Milanese di nascita, CEO e Co-Founder Impactscool, è un’imprenditrice sociale, divulgatrice e attivista con l'obiettivo di influenzare positivamente la società. Laureata in Economia alla Bocconi, ha nel curriculum un executive in America alla Singularity University (NASA, Palo Alto, San Francisco). Dopo una storia di successo imprenditoriale di 10 anni nel mercato dei servizi prepagati, nel 2016, con il socio Andrea Dusi, ha fondato, Impactscool, la prima impresa italiana che si occupa di ricerca, consulenza e formazione dedicate al Futures Critical Thinking. Nel marzo 2019 è stata scelta dal World Economic Forum come Young Global Leader, unica italiana, riportando così il nostro Paese fra i nominati dopo 5 anni di assenza tra i leader del futuro scelti ogni anno dall’associazione svizzera su migliaia di segnalazioni da tutto il mondo. Nel gennaio 2020, è stata selezionata dall’associazione no-profit Friends of Europe come European Young Leader, insieme ad altre 40 giovani personalità europee che si sono particolarmente distinte nei rispettivi ambiti.

Parli di lei: gioie, delusioni, progetti, sogni.

Ricordo che un’estate ero disperata perché c’erano dei bambini che si divertivano a staccare la corteccia dagli alberi. Avrò avuto su per giù 4 o 5 anni. Non riuscendo a fermarli, armata di colla, andavo a riattaccarla. Lo avrei fatto anche con le code delle lucertole l’estate dopo ma sapevo che per fortuna sarebbero ricresciute da sole. Voler cambiare le cose e cercare di contribuire a un mondo migliore è sempre stato parte del mio DNA. Oggi mi dedico a una causa più ampia con l’organizzazione Impactscool che, insieme al mio socio storico Andrea Dusi, ho creato nel 2016. “Impact is cool”: avere un impatto è cool e si può fare attraverso conoscenza, dibattito e collaborazione con riguardo alle piccole grandi sfide dell’umanità e al futuro.

Come appassionata e approfondita studiosa di futuro possibile, ha scritto che esso “è il risultato delle nostre previsioni”: lei, in particolare, come lo configurerebbe?

Il futuro ha la capacità di autorealizzarsi. Infatti, il ruolo a livello psicologico delle nostre previsioni di futuro è grandissimo e fa sì che le nostre azioni siano tutte in qualche modo guidate dalla nostra visione. Nella mia visione ci sono grandi temi che l’umanità deve affrontare in modo congiunto, aprendosi alla collaborazione e ammettendo che la nostra realtà è interconnessa, globale, ma anche particolare e locale e che siamo parte di un organismo più grande nel quale non siamo né al centro, né a un livello superiore. Dobbiamo quindi riconoscere i nostri limiti, unirci in questa sfida e iniziare a operare come parte di un sistema i cui equilibri sono vitali non solo per noi ma per tutte le altre parti.

Ha scritto che “il solo fatto che una cosa sia possibile non significa che la si debba necessariamente fare”.

La mia attenzione al futuro è scaturita da quella alle tecnologie, alle scienze e alla filosofia. Troppo spesso pensiamo al futuro mettendo al centro la tecnologia e la scienza e i loro avanzamenti senza guardare al più ampio contesto in cui siamo immersi. Certamente la curiosità e la nostra capacità di fare cose che eccedono di gran lunga i nostri limiti è qualcosa di straordinario e parte della nostra stessa natura di esseri umani. È tempo, però, per un’umanità più matura e prudente che operi in modo responsabile nel suo ambiente, dopo una profonda riflessione sugli impatti delle proprie attività.

Ci può tratteggiare le linee guida del suo progetto Impatscool?

Impactscool promuove in Italia lo studio delle tecnologie emergenti e del futuro con attività formative per scuole, docenti, università, aziende e istituzioni e con attività divulgative on line e offline. Dopo aver venduto l’impresa che ci ha occupati per 10 anni fino al 2016, con il mio socio Andrea Dusi abbiamo deciso di iniziare qualcosa che avesse un impatto. Impactscool è nata per portare argomenti e competenze cruciali per il XXI secolo laddove spesso non riescono ad arrivare, in primis ai giovani, e si sostiene grazie alle attività svolte con le aziende.

Mai come oggi siamo di fronte a un cambiamento epocale nel quale cambia la società e cambiano le sue istituzioni. La scuola e le aziende hanno bisogno di strumenti metodologici e nuove lenti per comprendere e interagire con la realtà. Noi portiamo, da una parte le conoscenze e la riflessione sulle nuove tecnologie e sul ruolo nella nostra società: l’obiettivo è di dare accesso ai nuovi linguaggi e ai nuovi elementi che fanno parte dell’esperienza umana e del nostro mondo. Dall’altra, strumenti e metodi che tengano conto delle opportunità che le nuove tecnologie offrono.

