La 59a Biennale Internazionale d’Arte di Venezia, curata da Cecilia Alemani, che alzerà il sipario il prossimo 23 aprile, ha preso il titolo da un romanzo: The milk of dreams, il latte dei sogni di Leonora Carrington. E non è casuale che proprio la direttrice artistica dell’esposizione sulla quale si misura l’evoluzione dell’arte contemporanea, abbia scelto proprio la scrittrice e pittrice britannica.

Figura anticonformista intrisa di un femminismo ante litteram, Carrington ha dovuto lottare in prima persona per affermare la sua identità di artista e di donna libera. Natali alto borghesi da parte di padre, un ricco industriale e aristocratici da parte di madre di origine irlandese, Carrington nasce nel 1917 a Lancaster e morirà nel 2011 a Città del Messico dove visse la seconda parte della sua vita. Insofferente alle regole della buona società inglese, Carrington ricevette un’ottima educazione, tuttavia rimase sempre la ragazza ribelle che contestava le regole, il cui rendimento scolastico lasciava a desiderare. Probabilmente per una forma dislessia che le rese difficile apprendere e ottenere buoni risultati. Malgrado ciò, Leonora sa coltivare e alimentare una vena artistica assolutamente originale.

L’amore per la natura e gli animali caratterizzano i suoi primi tentativi pittorici accompagnati dalla scrittura di racconti che vedono protagoniste giovani donne che non si arrendono alle convenzioni, ma che vivono un tutt’uno con l’ambiente naturale che le circonda. Dopo una parentesi a Firenze in cui la giovanissima Carrington impara ad apprezzare l’arte rinascimentale italiana, il ritorno nella natia Gran Bretagna la vede nuovamente scontrarsi con il milieu famigliare. S’iscrive, quindi, alla Chelsea School of Art di Londra. Ma anche in questo caso le sue ambizioni vengono frustrate da regole che non riescono a imbrigliare la sua naturale insofferenza.

Fondamentale per la sua evoluzione artistica sarà l’incontro con il nascente Surrealismo negli anni ‘30 e soprattutto la relazione con Max Ernst. L’incontro tra i due avviene a una mostra a Londra, la differenza d’età non impedisce lo scoccare della scintilla. Per Carrington si tratta di un vero e proprio colpo di fulmine, la ragazza ha 19 anni ed Ernst 46, il rapporto si fonda su una profonda sintonia artistica e il maestro del Surrealismo darà alla giovane Leonora le direttive per esprimersi come artista e come donna. Malgrado il personaggio sia ingombrante per atteggiamenti e infedeltà, gli anni trascorsi insieme sono un viatico necessario nell’arte e nell’amore.

Inutile sottolineare come il rapporto con Max Ernst sia il frutto di una dipendenza totalizzante in cui emerge prepotente la figura paterna e autoritaria. Un aspetto che la stessa Carrington non nasconde e avrà modo di ribadire: “Una relazione d'amore – ha avuto modo di spiegare - implica sempre un rapporto di dipendenza. Penso che molte donne - dovrei dire persone, ma in realtà sono quasi sempre le donne la parte dipendente - siano fin ora state schiacciate, forse addirittura annientate da questo tipo di dipendenza”.

Questo aspetto del legame con Ernst si appalesa quando allo scoppio della Seconda guerra mondiale, l’artista viene fatto prigioniero e rinchiuso in un campo di concentramento. L’equilibrio mentale di Carrington vacillerà proprio a causa di questa relazione viscerale, proprio a causa di questo trascorrerà alcuni anni un ospedale psichiatrico.

L’esperienza della malattia e del ricovero saranno oggetti di alcune sue riflessioni raccolte in Down below, pubblicato nel 1944. La svolta per Leonora sarà l’incontro a Lisbona con il diplomatico Renato Leduc e la decisione di trasferirsi in Messico, nel frattempo ha l’occasione di esporre i suoi quadri a New York e di ricevere apprezzamento e interesse dalla comunità intellettuale statunitense e messicana dove le saranno commissionati importanti lavori.

Il matrimonio con Leduc non funziona e qualche anno dopo la pittrice incontrerà il fotografo Emerico Imri Weisz dal quale avrà due figli. Sarà proprio l’esperienza della maternità e l’affermarsi del suo talento di pittrice a rendere prolifica la produzione di Carrington. E qui entra in gioco il libro The milk of dreams che dà il titolo alla Biennale Arte 2022. Per comprendere la genesi di questo splendido libro, bisogna entrare nella poetica artistica di Leonora. Il surrealismo con il suo carattere onirico e psicanalitico pervade la ricerca dell’artista che raffigura un mondo animale e femminile in continuo dialogo. Figure animalesche cariche di simboli e immagini femminili che rasentano lo spavento e che, in realtà, custodiscono un’innocenza primordiale.

Come avviene nel libro di Carrington Il latte dei sogni, nato dall’esigenza di tranquillizzare i propri figli dalla paura che incutevano i disegni di Leonora che tappezzavano le pareti della sua casa in Messico. Per questo mamma Leonora decise di scrivere storie fantastiche e divertenti che avessero come protagonisti i personaggi dei suoi disegni, un lavoro che raccolse in un quaderno che divenne molti anni dopo un libro di successo. La scelta della curatrice della Biennale Arte di Venezia targata 2022 nasce dal desiderio di portare questa magia nelle sale e nei padiglioni dell’esposizione d’arte più visitata al mondo.

“L’artista surrealista – spiega Cecilia Alemani - descrive un mondo magico nel quale la vita è costantemente reinventata attraverso il prisma dell’immaginazione e nel quale è concesso cambiare, trasformarsi, diventare altri da sé. La mostra propone un viaggio immaginario attraverso le metamorfosi dei corpi e delle definizioni dell’umano”. Una metamorfosi del corpo, della mente e del cuore che ha attraversato la donna e l’artista Leonora Carrington.