Riflessioni sulle “cose” del mondo, sull’animo umano, sulla vita, sul dolore e l’amore: la poesia può essere tutto questo e molto altro. Non esistono poesie belle o brutte, esistono solo versi che talvolta possono non essere immediatamente compresi, talaltra invece possono risvegliare in un istante sensazioni profonde, commoventi e di completa immedesimazione nell’emozione che può aver provato chi le ha scritte. La poesia non si può incasellare in una fredda definizione perché in essa sono contenuti frammenti d’anima sia che si tratti di mettere a nudo una parte di sé sia che si tratti di una trasposizione di esperienze altrui.

Sono, ad esempio, storie di donne, oltre a versi autobiografici, le poesie contenute nella raccolta di Laura Bellanova dal titolo Piume la cui prefazione è stata curata dallo scrittore Sandro Spallino. Abbiamo incontrato la poetessa, già autrice di numerosi libri - tra i quali anche fiabe per bambini - per conoscere meglio alcuni aspetti che legano la poesia a quella voce interiore, spesso sommersa, che tanto somiglia a una magica zona intermedia tra realtà, desideri e fantasia.

In che modo la poesia può migliorare la conoscenza di sé e aiutare a riconoscere le proprie emozioni?

Scrivere poesie è come prendere una pala e scavare. Di solito non sai neanche cosa cerchi, scavi e basta. E più scavi dentro di te, più noti che il terreno non è fertile, ha bisogno di tante accortezze, di tanti accorgimenti. Quel terreno è l'anima, un campo molto vasto, pieno di tante presenze... le persone che attraversano la nostra vita. La principale fonte di emozioni che conduce alla scrittura sono dunque gli altri. La poesia parla dei rapporti che abbiamo con le persone, con alcune in particolare, e di come questi legami ci modifichino, lascino in noi delle tracce. La poesia vuole talvolta esprimere anche i segni che, dal nostro punto di vista, noi abbiamo lasciato nelle vite degli altri o che lasceremo scrivendo.

Le tue poesie scavano nella psiche femminile facendo emergere un trait d'union che è quello dell'assenza, della mancanza e della dipendenza affettiva. È stato più difficile dar voce alle emozioni delle donne con cui hai parlato o scrivere versi autobiografici? E perché?

Per me è stato più difficile dar voce alle altre donne. I versi autobiografici li ho sempre scritti di getto anche se talvolta qualche poesia l'ho buttata. Vi era in me l'incertezza di riuscire a esprimere pienamente ciò che esse avevano provato e vissuto. Il compito era molto arduo ma sentivo in me l'esigenza di doverlo fare. E non perché qualcuna mi avesse chiesto espressamente di farlo ma perché io avvertivo l'importanza di esprimere con le parole il carico di sofferenza che portavano a causa di relazioni tossiche o, peggio, di violenza fisica o psicologica. Sentirsi compresi nelle proprie fatiche, ossia avere qualcuno che ti ascolta ma non ti giudica resta sempre il miglior ansiolitico.

Quali sono i ricordi legati alla tua prima poesia e com'è nata la tua passione?

Da adolescente scrissi una poesia dedicata a una cittadina di mare della Calabria dove ho trascorso tutte le mie estati e dove vive mia nonna. A quella terra sono legati i più bei ricordi della mia infanzia e adolescenza. In quella poesia ricordo che parlavo di quanto amassi quel paesaggio, la sua natura e i profumi che sentivo. In effetti penso che la poesia sia come un telecomando in cui alzi il volume alle sensazioni più viscerali, i cinque sensi trovano modo di esprimersi liberamente, come se la bocca ma anche il naso, gli occhi, le mani e le orecchie potessero finalmente parlare. La mia passione per la scrittura è nata però da bambina, avevo un nonno che scriveva ai suoi familiari lunghissime lettere in cui raccontava la sua vita. A quell'epoca mi limitavo ad ascoltare i suoi racconti ma è cosa certa che inconsapevolmente ha saputo seminare in me questo amore per la parola scritta. La poesia è arrivata durante il percorso scolastico studiando a memoria qualche componimento dei grandi poeti italiani, sentivo che quel linguaggio così diverso dalla prosa aveva su di me un fascino particolare. Poi un giorno alle superiori la mia professoressa di filosofia mi ha dato l'opportunità di incontrare una sua cara amica, la scrittrice e poetessa bergamasca Giusi Quarenghi. A lei ho fatto leggere qualche primo componimento, ricordo i suoi preziosi consigli e soprattutto custodisco gelosamente uno dei suoi libri di poesie che mi ha autografato e regalato. Da quel momento la poesia danzava per le stanze della mia casa e io la lasciavo fare.

Come descriveresti il modo di "sentire" di una poetessa?

