Un legame particolare vincola la donna alle scarpe. Questa pare essere una affermazione superficiale se non indagata. E d’improvviso veniamo catapultati in quello che in molti definiscono mondo effimero: ebbene nulla è un caso e nulla è superficie. Ogni fatto, o presunto tale, nasconde segreti e si avvale di senso. La realtà creata si fonda sul simbolo: segno primigenio che conferisce luce alla realtà… quindi per scoprire l’atavico legame tra il femminile e le scarpe dovremmo addentraci in un mondo di archetipi da cui originano simboli e significati, attraverso allegorie fantastiche.

Le fiabe sono giustappunto scrigni che nascono dall’inconscio collettivo e ci donano l’origine del senso celato. E parlando di scarpe e femminile, dovremmo chiederci: qual è il più celebre racconto popolare che narra tale legame?

Naturalmente Cenerentola! Ma non siamo ancora nella vecchia Europa, bensì in Egitto, probabilmente intorno al VII-VI secolo a.C. Questa è forse la fiaba da cui successivamente sono state elaborate le diverse versione che conosciamo, fiaba popolare, animata dall’attento Walt Disney negli anni ’50 dello scorso secolo, facendola divenire una delle più conosciute a livello mondiale. L’origine di tale fiaba, ci riporta nella terra dei Faraoni.

La bella Rodopi ovvero “viso di rosa” si stava facendo il bagno all’aperto, sopra di lei il cielo terzo e l’aria calda della terra d’Egitto. D’improvviso un falco scese in picchiata e le rubò un sandalo. Il rapace volò via, portando il “tesoro” fino a Menfi, dove Psammetico, uno dei tre faraoni della XXVI dinastia egizia, si stava occupando di faccende politiche.

Mentre era distratto da noiosa burocrazia, il falco, giunto presso il suo palazzo, fece cadere sul suo grembo il sandalo rubato a Rodopi. Il faraone rimase immobile, poiché quello gli parve chiaro segno divino. In preda a tale rivelazione, ordinò che fosse subito trovata la giovane cui apparteneva l’affascinante calzatura dalle perfette dimensioni. Dopo alcune ricerche, la bella fanciulla fu rintracciata. I due convolarono a nozze sacre, ed il Faraone ne fece una regnate, mutando così la sua condizione di schiava. È la nobiltà e purezza d’animo che viene riconosciuta dal Faraone-Principe. Solo colei che è degna potrà indossare quelle perfette proporzioni! La scarpa è quindi, nella simbologia della fiaba, la forma esteriore dell’interiorità femminile. Così come nella storia di Cenerentola.

La conosciamo grazie a Charles Perrault e i fratelli Grimm; vi è però una versione meno nota al grande pubblico, da cui quasi certamente hanno attinto gli scrittori europei. Fiaba partenopea densa di allegorie e incanto. A narrarla è Giambattista Basile.

L’autore ci regala una versione che ci immerge nell’inconscio popolare, ed in cui la scarpa è l’anima della donna che la indossa: Zezzola, chiamata Gatta Cenerentola. Giovane dal cuore puro, costretta dalla matrigna ai lavori domestici e vessata dalle sei figlie della stessa. In questa storia di grande sapienza e pregna di valenza simbolica, ancora una volta sarà la bontà d’animo a riscattare dalla sua condizione, la giovane maltrattata.

Narra Basile che neanche il padre, sangue del suo sangue, la teneva più in considerazione, così che quando partì per un viaggio di lavoro chiese alle sorellastre cosa desiderassero al suo ritorno. Vestiti eleganti, trucchi, nastri. Zezzola gli disse: “Nient’altro se non che mi raccomandi alla colomba delle fate, che mi mandi qualcosa…”.

