Nell'autunno del 2011 ho cominciato a studiare in maniera sistematica le Antiquarie Prospetiche Romane realizzate dal sedicente "Prospectivo Melanese Depictore". Le avevo conosciute qualche anno prima poiché facevano parte della bibliografia di due tra i miei studiosi preferiti: Dante Isella e Giovanni Agosti. L'inserimento di quel poema tra i testi da studiare per l'esame di Filologia di Andrea Comboni a Trento mi fece riprendere in mano l'edizione critica, con conseguenze che in quel momento non potevo immaginare.

Avevo, quindi, ricominciato a nutrirmi, da spettatore curioso e neutrale, di tutte le analisi, le rilevazioni, gli studi, le congetture, le ipotesi inerenti a cosa quel testo raccontasse e su chi potesse nascondersi dietro alla maschera del Prospectivo.

Era evidente, come rileva Dante Isella, che lo stravagante accanimento ermeneutico (Ise-Ago p. X) riversato dagli studiosi su questo poema negli ultimi 140 anni derivava unicamente dall’importanza della persona cui il testo è stato dedicato, Leonardo da Vinci, e di cui lo sconosciuto autore dichiara di essere grande amico. Quale studioso avrebbe dedicato tempo a un testo sostanzialmente incomprensibile, con presunte descrizioni di opere d'arte rielaborate in modeste terzine, se all'interno non ci fosse stata la segnalazione del celebre pittore toscano?

Io - come negarlo - non sono mai stato attratto da Leonardo; non perché la sua vita e le sue opere non fossero affascinanti, ma perché il mondo contemporaneo l'ha reso ai miei occhi l'equivalente di una bibita gassata, di un marchio industriale. Ovviamente conoscevo qualche passaggio della sua vita, i quadri più importanti, gli studi d’ingegneria idraulica, i manoscritti, i progetti, i vocabolari, le macchine volanti che non hanno mai volato, ma ho sempre avuto un’istintiva repulsione - e lui non ne ha proprio nessuna colpa - per tutta l'enfasi che da sempre accompagna questq persona.

Ho sempre detestato questa scaffalizzazione da ipermercato in cui attraverso le sue poliedriche caratteristiche si può trovare di tutto: Leonardo pittore, ingegnere (aeronautico, tessile, navale, idraulico), omosessuale, bisessuale, filosofo, progettista di armi, di ponti, architetto, figlio di papà, figlio di 'putana', urbanista, astronomo, entomologo, scrittore, curatore di vocabolari, matematico, inventore, geologo, alchimista, sciamano, scultore, grafomane, organizzatore di feste, vegetariano, medico autoptico, scenografo teatrale.

Un catalogo dell'impossibile che avrebbe attratto anche Gadda, un palcoscenico sempre pronto a rinnovarsi con nuovi costumi da far indossare al toscano. Mi disorientava anche la ricezione umana della sua persona attraverso i secoli: un ignorante per gli umanisti suoi contemporanei, un pittore importante dal 1519 al 1651, uno scrittore talentuoso dal 1651 a fine Settecento, un genio simbolo dell'umanità negli ultimi due secoli. Come se ciò non fosse bastato a tenermi distante da lui, sono arrivati i fantomatici "codici" che tanto hanno reso al benessere economico di case editrici e case cinematografiche, di scrittori, sceneggiatori e attori.

Nonostante ciò le Antiquarie hanno cominciato a essere un chiodo fisso per me. Ogni giorno dedicavo scrittura e pensieri a quel testo. L'enorme mole di analisi fatte dagli studiosi dal 1876 a oggi erano molto interessanti, tuttavia mi sembrava che mancasse qualcosa al loro interno. Per capire il mio malessere venne in soccorso Giovanni Agosti con l'edizione critica del testo stampata a Parma nel 2004 (p. XXXVII):

"Da subito questo testo, che da allora - salvo un paio di eccezioni - non è mai stato affrontato di petto, viene utilizzato da esponenti di tradizioni differenti che ben presto cominceranno ad ignorarsi reciprocamente. Il poemetto, infatti, attira l'interesse di corporazioni diverse: gli studiosi di Leonardo, gli storici dell'arte, gli archeologi, i topografi di Roma, gli storici del libro e dell'illustrazione, gli storici della letteratura (per esempio Comparetti, che ne fa precocemente cenno nell'edizione del 1896, del suo Virgilio nel Medioevo), e, adesso, gli storici del collezionismo”.

