Lo shock causato dall’emergenza sanitaria globale da Covid-19 e le misure adottate per contenerne la diffusione hanno inciso in maniera profonda sulle modalità operative e organizzative delle imprese. Le severe conseguenze tendono a ridimensionarsi con estrema lentezza e le imprese riversano in una grave incertezza. Secondo un’analisi condotta da Unioncamere e Anpal tra il 25 maggio e il 9 giugno 2020, su un universo di 1.380mila imprese con almeno un dipendente, risulta che solo 180mila imprese, quindi circa il 13% del totale, non ha subito contraccolpi produttivi e perdite economiche significative nel corso del lockdown, mentre gli effetti di questa crisi hanno reso particolarmente difficile l’orizzonte di business della stragrande maggioranza: quasi 1,2 milioni di imprese, ovvero l’85%, non hanno potuto ancora assorbire le ripercussioni della crisi e circa la metà di queste (580 mila) si attende di poter superare questo difficile passaggio solo a partire dai primi mesi del 2021. Alla data di realizzazione della rilevazione oltre 800mila imprese hanno dichiarato di operare a regimi ridotti rispetto alla situazione pre-Covid e poco più di 133mila erano ancora sospese o stavano valutando di non riprendere l’attività. Un percorso che quindi si presenta in ripida salita visto che ulteriori 381 mila imprese alla fine del 2020 prevedono il ritorno a risultati operativi accettabili e solo quasi 219 imprese sono fiduciose di un recupero entro fine ottobre di quest’anno.

I fattori di incertezza sono molteplici e riguardano trasversalmente tutte le tipologie d’impresa, anche quelle più dinamiche e resilienti. Le principali determinanti di tali fattori sono da ricercare nella durata e nella pervasività su scala mondiale della pandemia che è ancora in fase di diffusione in vaste aree del pianeta e ha prodotto anche risposte differenti in termini di approccio al contenimento sanitario, di sospensione delle attività produttive e di movimenti delle merci e delle persone. Un quadro internazionale così complesso è un motivo che in questa fase aumenta l’incertezza per quelle imprese i cui risultati sono più dipendenti dalla domanda internazionale come quelle che “esportano in modo stabile”. Alcuni vantaggi relativi sotto il profilo della limitazione delle perdite anche nella fase del lockdown e sui tempi della ripresa si possono apprezzare solo per una quota di imprese che ha investito in maniera intensa ed integrata su piani di digitalizzazione.

Tra tutti i principali macro-settori sono state le imprese delle costruzioni a mostrare la migliore ottica di recupero con quasi un sesto degli operatori che ha dichiarato di vedere il superamento delle difficoltà entro fine luglio e un ulteriore 9% che lo attende per fine ottobre, sebbene la quota di quelle che non hanno subito perdite nel periodo di sospensione obbligata sia piuttosto contenuta (intorno al 7%). Le migliori prospettive messe in luce dalle imprese delle costruzioni sono legate anche a una crescente attesa per il quadro dei provvedimenti di rilancio dell’economia che vanno dalla riqualificazione urbana e dell’edilizia abitativa e scolastica, anche in ottica green, fino ai grandi investimenti pubblici e alla semplificazione amministrativa dei procedimenti per la realizzazione e gestione delle infrastrutture strategiche per il Paese.

Molto più critiche sono le prospettive di recupero per il comparto del turismo che, oltre ad aver sofferto gli effetti della perdita del volume di affari per la chiusura delle attività, con tempistiche più lunghe rispetto ad altri settori, è anche penalizzato dall’inevitabile protrarsi delle limitazioni nei flussi turistici dall’estero oltre che dagli effetti depressivi legati al generalizzato calo dei redditi sia sul fronte interno che internazionale. In questo contesto ben il 63,1% delle imprese ritiene di poter tornare a livelli di attività adeguati solo in tempi lunghi (non prima del primo semestre del 2021) e soltanto il 6,2% (la quota più contenuta tra tutti i macro-settori) degli operatori del comparto prevede il ritorno a condizioni accettabili entro il mese di ottobre. Una situazione analoga, anche se a tinte meno fosche, è quella prospettata dalle imprese del commercio: una su due teme infatti che gli effetti dell’emergenza Covid-19 possano durare per oltre un anno. A pesare anche in questo caso, oltre alle misure di contenimento adottate che hanno in qualche modo modificato le abitudini di spesa dei consumatori, soprattutto l’aumento delle difficoltà economiche per molti nuclei familiari con la riduzione della capacità di spesa, per mitigare le quali appaiono necessari interventi fiscali mirati a sostegno dei consumi.

Tra i comparti che mostrano una miglior capacità di reazione alla fase più pesante della crisi ci sono alcuni dei settori la cui piena efficienza si è dimostrata “essenziale” nel corso di questa crisi, come la sanità e i servizi assistenziali privati (con il 63,5% degli operatori che già nel 2020 conta di raggiungere un pieno recupero) e l’istruzione e i servizi formativi privati (con il 17,4% delle strutture che traguarda alla fine di ottobre i tempi del recupero). Tra i settori industriali le attese di poter contenere entro la fine del 2020 gli effetti più pesanti delle restrizioni indotte dalla pandemia sono maggiori per le imprese della meccanica, dei settori elettrico ed elettronico e per la chimica-farmaceutica.

Tra i profili di imprese in termini di classe dimensionale, solo quelle tra i 10 e i 49 dipendenti esprimono tempistiche di recupero lievemente migliori della media, mentre l’incertezza che ancora caratterizza le condizioni dei mercati induce poco meno della metà delle micro imprese e di quelle con oltre 250 dipendenti a spostare fino al 2021 il superamento completo della fase più critica. Anche i diversi territori del Paese sembrano aver risentito tutti in modo sostanzialmente omogeneo dei contraccolpi economici dei blocchi produttivi dei mesi scorsi, delle difficoltà e della lentezza con cui si sta procedendo verso una “nuova normalità”. Le imprese delle regioni del Centro Italia mettono in luce un quadro di attese peggiori sulla capacità di risollevare i risultati operativi, per un totale di 130 mila imprese che potrebbero arrivare al 2021 con difficoltà nei fatturati, ma sono complessivamente quasi 173 mila le imprese del Sud e Isole che prevedono di poter recuperare solo nel lungo periodo.