L’UNESCO nel 2015 ha annunciato che l’abilità chiave per il XXI secolo è la Futures Literacy, letteralmente l’alfabetizzazione dei futuri (al plurale!). Noi facciamo attività divulgativa basandoci proprio su questa disciplina multidisciplinare, orientata al progetto e non alla misura delle conoscenze, che permette di comprendere il ruolo del futuro nelle nostre vite e il ruolo che noi giochiamo nella definizione del futuro. Alfabetizzazione significa sia leggere sia scrivere i futuri.

La Futures Literacy permette di crescere persone e cittadini globali, consapevoli dei propri limiti, delle potenzialità dell’essere umano, delle nostre responsabilità e delle sfide che abbiamo di fronte. Lo facciamo sia direttamente a scuola e con la formazione dei docenti, sia con corsi per ragazzi e ragazze, una summer school, quest’anno in formato digitale, e varie iniziative digitali che vedranno la luce nei prossimi mesi.

Si è spesa anche per l'aggiornamento di manager e imprenditori, attraverso il progetto Future Immersion.

Alle aziende proponiamo l’utilizzo degli studi di futuro come strumento integrato nella propria attività in grado di diffondere una cultura e una mentalità pronte per il cambiamento e di affinare costantemente le proprie strategie in un mondo segnato dall’incertezza. Lo facciamo offrendo formazione sia in azienda sia con corsi ai quali possono iscriversi singole persone, e lo facciamo con workshop e progetti che facilitano questi processi strategici.

Prima erano solo le aziende straniere a chiamarci, ora richiedono il nostro supporto sempre di più anche le aziende italiane che hanno capito l’importanza di guardare nel lungo periodo. Per questo abbiamo ideato anche dei corsi executive intensivi per acquisire le competenze del foresight per professionisti, imprenditori e manager che vogliano aggiungere questa fondamentale competenza alla propria educazione.

L'impatto con il COVID-19 come ha influenzato le sue idee di futuro?

La recente pandemia ha rafforzato la mia visione di futuro. Anche prima ci stavamo già avviando verso un passaggio epocale in tutti gli ambiti della società, compresi il lavoro e l’educazione. La pandemia ha evidenziato i punti deboli e le criticità di un sistema che non è più adeguato perché costruito sulla base di paradigmi che sono quelli di un’epoca che ci stiamo lasciando alle spalle.

È sempre più chiaro che la società così come oggi è configurata ha dei limiti enormi in termini di diseguaglianze e fragilità. È l’ora di dirigersi verso una nuova realtà che si basi su valori come la trasparenza, l’apertura, la collaborazione, la sostenibilità. La pandemia ha accelerato alcuni processi di cambiamento già in atto e temporaneamente ne ha rallentati altri, ma la linea è tracciata e non possiamo più tornare indietro, non dopo aver visto cosa significhi non agire per la costruzione di un nuovo mondo.

Come cambierà la donna, a partire dal prossimo decennio, per arrivare al 2050?

Siamo nel corso di una rivoluzione che è iniziata nel secolo scorso, almeno per la società occidentale. In particolare, le donne hanno preso il controllo su due cose: il proprio tempo, grazie all’introduzione in casa di elettrodomestici che hanno permesso loro di dedicarsi al lavoro o allo studio, e la propria sessualità. Dal giorno in cui si è inventata la pillola anticoncezionale è iniziato un processo di separazione accelerata tra riproduzione e atto sessuale. Anche questo ha permesso e permette sempre di più alle donne di fare delle scelte che prima non erano sempre possibili.

Questo processo non è terminato e questo è chiaro se guardiamo alla nostra società, ancora troppo disequilibrata in termini di genere. Da qui al 2050 però ci possiamo aspettare che le cose cambino ancora di più e che la parità di genere sia un dato di fatto.

Ha scritto: “Nel 2050 è considerato normale avere un rapporto sessuale con una macchina… però la vera rivoluzione del rapporto tra uomo e macchina è un'altra: l'amore”.

Ci sono molti segnali riguardo a questa possibilità che, se può sembrare molto fantascientifica, è più vicina di quanto pensiamo. Partiamo da un aneddoto: immaginiamo di essere in un laboratorio del MIT e di vedere una donna arrabbiata che se la prende con un computer. Cosa è successo? Semplice: in quel computer è installato un chatbot, un algoritmo di intelligenza artificiale conversazionale, che ha tradito la sua fiducia.

È il 1966 e quell’algoritmo di chiama Eliza. Quella donna, l’assistente del professor Weizenbaum che ne guida lo sviluppo, come tutti ha partecipato al test e costantemente chatta con Eliza, ma, al contrario degli altri, lei era ignara del fatto che tutti avrebbero letto le loro conversazioni, per verificare che funzionasse. Ora tutto il laboratorio conosce tutti i fatti suoi. Questa donna ha sopravvalutato Eliza attribuendole caratteristiche umane che non aveva, è una tendenza che noi tutti abbiamo che prende il nome di Effetto Eliza.

