Cara Greta,

Ti scrivo per ringraziarti e raccontarti la vergogna che provo ogni volta che incrocio il tuo sguardo. Quando penso che un’adolescente di sedici anni affetta da sindrome di Asperger (forse in quel gioco di infiniti ribaltamenti che fanno la storia scopriremo un giorno che la tua ‘sindrome’ è semplicemente la soglia del buonsenso, la linea di demarcazione tra la normalità dei pochi e la malattia dei molti) è stata l’unica che ha avuto il coraggio di fare quello che ognuno di noi dovrebbe fare, mi si riempie il cuore di una miscela di emozioni che vanno dalla gratitudine per la tua presenza sul pianeta alla vergogna pungente per averti lasciata sola in questa lotta per la verità.

Ora sei circondata da piccole guardie del corpo che ti proteggono con i loro sorrisi benevoli, protagonisti, con la loro rabbia magmatica che ha trovato in te un motivo per esprimersi e presentarsi al mondo così come è: figlia di un tempo senza padri né madri. Noi, quelli che dovrebbero essere genitori, apripista, insegnanti di vita, siamo spariti. Ci siamo ritirati in un disinteresse onnivoro, che ha reso deserto umano e geografico tutto quello che incontrava. Granello per granello, fino a quando la sabbia non ha invaso le nostre case perbene. Ma anche qui, invece che sprangare le porte e cercare di capire cosa fosse accaduto mentre diligentemente “su via a spalare!” per la salute di tutti, siamo saliti sui tetti delle nostre fragili roccaforti domestiche a guardare impigriti il deserto che fagocitava le cose. E, ciliegina sulla torta, lo abbiamo fatto infastiditi dall’impossibilità di ordinare il nostro pacco su Amazon. Cosa altro è il cambiamento climatico se non tutto questo?

Ma non c’è deserto senza il suo meraviglioso fiore. Così arrivi tu a portare parole, le uniche degne di essere pronunciate, parole vere di comprensione. Mi capita spesso di riascoltare il discorso che hai fatto a COP24, davanti alla brillante leadership mondiale che strabuzzava gli occhi come se fossi un’aliena appena sbarcata sulla Terra intenta a parlare una lingua incomprensibile. La semplicità, la chiarezza, il senso anche solo logico per non dire etico del tuo discorso fluivano come acque esondate pronte a travolgere la retorica di false soluzioni procrastinate. Una menzogna macroscopica che non potrebbe esistere se le nostre coscienze fossero attente, sensibili e vigili come la tua. È vero come sostieni a gran voce che ci sono dei responsabili maggiori per questo disastro incombente, è altrettanto vero che queste persone hanno potuto sfilare indisturbate sulle passerelle di quel deserto fatto delle nostre infinitesimali indifferenze quotidiane.

Ci piace spesso paragonare i grandi mutamenti sociali, le grandi conquiste umane, a onde che nascono dall’intuizione del singolo o dei singoli, interazioni apparentemente di poco valore che innescano cambiamenti epocali incontrollabili, effetti multipli come quelli originati dalla tua sentita protesta di fronte al parlamento svedese che oggi raccoglie milioni di consensi sparsi in tutto il mondo. Piccole gocce che unite insieme formano un oceano della trasformazione. Ma quando dobbiamo applicare lo stesso principio di coerenza alle nostre azioni più silenti, e contemplarle per quello che sono, ovvero parte di una responsabilità collettiva dalla quale nessuno può svincolarsi realmente, ecco allora che le menti e le emozioni cadono in un sonno profondo e si affidano ai gadget del disimpegno per non provare quella sensazione meravigliosa che è il sentirsi artefici e responsabili del proprio destino, liberi di scegliere nel bene e nel male, liberi di curare e medicare il mondo che siamo così come di distruggerlo.

Tutto questo avremmo dovuto insegnarlo noi adulti a te e invece sei tu che lo stai trasmettendo a noi. E quando vedo giornalisti opinionisti politicanti che ti attorniano con l’aria soddisfatta di chi ha finalmente trovato una degna alleata o un’inflessibile nemica con cui confrontarsi, la vergogna che provo raggiunge l’apice perché questa assoluta mancanza di decenza nei confronti tuoi e di ciò che rappresenti è lo specchio di quello che siamo diventati, noi, che guardiamo scene come queste dalle nostre comode poltrone invece di essere lì al tuo fianco a fare muro, per difenderti dalla malizia e dai suoi inesauribili travestimenti.

A scuola, quando avevo la tua età, mi hanno insegnato a vedere i cambiamenti culturali come delle rotture drastiche o eroiche, e sono cresciuto con l’idea che questi fossero una cosa fuori portata, destinata a pochi eletti capaci di attuarli. È ora che questa storia finisca. Abbiamo affidato il nostro futuro a pensieri falsi che immobilizzano le possibilità di comprendere quanto profondo possa essere l’impatto di una cura cosciente della relazione, a partire da quella familiare. Difendere te oggi, significa cominciare a pulire le nostre menti dall’inquinamento a cui abbiamo spalancato le porte. Quindi ti ringrazio ancora con tutto il cuore, perché oltre a salvare il pianeta ci stai indicando la via per guarirlo dal male che lo affligge: la nostra indifferenza spudorata, l’unica vera causa del cambiamento climatico.

Con grande affetto Greta.

Michele