"Affinato" e "affilato". Mi spiego, il sentire si affina grazie a numerose anzi numerosissime letture. È l'amore per la conoscenza che ti permette di uscire fuori da te, per entrare dentro alle vite narrate nei libri e ritornare in te stesso enormemente più arricchito. Anche le esperienze di vita pratiche e la condivisione di vissuti raccontati vis à vis aiutano in questo meraviglioso cammino verso il "sentire empatico", che è poi, a mio parere, la scintilla per la scrittura poetica e la medicina verso la dilagante indifferenza verso chi si trova in un momento di crisi o disperata solitudine o necessità. Il sentire "affilato" di una poetessa, parlo sempre riferendomi al mio caso, è quel tentativo di usare la poesia come una lama, appunto affilata, che attraverso l'uso di parole accuratamene scelte squarcia tutti i conformismi, le banalità, i significati scontati, il quieto vivere. È l'inconscio che fa i suoi dribbling, scarta tutti e va a segnare parole potenti sulla carta.

Il linguaggio delle poesie a volte può respingere il lettore per il significato non immediatamente comprensibile. I lettori di poesie restano un'élite o con il web quest'arte raggiunge un pubblico sempre più ampio facendosi apprezzare in modo più capillare?

Sicuramente i numerosi blog di poesia e specialmente i social hanno permesso la diffusione della poesia in ogni dove. C'è da dire che non sono ancora molte le persone che leggono libri di poesie ma sicuramente sono aumentati coloro che le scrivono su Internet. È un primo passo verso una vera diffusione che, per quanto mi riguarda, vuol dire fare quel passaggio in più in cui oltre allo scrivere vi è il desiderio di avere, in formato cartaceo o ebook, dei buoni libri di poesia a cui affezionarsi leggendoli e rileggendoli e da cui lasciarsi in qualche modo plasmare.

I componimenti poetici veicolano emozioni e sentimenti e per molti sono una terapia dell'anima, quanto sono importanti in tal senso nella tua vita?

Mi hanno effettivamente aiutata a portar fuori un arcobaleno di emozioni, pensieri e anche riflessioni sul dolore, l'amore, la bellezza della vita, quindi direi che sono estremamente terapeutici.

Quali sono le opere poetiche classiche o contemporanee che più apprezzi e che hanno maggiormente inciso sulla tua formazione?

Neruda, Lorca, Pavese, Michele Mari, Giusi Quarenghi continuano ad essere la mia principale fonte di ispirazione per lo stile e i contenuti veicolati attraverso i loro splendidi versi poetici.

Parliamo di ispirazione, quando scrivi arriva spontaneamente oppure utilizzi qualche espediente come la musica e la lettura per sentirti ispirata?

Se la vita quel giorno mi ha offerto spunti che ritengo degni di essere messi su carta allora non ho neanche bisogno di musica o letture per iniziare a scrivere. Altrimenti se ho il desiderio di scrivere ma non so da dove cominciare so che un bel film d'amore o un thriller psicologico pieno di colpi di scena mi offrirà validi input, poi la mente prosegue come vuole e crea i suoi scenari. Un'altra cosa che a volte faccio quando cerco l'ispirazione è prendere il dizionario e aprire a caso finché trovo delle parole che mi sembrano interessanti attorno alle quali sviluppare una poesia. Il terzo metodo che utilizzo è starmene beatamente in mezzo alla natura e ascoltare attraverso i suoi rumori l'incedere della vita, quando la mente è rilassata e divaga in perfetta letizia arrivano anche delle belle idee.

Come consideri i periodi in cui manca l'ispirazione a scrivere?

Sono utilissimi come quelli in cui si scrive. Non importa quanto durino questi periodi di "calma apparente" in cui sembra che non ci sia niente di interessante o in cui si continua a cancellare quel poco che è stato scritto. Le fasi di stallo sono molto importanti. La mente è meravigliosa. Lavora anche nel sottosuolo, quando sembra che nulla accada le idee si preparano a germogliare nel silenzio, nelle giornate tutte uguali, nelle pause, sulle pagine bianche come vernice. E quando poi arrivano i fiori, ovvero i versi poetici sbocciati e cresciuti con gran velocità e intensità, mi sembra di sentire quasi del dispiacere nell’aver avuto poca fiducia e mi meraviglio di come le parole prendano a sgorgare libere e a riempire fogli su fogli di emozioni che hanno le sembianze di bellissimi cristalli.

Tra le tue tante poesie quale sceglieresti da dedicare ai nostri lettori in un periodo particolare come quello che stiamo vivendo?

Sceglierei questa, dal titolo Prima che il cielo:

Prima che il cielo si riempia di stelle
e mi parli di te
Prima che giunga l’alba a tener memoria di un sogno
ho ascoltato lo spegnersi delle voci della mia città
oggi più bella che mai
più surreale che mai.
Vivo in un luogo che diventa magico a notte
un po’ per le tinte cangianti di questo cielo
un po’ per la storia di queste mura illuminate
e un po’ perché
quando ti penso
ogni cosa su cui poi il mio sguardo si posa
diventa a dir poco sublime.
Ma in un paese libero
tu questo scompiglio ch’io ho dentro
interpretalo come vuoi
sarà per il cielo
sarà per la città
sarà per te…