La Grande Madre è la signora del tempo, in quanto signora della crescita, ed è quindi anche una dea lunare, poiché la Luna e il cielo notturno sono le manifestazioni evidenti e visibili della temporalità del cosmo, ed è la Luna, non il Sole, l'autentico cronometro dell'era primordiale. La qualità temporale, così come l'elemento acqua, vanno ascritti al Femminile, la cui natura fluente diviene evidente simbolo del flusso del tempo.

(Erich Neumann)

La prima relazione con il mondo è quella con la madre, dalla radice sanscrita matr che significa l'ordinatrice, colei che forma il nucleo caldo della fiducia in noi stessi, la nostra ossatura per affrontare la vita. Ma la madre è sia nutrice che divoratrice, contiene e agisce tutti gli opposti e la natura ambivalente dell’archetipo della madre si allinea a quello della Grande Madre che sostiene e accoglie indiscriminatamente tutti gli esseri viventi ma è anche artefice della disintegrazione e della trasformazione degli elementi. Il simbolismo lunare associa il femminile a tutte le forme che richiamano il grembo materno come il vaso, la caverna, l'uovo primordiale cosmogonico. La vita inizia dentro uno spazio fluido, caldo, buio, circoscritto, dove il feto cresce avvolto, nutrito e protetto, inconsapevole, indifferenziato. Questa è la condizione primaria dell'essere umano che suscita una struggente inconsapevole nostalgia. Il feto è immerso nel liquido amniotico, non è consapevole di essere dentro un utero e di nutrirsi attraverso il nutrimento della madre, è lì, immerso nell'amore 'acquatico', percepisce le vibrazioni prodotte dalle emozioni e dai pensieri della madre, non sa ma sente.

Giunge nella mia mente l'immagine del Santo Graal, la coppa sacra con la quale Gesù celebrò l'Ultima Cena e nella quale il suo sangue fu raccolto da Giuseppe D'Arimatea dopo la crocifissione. Il significato simbolico allude alla conoscenza esoterica che viene concessa da Dio a chi è nello stato coscienziale adatto ad accoglierne il mistero e l'immenso potere magico.

La ricerca del Santo Graal è la ricerca dei segreti di Dio, inconoscibili senza la grazia.

(Étienne Gilson)

La forma della coppa mi fa immaginare che dal bevante ossia dal campo unificato di coscienza, delle infinite possibilità e delle infinite forme di tutto quello che può essere, che è stato o potrebbe essere, dallo stato di espansione illimitata l'anima per motivi strettamente spirituali si differenzi, si stacchi come una goccia che 'cade' passando dallo stelo, dal canale stretto della materia sempre più densa per incarnarsi e toccare terra dal piede della coppa. Immagino il processo contrario dalla morte al ritorno allo stato di espansione originario.

La nostalgia dell'utero materno evoca fortemente la nostalgia della perduta unità con il Creatore, è una sensazione inspiegabile, un richiamo bisbigliante.

La simbologia dell'utero materno è collegata all'archetipo primordiale simboleggiato dall'Uroboro, il serpente cosmico che divora la sua coda in un cerchio senza fine di nascita, morte e rinascita, di incessante rigenerazione.

La donna è divina perché ha la capacità di unire l'aspetto fisico, emozionale e psichico, di mediare tra il terreno e il divino.

L'atto della creazione è descritto nel Libro della Genesi (1,3) con queste semplici ma potenti parole: “Dio disse: 'Sia la luce', e la luce fu.”

E infatti la vita comincia con un lampo di luce prodotto nell'attimo in cui lo spermatozoo entra nell'ovulo fecondandolo, momento che è stato registrato in un video strabiliante dai ricercatori della Northwestern University di Chicago.

Una scintilla che testimonia l'arcana correlazione tra il piano materiale e quello spirituale, sulla biologia del concepimento e della gravidanza sappiamo molto grazie alla scienza ma mi piace immaginare l'Intelligenza che crea ogni cosa ridere sonoramente guardando gli sforzi degli scienziati nel cercare di dare una spiegazione al miracolo della vita che resta tale.

