A scoppio ritardato sono arrivate le polemiche su un articolo apparso su Le Figaro nel mese di ottobre scorso. I mass media hanno visto crescere la disputa prima fra personaggi famosi, che hanno preso le difese della città partenopea, definita dal giornale francese, terzo mondo d’Europa, per poi vedere la polemica montare fino a estendersi su tutto il web.

Ma cosa diceva esattamente l’articolo in questione?

Napoli, fatiscente e asfissiata dai suoi debiti, che attende il suo salvatore, ecco cosa scriveva la giornalista francese, Valérie Segond. Gaetano Manfredi, atteso come Messia dalle élite napoletane, si presenta in una città dove i servizi comunali sono molto deteriorati. L’ex sindaco Luigi De Magistris si è guadagnato la fama di non aver fatto nulla per Napoli, e molti napoletani ripongono speranze nel nuovo eroe di turno. Peccato che nella città partenopea i miracoli avvengano raramente, e di salvatori si aspettino da millenni.

Parlare di Napoli è stata un’ottima trovata, infatti, i cugini oltralpe nutrono da sempre un amore-odio per una città che amano molto visitare. A Napoli c’è tutto, bene e male, e mentre tutte le città d’Europa si trasformano, il terzo mondo resta rinchiuso nei suoi cliché, che però sono anche il suo fascino. Ha il debito più alto d’Italia. Tanto è bastato alla giornalista per innescare un caso internazionale.

Chi prende in prestito la gloriosa storia di Napoli, la sua fama di città accogliente, il crocevia per tante culture, l’arte e la bellezza, le sue tradizioni, il babà, il Vesuvio, la pizza e gli spaghetti! L’indiscutibile bellezza di Napoli non può, però, nasconderne le tristi realtà.

Spaccio, omicidi, camorra, queste sono le parole chiave in alcune zone di Napoli. Ponticelli, Barra e San Giovanni a Teduccio, ad esempio, vivono stretti nella morsa della disoccupazione e di palazzi dormitori. Troppo sangue è stato versato negli ultimi trent’anni, in quelle strade.

Massacro delle bambine Barbara Sellino e Nunzia Munizzi nel 1983, e la mattanza del bar Sayonara costata la vita a sei persone nel 1989. Bisogna però individuare ciò che inferno non è, bisogna cercare fra il male, il bene. Guardare Napoli è come affacciarsi su un abisso.

In realtà “triangolo della morte” è di origine giornalistica, e indica un'area del Nord Italia, dove fra il 1943 e il 1949, si registrarono numerosi omicidi a sfondo politico di matrice comunista. Ponticelli, Barra e San Giovanni a Teduccio possono essere così definite il secondo triangolo della morte, per la massiccia presenza di criminalità organizzata, che sfocia, spesso in efferati omicidi.

Con l’articolo di Le Figaro, l’orgoglio partenopeo si è risvegliato, ed è stato semplice elencare le bellezze di questa meravigliosa città, ma affannarsi tanto non serve molto, se insieme all’orgoglio non si aprono anche gli occhi su una realtà che sfugge a molti.

Che peccato non vedere, a causa di una miopia irreversibile. Lo dico da napoletana e parlo perché io Napoli la amo, ma decantarne la bellezza non serve, se non si comprende che ogni angolo di questa metropoli è invaso dallo stesso male di sempre. E non si muove foglia, che la camorra non voglia, e la criminalità agisce indisturbata, a dispetto di istituzioni troppo deboli per reagire. Non esiste, in tutto il mondo, un numero tanto elevato di associazioni, di gruppi di persone che con gesti, iniziative di ogni genere tentano di salvare il salvabile e di riscattare una città ormai sotto assedio.

Il quotidiano transalpino ha portato alla luce mille problemi irrisolti, ha parlato di carenza dei servizi, del trasporto pubblico, e ha sottolineato anche molti aspetti positivi, come la vita culturale vivace, il turismo, e la presenza di poli d'eccellenza, come l'Apple Academy di San Giovanni a Teduccio e la Tecno alla Riviera di Chiaia, una società per il monitoraggio a distanza dell’impatto ambientale dei grandi siti.

Le contraddizioni di Napoli, però sono infinite, tanto che nemmeno un articolo di giornale potrebbe contenerle. Non esistono in tutto il mondo tante storie di riscatto come quelle che esistono a Napoli, storie di rivolta contro il male da far piangere, vicende di solidarietà, di cultura e di salvezza che Valérie Segond nemmeno potrebbe immaginare.

E allora, cosa ha fatto la polemica innescata da Le Figaro? Ha prodotto sorrisini e battute, reportage sull’arte, sulla storia, post strappalacrime, indignazione. Il male resta, è ben nascosto, ha attecchito, s’è aggrappato alle nostre vesti e non riusciamo a scrollarcelo di dosso, è una maledizione perenne. Con quella pena nel cuore, ogni giorno ci tocca fare i conti, e ammirare la bellezza, dimenticare per un secondo. Tanto poi ritorna, per questo bisogna guardarne tanta di bellezza, cercarla, tanto c’è e cerca di resistere in mezzo al male che soffoca.