l’ascoltare e vivere questo continuo eterno annuncio sempre fresco, giovane, ardente che è il Cristo e che occorre rianimi il cuore dormiente affinchè diventi sorgivo, libero, vivo. Se il cristiano non è un altro Cristo, non è cristiano. Non ci dice il Cristo riprendendo il Salmo 82 che ogni uomo è divino? Ripete il suo Paolo: di Dio siamo stirpe (Atti 17,28). Cristo ribadisce la divinità dell’uomo in risposta ai giudei che volevano lapidarlo in quanto lo ritenevano un bestemmiatore perché parlava di Dio come di suo padre. Cristo ribalta l’accusa mostrando l’ignoranza dei suoi accusatori in quanto hanno dimenticato come tutti gli uomini siano figli dell’Altissimo. Cristo non è venuto per creare una nuova categoria di uomini schiavi di altri uomini ma per unire il fuoco celeste al fuoco terreno in una via di liberazione, di nuova nascita. Qualcuno o qualcosa può regolare la nascita e la morte? Ecco la fede: è atto di volontà, voler essere uno, voler vivere e rinascere. Ierogamia ignea, fuoco al fuoco. Dio a Dio.