Durante la gravidanza il feto è ospite nel corpo della madre che lo accoglie dentro di sé, facendo spazio alla vita e sapendo che questa vita non è sua.

Maria è l'emblema di tutto questo, porta in grembo il figlio di Dio ma non avrà nessun potere su di lui, così ogni madre è madre del figlio di Dio che porterà la sua croce nel cammino esistenziale, nel percorso d'individuazione che conduce al proprio Sè.

Poi dalla porta stretta dell'utero materno si viene alla luce, dal caldo e confortevole liquido amniotico all'aria del mondo.

Il primo specchio del mondo è il volto della madre, vediamo noi stessi attraverso il suo sguardo, l'immagine corporea si crea rispecchiando tale sguardo, siamo come ci ha guardato nostra madre, col sorriso o con la smorfia. Ma questo rapporto privilegiato non condiziona solo l'immagine corporea, ma anche la relazione con il cibo, le dipendenze affettive, la visione del mondo e di noi stessi.

Il neonato si attacca al seno sia per essere nutrito che per sentire la presenza della madre, infatti dopo che è sazio rimane beatamente attaccato, il seno è il 'segno' della presenza amorevole della madre. I disturbi alimentari hanno la radice in questa mancata presenza, una madre che si limita a soddisfare la fame ma non offre il calore del suo amore genera nel figlio un rapporto disfunzionale con il cibo.

L'amore è dare quello che non si ha. Dare il seno significa dare quello che si ha, dare il tempo a chi amiamo è dare quello che non si ha.

(Massimo Recalcati)

Le madri non sono sempre amorevoli, premurose, attente ai bisogni primari del bambino. Ad esempio, una madre che vive solo per il figlio rischia di farlo sentire imprigionato, è necessario per il bambino percepire che la madre desidera altro al di là di se stesso, che è assente perché ama anche altro, il lavoro, il marito, gli amici, ciò assicura una buona salute mentale.

Affrontiamo il lato oscuro di questa figura archetipica.

Secondo lo psicologo John Bowlby che ha studiato approfonditamente la relazione madre-bambino elaborando la teoria dell'attaccamento, nei primi nove mesi di vita l'attaccamento tra la madre e il bambino permette a quest'ultimo di avere una base sicura dalla quale muoversi per esplorare e interagire con l'ambiente per poi tornare dalla madre che sa infondere fiducia e tranquillità, questo legame speciale favorisce lo sviluppo sia cognitivo che verbale e affettivo-relazionale. Se l'attaccamento è invece ansioso, quindi non sicuro e stabile il bambino avrà serie difficoltà ad affrontare le situazioni difficili e svilupperà ansia e paure. Nella relazione tra i due intervengono le qualità di ognuno, le loro dotazioni innate per così dire, che intersecandosi possono produrre scontri e accordi, frustrazioni e gratificazioni nel gioco delle parti.

Melanie Klein, psicoanalista che ha dato notevoli contributi allo sviluppo della teoria delle relazioni oggettuali, afferma che la relazione con la madre ha un ruolo centrale per lo sviluppo psichico del bambino e che una buona madre o seno buono deve saper leggere l'animo del figlio in ogni momento per capire ciò di cui ha bisogno sia in termini di necessità fisiologiche che affettive, deve giocare con lui, essere un punto di riferimento sicuro, sereno e stabile. Se ciò non accade la madre viene percepita dal bambino come seno cattivo.

È inevitabile che delusioni ed esperienze piacevoli si presentino insieme e rafforzino il conflitto innato tra amore e odio, e cioè tra gli istinti di vita e di morte; ciò porta il bambino a sentire che esiste un seno buono e uno cattivo.