In sostanza tutti si erano avvicinati cercando in quel testo conferme alle loro competenze, edificando piloni di sostegno al loro lavoro, alla loro specializzazione specifica. Com'era possibile? Se il Prospettivo era andato a Roma e vedendo opere d'arte aveva deciso di prenderne nota, e poi aveva deciso di trasformarle in terzine, e poi aveva deciso di farle stampare per poterle dedicare al suo grande amico Leonardo, significava che queste due persone avevano una relazione profonda, non comune, molto particolare.

Io credo, con il rispetto che io ho per chiunque, che al Prospettivo non importasse nulla delle "corporazioni", degli archeologi, dei topografi di Roma, della storia del libro, dell'illustrazione o del collezionismo. Bisognava capire perché avesse sentito la necessità di fare questo.

La comunicazione tra gli esseri umani mi ha sempre appassionato, e solo questo era il motivo per cui ero finito dentro a quel testo come un insetto nella carta moschicida.

Avevo capito perché le Antiquarie mi ossessionavano. Non volevo sapere chi fosse il Prospettivo, ma capire che genere di relazione legava un uomo mascherato che si è inventato un nome a Leonardo da Vinci.

Questa sarebbe stata la mia indagine.

Questa è stata la mia inchiesta.

E per fare questo ho dovuto cominciare a occuparmi della vita dell'uomo di Vinci. Analizzare la vita di Leonardo era l’unico modo per sperare di imbattermi in quel caro amico che gli aveva dedicato un intero poema; magari non ci sarei riuscito, sarebbe stato tempo perso, tuttavia era l'unica cosa da fare. E qui sono iniziati altri problemi legati a quanto accennato qualche riga fa: dopo aver consultato centinaia di testi ho cominciato ad avere un quadro più nitido su Leonardo, organizzato su dati precisi, documenti reali e non interpretazioni buone per la produzione di enigmi, misteri, e videogiochi.

Attraverso questa indagine ho cominciato a conoscere un uomo indubbiamente fuori dall'ordinario, riuscendo ad ascoltare chi davvero l'aveva avuto a cuore dedicandogli una vita di studi.

Indagare Leonardo ha significato anche dedicare tempo per schivare pagine sull’esoterismo, sul suo rapporto con la cabala, le sue doti sciamaniche, sulla trinità platonica, o la musicalità della sezione aurea. Un ricco campionario di baggianate e/o cose inutili che hanno reso il lavoro lungo e snervante ma che fortunatamente mi ha fatto apprezzare ancor di più il l'opera di studiosi seri e autorevoli, con a cuore la vicenda non solo artistica ma anche umana di Leonardo: Augusto Marinoni, la signora Fumagalli, Chastel, Batkin, Martin Kemp, lo stesso Govi scopritore del nostro testo, Uzielli, Gombrich, Beltrami, Kenneth Clark, Marani, Vecce, Villata, oltre alle mie guide Isella e Agosti, fino ad arrivare a Ballarin e alla più straordinaria opera mai fatta sull'arte pittorica del maestro di Vinci. È stato attraversando questa foresta d’informazioni che la meta, in maniera naturale, è cambiata. Non avrei più sprecato energie per capire chi fosse il Prospettivo ma avrei provato a comprendere, attraverso quel testo sconnesso, quale tipo di relazione umana e artistica potevano avere avuto l’autore delle Antiquarie e il suo amico Leonardo da Vinci. Anche solo intuire perché non aveva voluto rivelare la sua identità e mettere fuoco il movente per cui aveva scritto, e voluto stampare, quel testo.

Solo il movente.