Evelyn De Morgan nacque il 30 agosto 1855 a Londra, in una famiglia dell'alta borghesia, immersa nel prestigio di un ambiente colto e raffinato. Suo padre, Percival Pickering Q.C., apparteneva a una dinastia di politici e proprietari terrieri dello Yorkshire, mentre sua madre, Anna Maria Spencer Stanhope, vantava origini nobili e discendeva dal celebre "Coke of Norfolk", conte di Leicester.

L’arte scorreva forte nel sangue della famiglia materna. Il fratello di sua madre, John Roddam Spencer Stanhope, era un rinomato pittore tardo-vittoriano. Eppure, nonostante questo legame con il mondo artistico, Evelyn crebbe in un ambiente che non incoraggiava il suo talento. Fin da bambina, riempiva fogli su fogli con schizzi e disegni, coltivando una passione ardente per l’arte. Tuttavia, il suo destino sembrava già scritto: un'educazione rigorosa, sotto la guida di tutor privati, la formava secondo le aspettative della sua classe sociale. Studiava latino, greco, francese, tedesco, italiano, letteratura classica, scienza e mitologia, tema che sarebbe diventato costante nelle sue opere.

Quando confessò il desiderio di diventare pittrice, incontrò un ostacolo insormontabile: sua madre. Secondo la biografia scritta dalla sorella minore Wilhelmina Stirling, la donna arrivò persino a corrompere gli insegnanti affinché scoraggiassero Evelyn, convinta che l’arte non fosse un destino adeguato a sua figlia. "Voglio una figlia, non un'artista", avrebbe detto, nel tentativo di soffocare quella vocazione.

Ma Evelyn non si arrese. Il fuoco della sua determinazione bruciava più forte di ogni ostacolo. Suo padre, più comprensivo, divenne il suo alleato silenzioso. I suoi diari, oggi conservati presso la De Morgan Foundation, rivelano che iniziò a finanziare lezioni private di disegno per la figlia e le permise di viaggiare in Francia e Italia con lo zio pittore, affinché potesse studiare da vicino i capolavori dei grandi maestri. La mattina del suo diciassettesimo compleanno, Evelyn aprì il diario e scrisse:

L'arte è eterna, ma la vita è breve... Ora vi porrò rimedio, non ho un momento da perdere.

Quelle parole erano una promessa, un giuramento incancellabile. Chiese ai genitori di iscriverla a una scuola d’arte, ma trovò ancora resistenza. Nonostante i tentativi di dissuaderla, la sua determinazione vinse, e nel 1873 venne ammessa alla Slade School of Fine Art.

Durante questi anni, Evelyn si interessò a poco altro che alla pittura e lottò duramente per essere presa sul serio come artista. Si ribellò a ogni tentativo di trasformarla in una donna "oziosa" e, quando sua madre le suggerì di dedicarsi alla vita mondana, rispose con impeto: “Andrò nel salotto, se vuoi… ma se ci vado, prenderò a calci la regina!”.

Alla scuola d’arte dimostrò un talento straordinario, conquistando riconoscimenti importanti: ottenne la prestigiosa Slade Scholarship e vinse diversi premi, tra cui il “Premio e la Medaglia d'Argento per la Pittura dall'Antico”, il “Primo Certificato per il Disegno dall'Antico” e il “Terzo Certificato Equal per la Composizione”. Tuttavia, la rigidità accademica della Slade iniziò a starle stretta. Desiderava lavorare in modo più indipendente e sviluppare uno stile proprio, così, dopo alcuni anni, decise di lasciare la scuola.

A partire dal 1875, trascorse lunghi periodi a Firenze, dove risiedeva lo zio John, avendo l’opportunità di studiare da vicino i capolavori di artisti come Botticelli. L’influenza del maestro rinascimentale è evidente nella sua opera Flora (1894), in cui la dea della primavera è rappresentata in un prato fiorito, illuminato dal sole estivo italiano. De Morgan la dipinge in tonalità dorate, facendo sì che la figura irradi luce e splendore, quasi a illuminare simbolicamente il mondo circostante. Quest’opera non solo testimonia la profonda ammirazione dell’artista per Botticelli, ma rivela anche la sua straordinaria abilità nella pittura da cavalletto. Ancora oggi, Flora si conserva in condizioni impeccabili, grazie all’accurata preparazione della tela e all’uso di sottili strati di colore, che ne esaltano la luminosità e la raffinatezza.

