L’araldica rappresenta un linguaggio straordinario in quanto si rivela capace di sintesi narrative molto efficaci, veloci e profonde. Poche immagini che condensano intensi significati. Il blasone irradia sempre dei carismi antichi in modo silente tramite allusioni, giustapposizioni, risonanze.
Anche gli stemmi papali non fanno eccezione come l’affascinante araldica di Papa Leone. Una vera insegna parlante. Lo scudo è diviso in due: la parte superiore vede un giglio bianco su campo azzurro e la parte inferiore mostra il simbolo dell’Ordine dei Frati Agostiniani: un cuore fiammante trapassato da una freccia e posto sopra un libro. La prima parte sembra riecheggiare lo stemma comitale di Papa Leone XIII, proveniente dalla nobile famiglia Pecci, di origine senese, il cui stemma, nel ramo romano di Carpineto, mostrava dei gigli bianchi in campo azzurro. Nel contempo il segno del giglio e i due colori rinviano naturalmente alla spiritualità della Vergine Maria, per il senso di purezza proprio del fiore e per i due colori, tipici della consacrazione mariana.
Anche in questo Papa Leone XIV appare continuatore della devozione mariana del suo predecessore Papa Leone XIII che fu molto affezionato all’immagine miracolosa della Madonna del Buon Consilio di Genazzano, vicino a Roma, il cui santuario oggi è custodito dall’Ordine Agostiniano ed è stato visitato da Papa Leone il secondo giorno dalla sua elezione. Le vie dello Spirito non muoiono mai e ritornano sempre, con i loro tempi.
La parte inferiore dello stemma mostra fedelmente la continuità di Papa Leone con il proprio Ordine di appartenenza: l’Ordine dei Frati di Sant’Agostino. Un ordine di origine eremitica e toscana sorto nel 1244 e poi sviluppatosi congiungendo due carismi: contemplativo e missionario nel contempo. Gli elementi dello stemma agostiniano sono chiari, universali quanto specifici: il cuore fiammante del credente colpito dalla grazia dell’amore divino e il libro indicante le Sacra Scritture, la Parola di Dio che accende e cambia i cuori. Il fondo è del colore della luce.
La stessa iconografia del grande santo lo mostra spesso con un cuore in mano, frecciato e alzato verso l’alto. Ne troviamo molte conferme nella bella mostra documentale che si è tenuta nel novembre 2023 presso la Biblioteca Universitaria di Pavia in occasione dei 1300 anni dell’arrivo del corpo del santo a Pavia. Questa spiritualità del cuore e dell’illuminazione divina appare essenziale nell’opera del grande teologo romano-africano (Confessioni 8.12.29; 10.6.8; Commento al Salmo 44,16; e 137,2).
Le due parti dello stemma, complementari anche cromaticamente, sembrano parlarsi come in una sacra conversazione: charitas e logos, fede e intelletto, grazia e azione, la via di Marta e la via di Maria, cioè la parte attiva della vita congiunta a quella contemplativa.
Il motto in latino (in illo uno unum) riprende un passo del commento di Sant’Agostino al Salmo 127 ma nel contempo rinvia implicitamente al celebre passo del Vangelo di Giovanni dove Cristo prega il Padre per l’unità perfetta, trinitaria e teandrica: ut unum sint (Gv.17,21), titolo anche di un Enciclica sull’ecumenicità di Giovanni Paolo II.
Questo stemma così ricco e completo spiritualmente si incardina nella più tipica iconografia pontificale e petrina: le chiavi del Regno di Dio, una aurea e l’altra argentea, entrambe legate da un cordone porpora. Sopra una tiara identica a quella dello stemma di Papa Benedetto XIV la cui pontificalità, semplificata nelle sue tre fasce auree, rinvia al tradizionale triregno pontificio. Dalla tiara scendono tradizionalmente le due infule porpora frangiate d’oro e con due croci greche auree. La semplificazione della tiara pontificia decisa da Benedetto XVI evidenzia maggiormente la croce cristica al centro della tiara. L’argento e l’oro sono ripresi nella stessa tiara, ulteriore conferma della sua pontificalità.
Abbiamo quindi un blasone che sintetizza nel profondo i carismi di Leone XIII, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI insieme a quelli dell’Ordine agostiniano confermandoci come la tradizione, quella vera cioè vivente, sia sempre una sintesi di creatività, innovazione e profonda continuità. Il carisma di Sant’Agostino unisce infatti Papa Benedetto XVI, amante del santo d’Ippona, al primo Papa agostiniano. Papa Ratzinger era così appassionato di Sant’Agostino che mise una conchiglia nel suo stemma per ricordare la sua riflessione sul mistero della divina Trinità.
Un antico e celebre aneddoto collega l’immagine della conchiglia al grande teologo: un giorno, sant’Agostino in riva al mare (forse a Civitavecchia) meditava sul mistero della Trinità, volendolo comprendere con la forza della ragione. S’avvide allora di un bambino che con una conchiglia versava l’acqua del mare in una buca. Incuriosito dall'operazione ripetuta più e più volte, Agostino interrogò il bambino chiedendogli: «Che fai?» La risposta del fanciullo lo sorprese: «Voglio travasare il mare in questa mia buca». Sorridendo Sant'Agostino spiegò pazientemente l’impossibilità dell’intento ma, il bambino fattosi serio, replicò: «Anche a te è impossibile scandagliare con la piccolezza della tua mente l'immensità del Mistero trinitario». E detto questo sparì.
Una simile leggenda comparve, sotto forma di exemplum, in uno scritto del XIII secolo di Cesare d'Heisterbach. Questo prodigioso avvenimento è stato raffigurato in moltissime opere pittoriche da eccelsi artisti di diverse epoche, tra i quali spiccano il Botticelli, il Lippi e il Rubens. Uno stemma quello di Papa Leone quindi ricco, vitale, traboccante che apre il futuro di tutti alla speranza trasmettendo energia, equilibrio e serenità.