Qualche tempo fa ho accompagnato parte della mia famiglia giapponese alla scoperta di Siena e della Valle d’Orcia. Non è una cosa semplice. I parametri culturali sono completamente differenti, anche nelle cose più piccole. È molto complicato, ad esempio, riuscire a far capire a qualcuno che non viene dall’Europa che cosa rappresenti in effetti una chiesa. Nel nostro caso, trattandosi di Siena, la questione era ulteriormente complicata dal fatto che bisogna per forza di cosa parlare di architettura, dell’arte che contiene, e del significato che essa intende trasmettere.

Il punto fondamentale, come spiegavo alla mia famiglia, è questo: chiese, monumenti e opere d’arte non sono frutto del caso. Sono state progettate in quel modo, e costruite di conseguenza. Non c’è niente di casuale.

Fatta questa premessa, il Duomo di Siena mi ha lasciato completamente senza parole.

Il Duomo di Siena custodisce uno dei programmi decorativi più straordinari del Medioevo e del Rinascimento europeo. Diversamente da altre cattedrali che fanno affidamento su affreschi, mosaici o vetrate, Siena ha affidato il suo messaggio teologico al pavimento stesso, realizzato tra la metà del Trecento e il Cinquecento. Oltre cinquanta tarsie marmoree (commessi marmorei), disegnate da artisti di primo piano — dagli eredi di Duccio a Domenico Beccafumi — rivestono la navata e il transetto. La loro durevolezza e visibilità trasformano l’atto di camminare in un atto di catechesi: ogni pellegrino, cittadino o chierico attraversa un tappeto di immagini profetiche, allegoriche e storiche.

Tra i tratti più audaci del programma spicca l’inclusione deliberata di testimoni pagani della verità del cristianesimo. Accanto ai profeti dell’Antico Testamento e alle allegorie della sapienza compaiono le Sibille del mondo greco-romano, il leggendario saggio egiziano Ermete Trismegisto, e persino il criptico palindromo noto come quadrato Sator. Questa combinazione incarna la convinzione tardo-medievale e rinascimentale che il cristianesimo non fosse una rivelazione ristretta e settaria, ma il compimento di tutte le tradizioni sapienziali, preannunciato persino nelle voci del mondo pagano.

Le Sibille: profetesse pagane nel marmo

La navata centrale della cattedrale è fiancheggiata da pannelli con dieci Sibille: Libica, Cumea, Delfica, Persica, Frigia, Tiburtina, Eritrea, Samia, Ellespontica e Agrippina. Ognuna è raffigurata come una donna seduta con un rotolo o un codice, accompagnata da una iscrizione latina che riassume il suo oracolo. La serie fu realizzata tra il 1482 e il 1483 sotto la direzione di Guidoccio Cozzarelli e Neroccio di Bartolomeo de’ Landi, in un periodo in cui l’interesse umanistico per l’antico e la sintesi teologica cristiana erano al culmine.

La scelta delle Sibille non fu casuale. Già nella letteratura patristica, soprattutto nelle Istituzioni divine di Lattanzio e nella Città di Dio di Agostino, le Sibille erano state interpretate come profetesse inconsapevoli di Cristo. Brani degli Oracula Sibyllina — un corpus complesso di testi giudaici e cristiani pseudepigrafi inseriti nella tradizione sibillina greco-romana — venivano letti come annunci dell’Incarnazione, della nascita virginale e del Giudizio finale.

  • La Sibilla Cumea, la più celebre, fu collegata alla quarta Egloga di Virgilio, in cui il poeta annuncia la nascita di un fanciullo miracoloso che inaugurerà un’età dell’oro. Già al tempo di Costantino gli interpreti cristiani leggevano queste parole come profezia di Cristo. L’iscrizione senese riflette tale tradizione, dichiarando che “un re verrà dal cielo, e regnerà per sempre”.

  • La Sibilla Delfica proclama che “l’immortale discenderà sulla terra rivestito di carne mortale”, chiaro presagio dell’Incarnazione.

  • La Sibilla Samia parla esplicitamente di una donna ebrea che partorirà il Figlio di Dio.

  • La Sibilla Eritrea è accreditata, nella tradizione tardoantica e medievale, di aver formato un acrostico con il nome di Cristo: Iesous Christos Theou Huios Sōtēr Stauros (“Gesù Cristo, Figlio di Dio, Salvatore, Croce”).

  • La Sibilla Tiburtina, tra le più popolari nel Medioevo, avrebbe mostrato all’imperatore Augusto una visione della Vergine con il Bambino. Questo racconto, molto diffuso, conferiva autorevolezza imperiale alla profezia e legava Roma stessa all’attesa del Cristo.

Altre Sibille aggiungono temi ulteriori: il fuoco escatologico (Frigia), la regalità eterna (Persica), il Logos come Verbo incarnato (Ellespontica). Insieme, le loro voci percorrono l’intero spazio del mondo pagano, dall’Africa alla Persia, e convergono simbolicamente in un coro che indica Betlemme.

Porre le Sibille in marmo sotto i piedi dei fedeli non era un semplice ornamento. Era la messa in scena di una teologia del preannuncio e del compimento: mentre i pellegrini avanzavano lungo la navata verso l’altare e l’Eucaristia, attraversavano un percorso fiancheggiato da testimonianze pagane, comprensibili solo alla luce di Cristo. Le Sibille diventavano così un preludio alla rivelazione, le cui parole oscure trovavano senso definitivo all’interno della cattedrale.