Il padre dimenticò di farlo, privilegiando le frivole richieste delle figliastre. Fu così che il fato benevole s’accorse della fanciulla. Mentre l’ingrato genitore si imbarcò per fare ritorno a casa, il vascello si ancorò al porto. Il capitano dell’imbarcazione cadde in un sonno profondo e gli apparve una fata. Gli parlò della giovane e della mancata promessa. Fu così che il capitano raccontò il sogno al padre di Zezzola. L’uomo, si recò subito presso la grotta delle fate per raccomandare loro la figlia e farle qualche dono. Fu così che Zezzola detta Gatta Cenerentola ricevette un dattero, una zappa, un secchietto d’oro e un asciugatoio di seta.

La giovane ne fu così felice che piantò subito il frutto e con gli altri regali lo curò. Dalla pianta di dattero ne usci una fata che le chiese: “Che cosa desideri?”.

Zezzola voleva solo uscire dalla casa in cui era costretta a lavorare come una schiava. Fu così che la fata la vestì da regina e la mise sopra uno splendido cavallo. Quella fu la prima volta che il principe la vide restandone abbagliato. Ce ne furono altre ma mai i servitori del regnante riuscivano a fermarla. Altre volte fuggì su una carrozza luminosa, fino a quando perse la sua pianella-scarpetta. Il servo del re la prese e gliela mostrò. Queste furono le parole del principe: “Se il fondamento è così bello, che sarà mai la casa? O bel candeliere, dove è stata la candela che mi consuma! O treppiede della bella caldaia, dove bolle la mia vita! O bei sugheri, attaccati alla lenza d’Amore, con la quale ha pescato quest’anima! Ecco, io vi abbraccio e vi stringo, e, se non posso giungere alla pianta, adoro le radici; se non posso toccare i capitelli, bacio le basi! Voi siete stati ceppi di un bianco piede, e ora siete tagliuola d’un cuore addolorato. Per virtù vostra, colei, che tiranneggia la mia vita, era alta un palmo e mezzo di più; e per voi cresce altrettanto in dolcezza questa mia vita, mentre vi guardo e vi possiedo!”.

Il lieto fine lo conosciamo tutti e nelle parole del principe, si trova la chiave della simbologia legata alla scarpetta: fondamento, radice e specchio dell’anima!

La favola termina con le sorellastre deluse che confessano a sé stesse, a malincuore: “È pazzo chi contrasta con le stelle”. Nella pellicola della Disney, troviamo traccia di questa antica storia popolare, nella universalmente nota canzone: “I sogni son desideri, nascosti in fondo al cuor (…) tu sogna e spera fermamente, dimentica il presente e il sogno realtà diverrà”.

Ma perché le scarpe?

Se leggiamo attentamente queste due prime fiabe l’una compenetrata nell’altra, scorgeremo che si parla di contenitore specchio del contenuto. Una scarpa perfetta racchiude un’anima perfetta e pura. I piedi sono veicolo simbolico e concreto del nostro cammino di vita e/o spirituale. Se ci affidiamo all’origine delle parole, scopriremo infatti che il termine peccato deriva dal latino peccātum, dal verbo peccāre “fare un passo falso”, da peccus “col piede difettoso” (derivato di pēs, pedis “piede”): ovvero piede che non percorre un giusto cammino, che devia, cioè non segue la strada che la propria anima indica come giusta per la propria vita e/o crescita spirituale. Un’anima impura quindi. Su questa scia la simbologia del piede rivela la sua ufficiale importanza così come la scarpa ne rappresenta il veicolo primario. Sono sempre le fiabe a ricordarcelo. Le scarpe hanno, nelle storie di sapienza, sempre questo risvolto legato all’aspetto luminoso del desiderio, quando la protagonista merita, per i suoi pregi e per grazia della sua anima pura, avrà riuscita nell’impresa cui anela e conquisterà il premio finale: l’occupazione del suo giusto e meritato posto del mondo. Questo avviene sempre tramite una scarpetta, segno esteriore, traccia evidente del suo stato interiore, della sua anima.

Emblematica in tal senso la storia narrata ne Il meraviglioso mago di Oz dove la temeraria Dorothy, fanciulla giunta nelle terre del Paese incantato, a causa di un misterioso ciclone, mostrerà il suo coraggio durante un lungo cammino. E lo farà indossando le scarpette d’argento della Strega dell’Est. Calzature con un potere misterioso e che porterà per giungere alla Città di Smeraldo e chiedere al fantomatico Oz, di farla tornare nella sua casa nel Kansas. Ma solo le scarpette potranno riportarla nel luogo da cui è partita.