Nel 1876, a soli ventuno anni, Evelyn espose per la prima volta alla Dudley Gallery e, l'anno successivo, presentò le sue opere alla prestigiosa Grosvenor Gallery di Londra. Da quel momento, la sua presenza nelle esposizioni divenne costante. Nel 1907 raggiunse uno dei traguardi più importanti con una mostra personale alla Wolverhampton Municipal Art Gallery and Museum, dove espose venticinque opere, di cui quattordici destinate alla vendita. Nella sua prolifica carriera artistica, si colloca anche il matrimonio, nel 1887, con il ceramista William De Morgan, con il quale visse tra Londra e Firenze per quasi tutta la prima decade novecentesca, fino all’inizio della prima guerra mondiale.

Sebbene la Confraternita Preraffaellita si fosse già sciolta alla nascita di Evelyn, la sua influenza sulla produzione artistica della De Morgan è innegabile. Grazie allo zio, Evelyn ebbe l’opportunità di entrare in contatto con alcuni dei più grandi artisti del suo tempo, tra cui Dante Gabriel Rossetti e William Holman Hunt. Inoltre, come allieva di Edward Burne-Jones, uno dei fondatori del movimento, assorbì molte delle caratteristiche preraffaellite, pur sviluppando uno stile personale. Ciò che la distingue è il distacco dall’accademismo classico, arricchito dall’influenza delle sue esperienze fiorentine. Nei suoi dipinti, temi mitologici e allegorie diventano strumenti per esplorare l’animo umano e la spiritualità, riflettendo una ricerca interiore profonda e innovativa.

Nel 1889, Evelyn firmò la “Dichiarazione a favore del suffragio femminile”, dichiarando pubblicamente il suo impegno per l’uguaglianza di genere. Pur non essendo un’attivista nel senso tradizionale, la sua arte divenne un potente mezzo di protesta silenziosa. Tra le sue opere più significative in questo senso, troviamo The Gilded Cage (1901-1902), in cui una giovane donna, vestita con sontuosi abiti dorati, osserva con malinconia i festeggiamenti all’esterno, mentre gioielli e libri giacciono abbandonati ai suoi piedi. La sua prigionia in una società patriarcale che la costringe alla sfera domestica è simboleggiata dal canarino dorato in gabbia, rappresentato nell'angolo in alto a destra del dipinto.

Durante la sua carriera, la pittrice si interessò anche alla pittura spiritualista, grazie all'influenza della madre di suo marito William, Sophia Frend De Morgan, spiritista praticante. La coppia partecipò infatti a varie sedute spiritiche e registrò le loro sperimentazioni in un libro pubblicato nel 1909, The Result of an Experiment. Questa connessione con il mondo dell’occulto segnò profondamente l'arte di Evelyn. Uno degli ultimi dipinti che realizzò, The Passing of the Soul at Death (1917), rappresenta la morte come il passaggio dell'anima di una donna verso un'entità spiritica accogliente, avvolta da una nebbia arcobaleno, un'immagine che rispecchiava la visione del mondo spirituale che Evelyn e William avevano condiviso.

Nella carriera pittorica di Evelyn De Morgan si inseriscono anche i suoi straordinari disegni in oro, opere complete, concepite come pezzi autonomi, che riflettono temi di spiritualità, mitologia e femminismo. In queste creazioni, l’artista celebra il divino e lo spirituale, rappresentando angeli, santi e divinità mitologiche, ma evitando soggetti terreni come i ritratti o le scene di interni preraffaelliti.

Evelyn De Morgan morì il 2 maggio 1919 a Londra, ma la sua eredità artistica è stata preservata grazie all'instancabile impegno della sorella, Anna Marie Diana Wilhelmina Pickering-Stirling. Determinata a proteggere l'opera di Evelyn, Wilhelmina si batté con tenacia per salvaguardare i dipinti e gli schizzi della sorella, anche quando alcuni erano considerati "scarti" dal fratello Spencer, l'esecutore testamentario. La sua dedizione nel raccogliere, conservare e curare l'arte di Evelyn ha portato alla creazione della De Morgan Foundation, garantendo una fruizione del lavoro visionario di Evelyn anche alle generazioni future. Grazie al suo sacrificio e alla sua visione, l'arte di Evelyn De Morgan continua a vivere, permettendo al mondo di riconoscere e apprezzare il suo profondo e duraturo contributo alla storia dell'arte.