Lo spazio della scultura è lo stesso spazio in cui sta il mio corpo, io sto nello spazio dove sta anche la scultura. La scultura è quindi corpo, corpo dell’idea che si fa vulnerabile gravità come ogni altro corpo dell’universo.

Sono passati più di cinquant'anni dalla rassegna Arte Povera + Azioni Povere, promossa e organizzata da Marcello Rumma negli Arsenali di Amalfi del '68, a cura di Germano Celant. Paolo Icaro era presente allora come lo è ora, alla Galleria Lia Rumma di Napoli, con la mostra personale dal titolo Dribbling.

“Il nucleo di opere che ho selezionato - racconta Icaro - hanno come protagonista non l’oggetto, ma il visitatore stesso. Sono opere che ho scelto per il loro tempo, cioè quel tempo che divide il 1968 da noi oggi, ma anche perché io ero ad Amalfi nel ’68 ed è lì che ho cominciato una storia con Lia Rumma attraverso il marito Marcello Rumma”.

Nell'esposizione vengono presentati una serie di lavori storici degli anni Sessanta, realizzati prima di Amalfi, in cui il materiale segue la forma del fare e del disfare per rifare in un processo di trasformazione continua. Le opere in mostra sono allestite in modo da creare tra le opere e lo spazio della galleria, un’oscillazione nel tempo e nell’esperienza, un “dribbling” nell’esistenza.

La prima opera che si incontra nel percorso è Cuborto (1968), una grande cubo in acciaio che già nel titolo, fa riferimento all'errore. Sebbene sia un cubo, è geometricamente destabilizzato, come se fosse in procinto di muoversi: a rendere possibile questo moto, infatti, sono le estremità che anziché essere in acciaio sono in corda, un materiale molto più fragile, ma più flessibile. Di fianco, quasi invisibile come un chiodo al muro, lo stesso cubo minuscolo sembra voler seguire il percorso di una linea tracciata sul muro che lo porterà in una piccola, ma più grande, rientranza, ricavata dalla parete.

Proseguendo nella prima stanza ci troviamo davanti all'opera Buchi 1000,000+1 (1968) un grande telo in polietilene trasparente fustellato e forato in tanti moduli quadrati, in cui ogni partecipante, può intervenire sperimentando un punto di vista alternativo.

Subito dopo, alla nostra altezza, incontriamo il punto di vista dell'artista stesso con Head X-Ray una radiografia del cranio di Icaro a trent'anni, una delle parti del corpo, che sebbene passi il tempo è destinata a non cambiare mai.

Fortemente evocativa in quanto la scatola cranica riproduce in un certo senso le infinite possibilità, le forme, che vengono riproposte in una nuova installazione realizzata ad hoc per la mostra Spazio scolpito, con anima (1967-2021). Qui, diversi elementi realizzati in tempi diversi, vengono assemblati uno dentro l'altro: una struttura in legno e corda del '67 ricostruita in scala maggiore di 1:1, in cui viene proiettato il corpo di una ballerina che sperimenta più possibilità di movimento. Nella seconda sala troviamo la grande installazione Cumulo rete (1968) in cui una catena in ferro, scorre in un tubolare in polietilene che dà la forma all'installazione, rendendola flessibile a eventuali riallestimenti. Nella sala è presente anche Vetro affumicato (1969) sul cui vetro è impresso, come graffiato, con una tecnica particolare uno spartito musicale e delle note dell'artista.

Nella terza sala un grande telo di polietilene è stato modificato dall'artista che ha scelto di colorarlo, dandogli il nome di Azzurra (2021). Il telo che ripiega su sé stesso come culla è un omaggio alla città di Napoli e al suo rapporto col mare, tema ripreso dall'opera che l'affianca Scatola di Amalfi (1968) che consiste in una scatola in legno aperta da cui si scorgono i paesaggi delle cartoline della costiera e che rimanda alla mostra del ‘68.

Infine, a chiudere l'esposizione Appunti per forme di spazio, un'intima scultura in legno e spago dipinto che riprende, come un fil rouge il concetto filosofico ed estetico di forma e spazio, che lega le varie opere in mostra in un dialogo tra passato e presente che è caratteristico di tutta la ricerca e la poetica dell'artista.