Uno spettacolo intenso e raffinato, caratterizzato da continui rinvii e rimandi, ma anche da frammenti poetici, da forme del costruire coreutico, e da un sistema di segni sui quali azione e musica scandiscono le scene più forti e poetiche. È Metamorphosis, prima assoluta della Compagnia Virgilio Sieni spettacolo andato in scena nell’ambito della prestigiosa rassegna Bolzano Danza, da decenni punto di riferimento del panorama nazionale per la danza contemporanea. La storica formazione italiana, fondata nel 1992 a Firenze, è divenuta nel 2015 il Primo Centro Nazionale di Produzione della danza riconosciuto dal Ministero per i Beni Culturali.

Lo spettacolo Metamorphosis1, andato in scena al Teatro Comunale di Bolzano, è stato accompagnato live dall’Orchestra Haydn di Bolzano e Trento, diretta da Chloé van Soeterstède (francese, classe 1988).

Metamorphosis è un’opera concettualmente profonda, espressione di una narrazione in cui i corpi dei danzatori rinviano a nuovi segni, a strutture coreutiche in grado di costruire identità e gravità. E non solo Ovidio vive nella dimensione ideativa e quale punto di partenza dell’opera di Virgilio Sieni, ma anche l’analisi dei filosofi francesi Gilles Deleuze e Félix Guattari, e, in primo luogo, all’accezione del divenire e della trasformazione “come processo del desiderio”.

Il concetto di “soglia”, e di un suo continuo divenire, è l’altro fondamentale elemento che risalta nell’opera del coreografo italiano. E di certo non è casuale il riferimento a questo termine, esempio tipico di un concetto antico che ritrova oggi più che mai un carattere e una forza primaria diretta alle conoscenze e ai processi di lettura delle pratiche coreutiche.

Tesi e antitesi, testo e contesto, forma/genesi e sviluppo/morfogenesi. Muove su queste dicotomie e categorie linguistiche il messaggio coreutico di Sieni, ma anche le forme figurative che si snodano - è proprio il caso di dire in tutti i sensi - su di uno spazio scenico che trova struttura e pertinenza, identità e concettualizzazione. E a confermarlo sono gli stessi “filtri” dello spettacolo, sui cui fondali sono i luoghi deputati dello spazio scenico, le “soglie” da solcare e da attraversare, e il cui mutare, costituito dalle coreografie, consente lo sviluppo di un continuo movimento da cui sortiscono e risaltano i cinque danzatori - Marina Bertoni, Giulia Gilera, Maurizio Giunti, Andrea Palumbo e Sara Sguotti - che, adagiati sulla musica di Arvo Pärt (Cantus in Memory of Benjamin Britten, Da pacem Domine, Für Lennart in memoriam, Greater Antiphons, Psalom, Sequentia, Silouan's Son, Trisagion) eseguita dal vivo dall’Orchestra Haydn di Bolzano e Trento – sotto la magistrale direzione di Chloé van Soeterstède - costruiscono, tempo su tempo, una meditazione sull’infinito del gesto, sulle pulsazioni di avvenimenti e accadimenti, incontri fiabeschi originati ogni volta dall’addentrarsi in uno spazio boschivo.

Corpi testuali come metafora e metonimia, viandanti di antiche leggende che si dispiegano tra gravità e leggerezza, morbidezze e tensioni di un’azione che mira alla trasformazione e all’esercizio della metamorfosi, e a una soggettività totale, fonte di un’azione globale.

Ma è anche la musica a ricoprire un ruolo primario che, come spiega Sieni, “rispecchia un elemento estremamente ambiguo delle Metamorfosi. Infatti, danza e musica si incontrano nella sospensione, sulla capacità dell’uomo di ricordare e commuoversi, oltre l’elemento terreno. Pärt indica la strada legata all’ancestrale, al di là del misticismo”. E, analogamente, di medesima rilevanza strutturale è la metafora dell’oggetto, sia nella loro qualità di corpi o di animali, che risaltare nel quadro dello spettacolo, come testimonia la “figura” del cervo che rinvia a un’esemplificazione di altri segni e di altre simbologie – quella dell’albero, ad esempio, rappresentata nei rami dalle stesse corna del cervo, e quale possibile fonte distributiva di una memoria che si sviluppa tra soglie e “margini”, aree di confine e di una comunicazione. La stessa, che muove lungo il codice del silenzio in cui si snoda Metamorphosis, e, meglio ancora, dentro a un’apologia del silenzio, quale modalità di espressione vocale e coreutica, ma anche come trasparenza di un percorso narrativo. Uno spettacolo dai risvolti avvincenti e determinanti, in cui ogni azione è l’elemento fondante di un segno e di un significato concreto, o il carattere di un’impronta oltre l’umano.

1 Lo spettacolo dopo il debutto a Bolzano Danza, sarà ospite a Civitanova Danza (2 agosto) e al Teatro Valli di Reggio Emilia (11 ottobre) nell’ambito della NID Platform.