Nel 1924, il Times di Londra aveva definito Emma Ciardi: “Uno tra i pochi pittori italiani contemporanei di fama europea e non solo locale”. All’epoca non si poneva neanche la possibilità di declinare al femminile, poiché nell’idea del recensore d’arte averlo fatto, chiamarla cioè come le spettava, pittrice, avrebbe sminuito il valore dell’autrice.

Infatti, di pittrici come lei ben poche furono quelle in grado di raggiungere la notorietà, tale era nei primi del Novecento la difficoltà delle donne di esporsi in un ambito pubblico che non le competeva. Non dimentichiamo che Emma Ciardi, figlia di Guglielmo Ciardi, pittore veneto paesaggista ottocentesco, nasce a Venezia nel 1879, quando ancora si disquisiva se vi fossero donne di genio.

Era il 1893 quando Giuseppe Sergi (1841-1936), antropologo contemporaneo di Cesare Lombroso, pubblica nella rivista Atti della Società Romana di Antropologia, il saggio Se ci sono donne di genio. “Interrogato una volta se vi siano donne di genio, come nell’uomo, risposi negativamente, ma aggiunsi che la donna può essere madre di geni, più tardi mi occorse di scrivere che non dalla condizione sociale fatta alla donna, in tempi antichi e moderni, deriva il fatto, ma sempre della condizione sessuale: ora mi propongo di dimostrare questi asserti” (Sergi, 1893:167).

Ebbene, Emma Ciardi si avvia alla pittura grazie al padre, a vent’anni è già autonoma nella sua attività artistica che la renderà indipendente e riconosciuta prima a Venezia poi in Europa e negli Stati Uniti. Viaggerà molto prima con il padre e il fratello Beppe, anche lui pittore affermato e poi da sola. Milano, Berlino, Londra, Parigi, Bruxelles, New York, San Francisco e ancora Firenze, Londra, Parigi, Basilea, Bruges, sono i tanti luoghi in cui espone e dipinge en plein air.

Durante una mia escursione di lavoro nella campagna trevigiana tra quelle località che lambiscono il corso del fiume Sile, tra Istrana, Quinto, Casale sul Sile e Casier, mi accorgo di grande un parco storico apparentemente abbandonato che a cancelli aperti mi fa intravedere nella radura una immensa e rumorosa macchina decespuglatrice che avanza senza tregua abbattendo tutto il vegetale che può trovare di fronte a sé. Mi chiedo come potessero apparire quei luoghi selvatici agli occhi avidi di natura di Emma Ciardi che lì avrebbe acquistato una villa – a Refrontolo – proprio per dedicarsi alla pittura di paesaggio, quando ancora oggi, se non si distogliessero gli occhi da quelle sinuose e fresche anse del fiume, ci si potrebbe illudere che la natura non sia stata mai violata.

Questi paesaggi veneti rispettati come santuari da pittori che ebbero qui i loro natali, Cima Da Conegliano, Bellini, Giorgione solo per citare i più noti che mi sovvengono, saranno luoghi di ispirazione dei grandi protagonisti del Gran Tour europeo per ricreare poi in tutto il mondo quei parchi paesaggistici che segnarono tre secoli di storia del giardino, tra Seicento e Ottocento.

Ma arriviamo ai paesaggi forse meno noti ai più, oggetto di interesse di una mano femminile che insieme a Beppe e Guglielmo Ciardi costituiscono una famiglia di pittori, protagonisti della scena artistica veneziana, italiana e internazionale a cavallo tra due secoli. La riscopro, quindi, la pittura di paesaggio di Emma Ciardi, in una mostra di Conegliano, a Palazzo Sarcinelli, un appuntamento I Ciardi. Paesaggi e giardini, dedicato alla pittura veneta suddivisa in tre sezioni con opere dei tre autori. I quadri di Emma Ciardi raccontano una vita breve, muore a soli 54 anni a Venezia, benché intensissima e dedicata esclusivamente all’arte e al viaggio per far conoscere le sue opere.

Una prima personale a Londra del 1910, a trenta anni alle Leicester Galleries, la porta ad essere molto apprezzata dal mondo anglosassone per le sue creazioni che – osservano i curatori - a partire dal vedutismo veneziano è capace di rielaborare le esperienze macchiaiole, impressioniste e tardo impressioniste con un’originale chiave espressiva. I suoi quadri sembrano apprezzati proprio per la singolarità espressiva, per l’attenzione al particolare, alle luci e ai riflessi della natura colta nei diversi momenti della giornata, nei giardini e nei parchi. Ne sembra quasi catturata, quasi che le trasmettano, come orti conclusi, una pace edenica che ristora e rassicura, come radure che emanano quiete.