Ermete Trismegisto: il teologo pagano sulla soglia

All’ingresso della navata si trova una figura unica: Ermete Trismegisto, raffigurato in un pannello intarsiato da Giovanni di Stefano nel 1488. È rappresentato come un filosofo regale, seduto e con un libro in mano, con un’iscrizione latina tratta dall’Asclepius, uno dei testi fondamentali del corpus ermetico trasmesso in latino nel Medioevo.

Il passo recita: “Deus factor omnium… fecit Deum visibilem et hunc fecit primum et solum, quo delectatus est, et valde miratus est.” — “Dio, creatore di tutte le cose, fece un secondo dio, visibile e tangibile; egli era il suo primogenito, nel quale si compiacque e che ammirò grandemente.”

Per gli interpreti medievali e rinascimentali, questo era un sorprendente annuncio del dogma cristiano del Logos: il Verbo divino, Cristo, che è presso Dio e che è Dio, ma reso visibile nella carne. Ermete entrò così nel discorso cristiano come testimone della prisca theologia, la teologia primordiale.

Nel Quattrocento, studiosi come Marsilio Ficino riscoprirono il corpus ermetico, interpretando Ermete come un saggio egiziano contemporaneo di Mosè, depositario di frammenti di verità divina. Nel Duomo di Siena, l’immagine di Ermete svolgeva precisamente questo ruolo: sulla soglia dello spazio sacro, il saggio pagano annuncia l’Incarnazione, legittimando il cammino verso l’altare cristiano. La sua collocazione d’ingresso simboleggia la transizione dalla sapienza pagana alla rivelazione cristiana.

Il quadrato Sator: un palindromo del Cristo cosmico

Su una delle pareti della cattedrale è inciso il celebre quadrato Sator:

  • Sator
  • Arepo
  • Tenet
  • Opera
  • Rotas

Questo palindromo di cinque parole si può leggere in più direzioni, formando una croce perfetta con Tenet disposto sia in verticale sia in orizzontale. È attestato in numerosi contesti romani e cristiani antichi, da Pompei a Dura Europos, e il suo significato ha suscitato molte interpretazioni.

A Siena, la collocazione del quadrato nel Duomo indica una lettura cristologica. Una interpretazione vede nella croce di Tenet il simbolo della crocifissione, con Cristo che “tiene insieme” (tenet) tutte le cose, come in Colossesi 1:17: “Tutte le cose in lui sussistono.”

Un’altra tradizione, particolarmente viva in Toscana, lega il quadrato al simbolismo solare. Cristo è il Sol Iustitiae (“Sole di giustizia”, Malachia 4,2), la vera luce che sorge sul mondo. La natura ciclica del palindromo — parole che ruotano su loro stesse — evoca le rivoluzioni cosmiche dei cieli (rotas come “ruote”), ora governate da Cristo come nuovo centro dell’universo. L’oscuro arepo, termine unico, veniva talora interpretato come “aratro”, facendo di Cristo il “seminatore” (sator) il cui lavoro (opera) sostiene le rotazioni (rotas) del cosmo.

In questa chiave, il quadrato proclama che Cristo non è solo il compimento delle profezie, ma anche il nuovo sole, fonte dell’ordine cosmico. Così come le Sibille prefigurarono l’Incarnazione ed Ermete alluse al Logos, il palindromo rivela Cristo crocifisso e risorto come asse del mondo, l’axis mundi della creazione.

Significato teologico e culturale

L’integrazione di Sibille, Ermete e quadrato Sator nel Duomo di Siena riflette un’ambizione teologica precisa. La cattedrale non illustra semplicemente la storia biblica; costruisce un coro universale di testimoni.

  • I profeti ebrei (presenti altrove sul pavimento) rappresentano la rivelazione di Israele.

  • Le Sibille mostrano che l’antichità pagana, in ogni regione, aveva preannunciato l’evento cristico.

  • Ermete Trismegisto incarna la filosofia antica nella sua ricerca del divino, trovando compimento nel Vangelo.

  • Il quadrato Sator inscrive l’ordine cosmico stesso, proclamando Cristo come crocifisso e sole del mondo.

Tutti insieme affermano che il cristianesimo non è dottrina settaria ma compimento di ogni sapienza umana. Ogni cultura, ogni oracolo, ogni simbolo — profetico, filosofico o enigmatico — converge in Cristo.

Per Siena, città orgogliosa della propria indipendenza e profondamente devota a Maria (alla quale la cattedrale è dedicata), questo pavimento offriva tanto orgoglio civico quanto universalità teologica. Siena non era soltanto una città toscana, ma il palcoscenico di un dramma cosmico in cui tutte le nazioni e tradizioni rendevano testimonianza a Cristo e, attraverso di lui, a Maria come Madre di Dio.

Conclusione

Si può dire che una cattedrale sia una summa in pietra, una sintesi teologica incisa sotto i piedi dei fedeli. Nel caso di Siena, il pavimento presenta le Sibille per reinterpretare la profezia pagana come annuncio dell’Incarnazione. In Ermete riconosce la filosofia antica come precorritrice del Vangelo. Nel quadrato Sator iscrive la centralità cosmica di Cristo come crocifisso e nuovo sole.

Attraversare la navata del Duomo di Siena significa dunque compiere un pellegrinaggio attraverso profezia, filosofia e simbolo, che culmina all’altare, dove l’Eucaristia rende presente l’Incarnazione stessa. Poche cattedrali in Europa hanno osato mettere in scena una visione universale tanto ambiziosa, e nessuna con lo stesso equilibrio di erudizione, arte e orgoglio civico.

Immaginate spiegare queste cose in giapponese.