Venezia, scintillante e straordinaria, unica, crea da sempre un cono d’ombra che nasconde alla vista dei viaggiatori la bellezza della provincia veneta, con città grandi e piccole che sono veri scrigni di bellezza. Treviso non fa eccezione, la vicinanza con Venezia, a un tiro di “scioppo” come si dice da queste parti, appena trenta chilometri, la rende sconosciuta ai più. Eppure questa città merita una visita, anche qualche giorno in più se possibile, per godervi la vita lenta e tranquilla dei trevisani.

Treviso è un piccolo gioiello di città, fatto di eleganti piazze e vie lastricate in porfido e pietra d’Istria, fiancheggiate da portici, eleganti palazzi con facciate rosa antico e biscotto, spesso affrescati, non a caso la chiamano “urbis picta”, finestre e serliane, piccole logge, vicoli acciottolati e chiese antiche, semplici ed eleganti, una città con un’anima un po' rinascimentale e un po' tardo-medievale. Due i fiumi che la attraversano, il Sile ed il Botteniga, che vanno a costituire un intricato sistema di canali, i cagnan, che si intersecano nella città, placida linfa smeraldo che scorre calma, solcata da battaglioni di anatre e alcune coppie di eleganti cigni. La presenza di tanta acqua ha procurato a Treviso il titolo di “piccola Venezia” ma non lasciatevi ingannare, i richiami alla città lagunare sono dettagli, tracce, come i barbacani, qualche stretto passaggio che ricorda qualche stretta calle, qualche loggia che si specchia nei cagnan, il carattere della città è ben diverso da quello della Serenissima. La città conserva quasi intatta il suo carattere antico, gli edifici moderni quasi non si notano inseriti nell’impianto cittadino sostanzialmente tardo-medievale, con ben poche concessioni ai tempi successivi. Le chiese sono discrete spesso di impianto romanico, su tutte San Nicolò con lo straordinario ciclo di affreschi di Tommaso da Modena.

Entrambi i fiumi, Sile e Botteniga, nascono da risorgive, rispettivamente a Ovest e ad Est della città e, rispetto agli impetuosi e imprevedibili fratelli maggiori come Piave, Adige e Brenta, non sono soggetti a cambiamenti nella portata, con livello e temperatura costanti durante tutto l’anno, non ci sono periodi di secca, né pericolo di alluvioni. Non c’è acqua alta e le acque scorrono tranquille e limpide e alimentano costantemente oltre trenta fontane cittadine, fra cui la più iconica di tutte, la Fontana delle Tette, eretta nel 1559 a celebrare l’elezione del nuovo podestà che ordinò che per tre giorni zampillasse vino, rosso e bianco per ciascun seno, e ogni cittadino poteva bere gratuitamente. La fontana è in qualche modo diventata il simbolo della città e della sua provincia, definita già molti secoli prima “Marca gioiosa et amorosa”.

Se nel Medioevo, in altre città durante le feste cavalleresche, i nobili si sfidavano in singolar tenzone o in prove di forza muscolare, a Treviso dovevano invece sfidarsi in una competizione di corteggiamento amoroso: si ergeva nei pressi di Porta San Tommaso un grande castello d’amore, fatto in legno e bardato di stoffe preziose, velluti e damaschi, dove veniva fatto entrare un gruppo di duecento giovani dame. Le nobili donzelle dovevano difendere il castello dalla conquista di cavalieri, armate di fiori e frutta mentre i giovani ragazzi, giunti da tutta la regione preceduti dagli stendardi cittadini, tentavano la conquista con gli stessi mezzi e anche qualche espediente in più: canzoni, poesie d’amore, boccette di profumi, noci moscate e sacchettini di spezie preziose.

La storia delle feste del Castel D’Amore, feste che valsero a Treviso il suo celebre appellativo “gioiosa et amorosa”, è giunta a noi perché passò alle cronache quella del 1214 dove si finì quasi alle spade quando i rustici padovani capirono che il lancio di dolci e tortellini e persino di qualche pollo arrosto non sortivano molto successo rispetto ai lanci di essenze profumate e persino ducati d’oro da parte dei veneziani. Fu allora che i padovani strapparono dalle mani dell’alfiere il gonfalone di San Marco e lo ridussero a brandelli scatenando una rissa che fu sedata sul momento ma diede origine ad una successiva guerra con l’assalto ad un castello vero, quello di Bebbe. La guerra ebbe esito fatale per i padovani ma questa è un'altra storia.

Che sia la storia del Castel d’Amore a contribuire al mito non so ma si dice che le trevisane siano le donne più belle di tutta Italia e senza dubbio i grandi pittori rinascimentali locali, da Tiziano a Giorgione, dal Veronese a Jacopo Palma hanno reso omaggio al sex-appeal femminile locale. Dimenticate le madonne fiorentine: le trevigiane sono dee, ninfe o muse bionde o dai capelli rossi, adagiate sull'erba, rilassate e con sorrisi seducenti come se custodissero un segreto speciale.

Le trevisane contemporanee condividono lo stesso understatement anche se girano per la città a piedi o in bicicletta con molti più vestiti addosso, ben scelti nelle eleganti e creative boutique del centro storico.

Andare in bicicletta qui è naturale come camminare: Treviso è la patria di uno dei produttori di biciclette più iconici, Pinarello, un brand che ha fatto dell’eleganza combinata con la tecnologia il proprio segno distintivo, che non poteva non passare sotto al radar del gruppo LVHM che recentemente lo ha acquisito. Ma Treviso costituisce anche la base perfetta per esplorare la campagna veneta in bicicletta, con chilometri di pista ciclabile lungo il fiume, fino alla laguna veneziana e alle spiagge, fino alle Colline del Prosecco e alle Dolomiti.

Camminare per la città, attraversare piccoli ponti e scoprire piccole piazze, sedere a piccoli ed accoglienti caffè dove concedersi il rito mattutino del “cappuccino-e-brioche-grazie” o l'immancabile Spritz prima di cena o un calice di Prosecco, siamo nella capitale del Prosecco, dopotutto, è come ritrovare la gioia di una vita lenta che qui sembra filosofia applicata alla vita di tutti i giorni.

Forse vita lenta è solo una impressione perché in realtà Treviso è una delle città più ricche in Italia, segno che al di là delle antiche mura cittadine si agitano energie creative e industriosità feroci. Ed in effetti i trevisani sono gran lavoratori e forse non è un caso che qui sia stato inventato il tiramisù, un dolce famoso in tutto il mondo e sicuramente capace di infondere una quantità di energia da risvegliare anche i moribondi. Se l’invenzione del dolce si perde nella leggenda e nei si dice, va riconosciuto ad Ado Campeol di aver proposto per primo il tiramisù della moglie Alba nel proprio ristorante, Le Beccherie, ancora oggi uno dei migliori ristoranti di Treviso. La ricetta vede numerose varianti e probabilmente origina dall’abitudine veneta di servire a bambini e convalescenti lo “sbatuin”, tuorlo e zucchero montati a mano a spuma, praticamente la base del tiramisù, cui poi viene aggiunto il mascarpone, i savoiardi bagnati nel caffè e la polvere di cacao.

Oggi Treviso celebra ogni anno il proprio dolce con la Tiramisù World Cup: chef, professionali e amatoriali, da tutto il mondo si sfidano nella creazione del dolce forse più famoso al mondo. Che sia il piacere di assaggiare il tiramisù dove è stato inventato o la voglia di scoprire un luogo che invita alla lentezza e al savoir-vivre, non lasciatevi sfuggire l’occasione di visitare questa piccola città, capace di sorprendervi in maniera inaspettata.