Se oggi leggiamo le numerose recensioni di assistenti vocali come Amazon Alexa o Google Home, troveremo facilmente qualcuno che parla di loro come se fossero veri e propri amici. Almeno su alcune persone l’effetto confusionario c’è: parlare con qualcosa ci fa automaticamente attribuire umanità all’interlocutore e può sviluppare emozioni e affetto.

Immaginiamo ora di mettere questo tipo di algoritmo dentro a un bel robot, studiato a sua volta per generare emozioni positive in noi: il gioco è fatto. Saremo in qualche modo vittime di una serie di meccanismi naturali del nostro cervello e del nostro corpo che ci inganneranno facendoci provare sentimenti anche profondi verso una macchina.

Chiaramente queste sono ipotesi che si esplorano oggi proprio per valutare meglio le nostre azioni e i nostri progetti. Come tutte le cose, ci sono e ci possono essere applicazioni positive di strumenti simili, pensiamo alla lotta contro la solitudine o agli studi che mostrano come l’interazione con appositi robot sia di grande aiuto per gli anziani o per i soggetti affetti di autismo. Se questo futuro ci piace possiamo accelerarlo, al contrario, se non ci piace possiamo porre dei limiti. L’obiettivo è proprio quello di deciderlo insieme.

Quanto il robot potrà modificare in meglio o in peggio la nostra vita?

Io credo che le tecnologie debbano essere concepite in modo da essere sinergiche con noi esseri umani, con il nostro linguaggio e la nostra capacità di utilizzarle, come auspicava Engelbart quando parlava del rapporto tra umano e computer. Quello che è emerso oggi è che non siamo sinergici e dobbiamo imparare a esserlo. Abbiamo lasciato che la tecnologia prendesse una direzione con un passo veloce e noi siamo rimasti indietro senza puntare alla nostra educazione e capacità di usare le potenzialità dei dispositivi che abbiamo sempre con noi. È ora di puntare a questo aspetto più che mai perché questi sono gli strumenti del nostro lavorare, comunicare, imparare e vivere. Anche per questo nasce Impactscool: per aprire questa riflessione.

Quando parliamo di robot, quindi, vale questo ragionamento: se disegnati per ottenere questa sinergia gli effetti positivi saranno molteplici. Già oggi usiamo molti robot in casa per aiutarci in cucina, nelle pulizie, per il bucato, così come gli avanzamenti delle applicazioni per la chirurgia o per il supporto ai disabili o agli anziani sono eccezionali.

Nel corso della storia l'uomo ha sempre più assunto un atteggiamento di dominio nei confronti della natura, come si potrà, in futuro, trovare un nuovo equilibrio?

Credo che a partire dall’educazione possiamo letteralmente rimetterci al nostro posto. Per anni abbiamo pensato di essere stati posti al vertice della natura e di poterla dominare e piegare a nostro piacimento, ma negli ultimi secoli questa visione è stata completamente ribaltata sotto diversi punti di vista: cosmologico, con la Rivoluzione Copernicana; biologico, con le scoperte di Darwin; cognitivo e psicologico con gli studi iniziati da Freud. Non siamo speciali né al centro della natura ma ne siamo un piccolo ingranaggio e come tali dobbiamo concepire la scienza, la tecnologia, la società, e le nostre relazioni. Educandoci fin da piccoli a conoscere i nostri limiti biologici e cognitivi, a concepirci come cittadini planetari con le nostre sfaccettature locali e globali, possiamo compiere i primi passi verso un nuovo mondo sostenibile.

Ha qualche figura femminile che le è stata di esempio o di guida per le sue scelte?

Ne ho tante, a partire dalle mie nipoti che mi insegnano a guardare il mondo con uno sguardo libero da pregiudizi; J.K. Rowling per la perseveranza a cui ho guardato spesso quando ho scoperto di amare la scrittura; Maria Montessori per il coraggio di guardare all’educazione in modo diverso e per l’impegno nel realizzare la propria visione; Margrethe Vestager per la grande decisione con cui si batte con competenza per disegnare policy in grado di tutelarci ma anche di ottenere il massimo dalle possibilità offerte dalle nuove tecnologie.

Quanto l'ambiente e la cultura milanesi hanno influenzato la sua formazione?

Gusto per il bello, arte, storia, operosità, confronto con persone provenienti da diversi luoghi, italiani o esteri… Sono cose che Milano offre a tutti con generosità e che amo molto della mia città natale.

Come progetterebbe la Milano del futuro?

Multietnica, verde, sostenibile, eccellente, bella.