Secondo Klein, il mondo interno del bambino è abitato dalle pulsioni di vita e di morte e popolato di oggetti ossia di rappresentazioni fantasmatiche, preesistenti, indipendenti dalla percezione del mondo esterno, interne sulle quali avviene l'investimento pulsionale e servono ad orientare le pulsioni istintuali. Il bambino deve confrontarsi con queste immagini ambivalenti anche nella relazione con la madre, amorevole e terrificante nello stesso tempo perché il suo benessere dipende da lei.

Nella madre convivono due madri: una che vuole esercitare il diritto di proprietà sul figlio e lo divora per impedirgli di essere libero, una che rinuncia alla proprietà per la libertà del figlio. La funzione della madre è amare il nome del figlio, la sua unicità, la cura dei suoi particolari crea nel figlio il desiderio.

Quando così non è il lato 'ombra' della madre prende il sopravvento. Ma la madre è portatrice di lezioni evolutive per il figlio se impara a leggere i significati nascosti nei suoi comportamenti, attraverso le emozioni che vive conosce se stesso. Ad esempio, una madre svalutante, che fa sentire il figlio inadeguato, sbagliato, lo pone di fronte a una scelta: o autoaffermare se stesso o fare la vittima.

Qualche anno fa ho tenuto degli incontri di gruppo sulla relazione “Io e mia madre” e la condivisione dei vissuti da parte dei partecipanti è stata illuminante nel portare alla luce comportamenti disfunzionali, segreti mai confessati, lo spazio sacro del gruppo ne ha facilitato l'emersione e il nominare le emozioni spesso aggrovigliate e sedimentate nel tempo del silenzio ha dipanato la matassa.

Sono avvenute delle guarigioni man mano che la narrazione assumeva nuove interpretazioni nate dagli scambi dei partecipanti sulle loro esperienze personali, accrescendo così la consapevolezza di ognuno sui significati profondi che si celano nelle dinamiche relazionali e l'empatia con la madre che è stata a sua volta figlia e che ha vissuto la sua storia ha permesso di comprendere la lezione, unica per ogni individuo.

Una madre che abbandona, maltratta, schiaccia, rifiuta, disconferma il figlio è una madre che inconsapevolmente offre la possibilità al figlio di conoscere se stesso attraverso le emozioni più angoscianti.

Ogni figlio ha la madre che si merita, nel senso che se si accetta il fatto che proiettiamo sempre tutto all'esterno ciò accade perchè dobbiamo confrontarci con le nostre paure, limitazioni, con quello che crediamo di essere ma che è solo una porzione di specchio ed in questo la madre è la nostra migliore maestra, le serve in un piatto d'argento.

Una madre narcisista, incapace di empatia, manipolatoria, che vive i figli come delle estensioni di se stessa e che quindi devono rifletterla, pena l'ostracismo, insegna al figlio a percepire se stesso in base al suo valore e non in base a come gli altri lo percepiscono, a intendere l'amore non come una transazione economica ma come un vuoto a perdere, a riconoscere la manipolazione verbale e a evitare di cadere in una relazione disfunzionale con una persona narcisista come la madre.

Secondo Plotino (205/270 d.C.) noi ci siamo scelti il corpo, i genitori, il luogo e la situazione di vita adatti all'anima e corrispondenti alle sue necessità. Ma come è possibile che mi sia scelta questa madre orribile dalla quale vorrei solo fuggire? Si chiederà qualcuno... la scelta sembra incomprensibile perché abbiamo dimenticato.

Il percorso della vita ci pone davanti a degli eventi destabilizzanti, a delle relazioni tossiche, strumenti che l'anima utilizza per comunicare con noi, finché non comprendiamo col cuore andando oltre le apparenze e i ragionamenti, con il solo scopo di 'ricordare', tornare al cuore, imparando l'arte dell'accettazione, il giorno in cui sapremo dire “Grazie mamma per quello che sei stata e sei per me, ti benedico e ti amo.” avremo pienamente ricordato.