Oggi ci occuperemo di un’opera che è esposta nella Galleria Palatina di Palazzo Pitti a Firenze: si tratta dell’Adorazione dei Magi del Pontormo. Ho scelto quest’opera perché può essere definita uno dei manifesti dello stile manierista, che sorse all’inizio del XVI secolo e che ne caratterizzò tutta la sua durata.
Uno dei padri di questo stile fu proprio il Pontormo, che si era formato presso la bottega di Andrea del Sarto, uno degli artisti più significativi dell’inizio del Seicento.
Pontormo realizzò quest’opera nel 1523, con tecnica ad olio su tavola, per il mercante Giovan Maria Benintendi, che la collocò nell’anticamera del suo palazzo.
Analizzando il quadro vediamo in primo piano il corteo dei Magi e già da qui notiamo una novità straordinaria: gli attori principali, vale a dire la Sacra Famiglia e i tre Magi, non appaiono in posizione centrale, come era consuetudine durante il Rinascimento, al contrario, sono collocati all’estremità destra, per chi guarda il quadro. Quindi, l’artista decentralizza il soggetto principale e questa è la prima novità del nuovo stile manierista, la perdita della centralità del soggetto.
La Sacra Famiglia e i Magi sono collocati su un rialzo circondato da un muretto. Giuseppe è seduto in disparte a destra; egli impugna un bastone e indossa l’aureola, tracciata con una linea finissima, appena percettibile. Dietro alla Vergine notiamo l’inconsueta presenza della madre Sant’Anna.
Perché tale presenza?
Perché questa Adorazione dei Magi ricordava una processione fiorentina che si svolgeva ogni anno il 26 di luglio, giorno dedicato alla Santa. Il corteo partiva dalla chiesa di Orsanmichele e arrivava fino al monastero di Verzaia, vicino a porta San Frediano.
Il monastero di Verzaia dedicato a Sant’Anna è rappresentato sullo sfondo a destra. Questa immagine ci offre una testimonianza incredibile di come appariva questa struttura prima della sua distruzione, che avvenne nel 1530, ad opera delle truppe di Carlo V durante l’assedio di Firenze.
Ritornando all’opera quello che sorprende nel gruppo principale è la figura del re inginocchiato, molto probabilmente il vecchio Melchiorre. Essa appare completamente sproporzionata, troppo lunga e grande rispetto alle altre. E qui abbiamo la seconda novità del nuovo stile, l’abbandono delle proporzioni perfette. L’artista manierista vuole avere più libertà di movimento rispetto a quello rinascimentale, sia per quanto riguarda le proporzioni che per quel che concerne l’espressività.
Nel Rinascimento i personaggi rappresentati cercavano un contatto, un colloquio continuo con lo spettatore, volevano trasmettergli i propri sentimenti; nel manierismo, invece, non solo non lo cercano, ma lo evitano.
Se vi concentrate sui personaggi che compongono il corteo nessuno di essi guarda verso l’esterno cercando di interloquire con lo spettatore, i loro sguardi sono rivolti altrove e tante volte appaiono assenti. L’unico che guarda verso di noi è il personaggio all’estrema destra con la barba, vale a dire il pittore.
L’ultima e altrettanto significativa caratteristica del nuovo stile la vediamo nell’uso dei colori che adesso diventano più “metallici”, acidi.
Molto interessante è anche ciò che ci appare in secondo piano. Da destra a sinistra vediamo, oltre al monastero di Verzaia, la porta di San Frediano e il tipico paesaggio della campagna fiorentina caratterizzato da colline con la presenza di alberi, probabilmente querce. Si vede anche l’arrivo di tre cortei di cavalieri da tre strade diverse che convergono in una principale, alzando una polvere incredibile e trasmettendo così una forte sensazione di movimento.
Se guardate con attenzione il gruppo di cavalieri di sinistra, ciascuno di essi indossa un copricapo diverso e talmente particolare da rendere l’atmosfera nuova, moderna.
Il Manierismo nasce, quindi, come un nuovo stile che vuole contraddistinguersi dal Rinascimento e dare al pittore una maggiore libertà espressiva e forse essere più alla moda coi tempi.