C’è una parola magica per capire Genova, ed è: stratificazione. La compressione degli spazi dovuta a un’orografia particolare, l'apertura al mondo consentita da un grande porto, la propensione al riuso stimolata dalla proverbiale parsimonia, si traducono in un mosaico di testimonianze architettoniche estremamente ricco; per contro, certe aree troppo omogenee finiscono con l'essere meno rappresentative o vissute.

Lasciandosi il Porto Antico e il Centro Storico alle spalle e guadagnando quota oltre la ottocentesca Circonvallazione a Monte, seguendo una vecchia mattonata di valico (le cosiddette “creuze”) può capitare di scorgere qua e là dei villini dalle finiture in legno intarsiato, simili a chalet svizzeri; la zona poi è denominata Righi ma non c'è nessuna via o vetta o palazzo che porti questo nome, men che meno un luminare della scienza originario del posto: non siamo mica a Bologna!

Questa anomalia toponomastica si spiega allora se ci spostiamo sulle Alpi, circa un secolo fa. La fine dell'Ottocento vede il successo di una strana coppia di imprenditori svizzeri: Franz Josef Bucher e Joseph Durrer, già amici di infanzia e poi cognati.

Dopo un esordio nelle costruzioni in legno è soprattutto Bucher a notare i segnali della nascita del moderno turismo strutturato (all'epoca ancora di fascia medio-alta), fenomeno che induce i due a investire nella costruzione di alberghi nella zona di Lucerna: prima il Sonnenberg Hotel sulla Engelberg e poi, nel 1871, il Grand Hotel sul Bürgenstock, da cui godere una vista mozzafiato del lago e soprattutto della Rigi (pronunciato “righi”), “la regina delle montagne”.

Bucher e Durrer intuiscono che la fortuna del turismo è legata alle infrastrutture, per cui seguono lo sviluppo delle nuove direttrici internazionali e costruiscono in prima persona impianti locali: ecco allora che, a seguito dell'inaugurazione del traforo del Gottardo (1882), i due soci si appropriano del “Mediterranée” a Pegli, del “Palace” a Milano e del “Quirinale” a Roma; d'altro canto i luoghi panoramici (ed eventuali alberghi annessi) vanno resi facilmente raggiungibili, per cui sempre Bucher e Durrer costruiscono funicolari sul Bürgenstock (1888), a Lugano (1890) e sullo Straserhorn (1893). All'inaugurazione di quest'ultima è presente anche una rappresentanza genovese.

Sono anni cruciali, infatti, per Genova: dopo più di un secolo di declino apparentemente inarrestabile, l’infrastrutturazione ferroviaria sabauda prima e la donazione del Duca di Galliera poi, nel quadro di un Mediterraneo nuovamente strategico grazie all’apertura del Canale di Suez, hanno reso il capoluogo ligure il porto meridionale della Germania e della Svizzera.

Si spiega allora il motivo dell’insediamento di Bucher e Durrer nella vicina Pegli, scelta gravida di conseguenze perché il sindaco di questa località, Tommaso Cassanello, è proprietario di una villa immediatamente a monte del centro di Genova, da cui si gode una vista mozzafiato del porto e del golfo: i due colgono subito l’immenso potenziale di quel sito che potrebbe diventare “il Righi di Genova”, però ci vuole un albergo all’altezza della loro catena, e per questo scopo villa Cassanello è perfetta, ma soprattutto ci vuole un efficace collegamento dal basso, come dimostrato dalle esperienze precedenti. Occorre insomma un impianto di risalita, che viene realizzato in due tronchi separati fra il 1893 e il 1897: il successo è clamoroso e immediato e la “funicolare del Righi” entra da subito nel cuore dei genovesi.

L’Hotel Righi invece apre nel 1899, spiccando nel paesaggio per quell’aspetto da chalet che condivide sia con il capolinea della funicolare sia con le villette che una apposita cooperativa sta costruendo lì vicino per la comunità elvetica presente in città.

In definitiva si è trattato di una efficace operazione di marketing, così riuscita che “Righi” è sopravvissuto al suo mondo un po’ come un’eco, e a Genova è rimasto in uso fino a oggi, malgrado la sostanziale fine della presenza svizzera in città e la chiusura, negli anni Ottanta, dell’albergo, di cui però si riconosce ancora il fabbricato, che col suo buffo torrino coronato da un vistoso bulbo metallico è disponibile a raccontare la sua storia a chi ha tempo e voglia di ascoltarla.