La sua passione naturalistica emerge e prorompe nelle opere che mi fanno soffermare più a lungo delle altre dei suoi familiari, come Meriggio a Refrontolo, un olio su tavola del 1931-1932 che sviluppa una radura illuminata da un leggero raggio obliquo che si posa sulle fronde leggere di querce maestose, mentre in lontananza il grigio profilo delle Prealpi contrasta con candide nubi basse e rarefatte. I collezionisti e i mercanti europei l’apprezzeranno proprio per queste visioni en plein air che trasmettono la sua libera visione, rispettosa del vero naturalistico. Gustose anche le rappresentazioni di scorci di giardini storici in cui compaiono teatri di verzura, quinte verdi topiate, da cui spuntano figurine veneziane mascherate che suggeriscono mondi ormai lontani, immortalati rispetto all’avanzare del nuovo.

Alcuni critici trovano originale il suo modo di rappresentare la natura, rispetto al lirismo dei paesaggi raffigurati del padre Guglielmo e allo stile bucolico del fratello Beppe, i suoi paesaggi di natura limpida ariosa, mai ridondanti appaiono belli nella loro semplicità senza pose. Questo soprattutto sarà sottolineato nelle due mostre che hanno preceduto questa che le dedica solo una piccola parte delle sue opere, tenutesi nel 2003 a Mirano e poi a Villa Pisani a Strà nel 2009 in occasione dell’uscita dell’opera monografica su di lei pubblicata da Allemandi a cura di Myriam Zerbi.

Incuriosita da una definizione di Emma Ciardi come donna “dagli occhi grandi e riflessivi” da una ricerca nell’archivio fotografico digitale Phaidra delle collezioni dell’Università di Padova, scopro un suo ritratto da cui traspare una sicurezza non altera ma pacificata. La scelta di rimanere single le permise una libertà che al tempo sarebbe stata sempre oggetto di contrattazione e di compromessi in famiglia, le consentì di viaggiare per esporre negli Stati Uniti e in Europa, le prime vedute che dedicherà all’Inghilterra avranno un grande successo nella sua vasta clientela anglosassone come Un giardino a Londra, Rododendri di Hyde Park, I giardini di Kensington e Waterloo Bridge. Il catalogo della mostra di Villa Pisani riferiva che pur essendo riconosciuta come "primadonna" della Biennale di Venezia, dove espose per tutte le edizioni dal 1903 al 1932, fu anche una esperta viaggiatrice, parlava bene tre lingue, e il suo primo quadro lo vendette a Praga a ventun anni, mentre conquistò Londra a trentaquattro e a trentasei San Francisco, per poi esporre e vendere a New York e a Chicago.

Mi dispiace non trovarla citata nel bel volume di Anna Banti (1895-1985) Quando anche le donne si misero a dipingere1, scrittrice prolifica, critica d’arte e traduttrice che forse era troppo vicina temporalmente alla Ciardi per darle un giusto posto d’onore tra le pittrici italiane, tra le 12 raccontate in un arco temporale che va dal Rinascimento all’800. Da Sofonisba Anguissola a Vanessa Bell. Ma entrando anche per poco nel mondo delle opere di Emma Ciardi, è stato come vederla audace e sicura che si addentra tra ville e giardini con il suo cavalletto e l’ombrello parasole, che osserva in silenzio quei particolari, fontane, scalinate e parterre o nella piena campagna i colori scintillanti di praterie desolate ancora non aggredite da tante costruzioni che di li a poco sarebbero arrivate nella bella e intatta pianura veneta.

Non sono mancati studi di genere su di lei e vi esorto a curiosare oltre al bel catalogo di fotografie che la riguardano, foto scattate da lei stessa quando intravvedeva soggetti utili al suo pennello (Selezione di fotografie scattate da Emma Ciardi, conservate nel Fondo Pier Maria Pasinetti dell'Archivio Carte del Contemporaneo - digitale Phaidra) e una pubblicazione a cura del Comitato Pari Opportunità che fu dato alle stampe nel 2003 (ora disponibile anche in rete) dall’Università Ca’ Foscari Emma Ciardi pittrice tra le famiglie Ciardi e Pasinetti.

È il nipote Francesco Pasinetti (1911-1949), figlio della sorella, regista prematuramente scomparso, che la ricorda amorevolmente citando il suo arrivo a Refrontolo (da rex frondium - re delle fronde o roncus frondium, inteso come fruscio di ramoscelli): “Nel 1930, Emma cercando un luogo di campagna dove poter lavorare traendo nuovi motivi paesaggistici, si reca a Refrontolo. Ha trovato ciò che desiderava: alberi”. E scopro dalle sue testimonianze che compra questa casa con un terreno dove trascorre buona parte degli ultimi anni della sua vita, alternando l’attività artistica alla pratica agricola. Come documentano le fotografie di questo periodo, si dedica per ore alla cura delle piante e a coltivare la terra, affidandosi alla lettura di manuali di frutticultura che, anche a Venezia, sono mescolati ai suoi libri d’arte.

Mi piace vederla in un’immagine ben diversa dalla donna ottocentesca, è nei campi felice, come una “giardiniera” creatrice di paesaggi.

1 Collana Miniature, Abscondita, 2011, già uscito nella Collana Narrativa n. 2, La Tartaruga, 1982.