Sarà la Strega buona a dirglielo: “Le scarpe d’argento hanno poteri prodigiosi. Una delle loro qualità più curiose è che possono portarti in qualsiasi posto del mondo in soli tre passi e ogni passo avrà la durata di un battito di ciglia. Non devi far altro che battere tre volte i tacchi e comandare alle scarpe di portarti ovunque tu voglia andare”.

Ed è in quello che dice la Strega buona che leggiamo, da un punto di vista archetipico, la valenza simbolica delle scarpe.

Significante che risuona in modo più netto per quanto riguarda l’universo femminile. Quindi c’è da chiedersene il motivo, ed è la strega buona a ribadirlo: “… Possono portarti in qualsiasi posto del mondo …”. Ecco che le scarpe svelano la loro potenza simbolica: sono un lasciapassare, un elemento fondante che permette di camminare sulle proprie gambe e agire nella realtà. Le scarpe permettono di “essere nel mondo” di agirlo e non di esserne agite, per questo sono soprattutto le donne ad avere un legame inconscio con esse. Ed è proprio nel tesoro giunto sino a noi attraverso le storie della sapienza tradizionale, che ne scorgiamo la spiegazione, poiché le fiabe sono fossili culturali dell’inconscio collettivo. Ed hanno anche una valenza negativa se non le accordiamo con la nostra anima. Un’altra conosciuta storia popolare ce lo mostra, intimandoci di come la ricerca della propria sovranità nel mondo, che equivale alla ricerca della propria vera essenza, può essere una condanna se gestita male.

Ce lo narra Hans Christian Andersen che riprende la fiaba de Le scarpette rosse dalla sapiente tradizione popolare orale, riadattandola nel 1845.

A una povera bambina che indossava solo d’inverno degli scomodi zoccoli di legno, vengono regalate un paio di scarpette con vecchie strisce di cuoio rosso, create per lei dalla madre del calzolaio. La piccola le potrà indossare proprio nel giorno della morte di sua madre. Rimasta sola, verrà adottata da una ricca signora che come una suggestione appare sulla sua carrozza e ammalia con la promessa di una vita di agi la piccola che, approdata nella sua nuova e lussuosa casa, dovrà rinunciare alle scarpette di cuoio per usarne altre, nuove. Le vecchie verranno bruciate. Ed è qui che la bambina perde il suo potere, rinuncia alla sua vitalità. Indosserà altre scarpette rosse, fatte per altri, non per lei! Per questo ne diventerà vittima, ne verrà posseduta. Le scarpette comanderanno ogni suo movimento non lasciandole la scelta di dove andare. Prigioniera di una danza infernale e vorticosa, giungerà finalmente presso la casa del boia cui chiederà di tagliarle i piedi.

Il piede, come scrivevamo sopra, è parte del corpo che ci consente di muoverci nel mondo, di scegliere la strada da intraprendere. È mezzo fisico del cammino interiore e la scarpa che lo avvolge il veicolo che lo consente. Non stupisca che siano soprattutto un richiamo per il femminile, ma questo è già stato in precedenza attribuito al fatto che simboleggiano libertà di azione nel mondo. In questo senso avere delle scarpe perfette per i propri piedi significa camminare sul giusto percorso, essere saldi nelle proprie convinzioni e avere i mezzi per agire di conseguenza.

“Dai a una ragazza le scarpe giuste, e lei conquisterà il mondo (Give a girl the right shoes, and she can conquer the world)”. Così scriveva Marylin Monroe, tanto bella quanto intelligente… Citiamo lei poiché questa frase, per nulla insensata ci permette di riportare sul piano reale, questo excursus sulla simbologia delle scarpe per riattualizzarlo dicendo che le donne attraverso il “giusto passo” e le giuste scarpe, troveranno il loro posto nel mondo.