Nel mio peregrinare zigzagando in lungo e in largo attraverso il continente africano, qua e là, mi è capitato di incontrare qualcuno che esaltava la danza Ngoro dei Senufo, popolazione della Costa d’Avorio, giudicata da tutti un must da non perdere.

Sulla via del ritorno, giunto a Ouagadougou, capitale del Burkina Faso, sono salito sul treno per Abidjan intenzionato a soddisfare anche questa curiosità senza però riuscirvi a causa di problemi legati al visto e al denaro che ormai scarseggiava vistosamente. Era il 1979. Dovevo attendere il 2018 e Stefano Puviani che in una calda mattina di ottobre mi fa visita per mostrarmi il suo straordinario reportage fotografico appena vissuto proprio su quella mitica danza. Subito penso che devo trovare il modo di farmi raccontare nei dettagli quella esperienza perduta e renderla pubblica, per condividerne l’atmosfera che emerge con forza da quelle foto con chiunque lo desideri. Invito quindi Stefano nel mio studio e lì, con la dovuta rilassatezza e attenzione, mi faccio fare il film di quel viaggio per fissarlo con uno scritto:

“Fuggo subito dallo smog e dal traffico della caotica capitale Abidjan per addentrarmi in quelle che sono le bellezze dell’Africa nera, luoghi proibiti fino a poco tempo fa a causa di una cruenta guerra civile, ignorata dall’Occidente, che ha insanguinato il paese per oltre dieci anni. Inizia così per me la scoperta di un Paese dalle mille sfaccettature, impregnato dalla spiritualità più autentica che prende forma in una molteplicità di riti ancestrali e danze iniziatiche accompagnate dal ritmo ipnotico e incalzante degli strumenti tradizionali. Lungo la via sosto a Yamoussoukro per ammirare le sue architetture classicheggianti, con l’imponente basilica costruita per volere del presidente Felix Hophouet-Boigni su modello di San Pietro in Vaticano.

Proseguendo verso nord la condizione delle strade gradatamente peggiora fino a diventare un percorso sterrato in cui il fuoristrada è d’obbligo. Ho calcolato una velocità di crociera pari a 20-30 km all’ora a causa di buche enormi che ne rallentano il viaggio. Per fortuna pur essendo agosto, la stagione delle piogge, piove poco e la pista non è ancora un pantano impraticabile. Attraverso villaggi abitati da gente cordiale e incuriosita dalla nostra presenza, in particolare bambini che non hanno mai visto un uomo bianco. Dopo essermi immerso in vaste foreste di alberi della gomma, principale risorsa economica del Paese, finalmente entro nel villaggio dell’etnia Senufo nei pressi di Boundiali, meta principale di questo mio viaggio in Africa. Si tratta di un gruppo etnico distribuito in Costa d’Avorio, Mali e nel Burkina Faso. Prevalentemente agricoltori sedentari che vivono in villaggi talvolta circondati da un muro di cinta per proteggersi dalle invasioni dei Mandingo, depositari di uno dei più vasti imperi dell’Africa del tardo Medioevo. La fisicità di questo popolo è davvero singolare, per le acconciature dei capelli, per i tratti somatici, per il ventre prominente e per la ostentazione delle madri che allattano i neonati. Ogni nucleo famigliare porta il nome di un animale sacro e può essere formata da una coppia, da una famiglia ristretta e da una famiglia allargata. La cerimonia matrimoniale dei Senufo, che possono essere legalmente poligami, può durare un tempo davvero lunghissimo tanto da protrarsi anche diversi mesi, nel corso dei quali le famiglie degli sposi si scambiano visite e regali. La danza rituale a cui ho avuto la fortuna di assistere rappresenta la fase dell’iniziazione verso il formarsi delle coppie che danno origine ai matrimoni.

Le adolescenti Senufo hanno danzato per ore al ritmo ossessivo e vorticoso di antichi tamburi. Indossavano il classico gonnellino di paglia e, lasciando il seno scoperto, mettevano in scena la loro grazia e la loro capacità seduttiva. Immediatamente i giovani corteggiatori le hanno raggiunte e insieme hanno cominciato a correre e al saltare con evoluzioni acrobatiche e passi sincopati, al ritmo incalzante dei tamburi e delle percussioni. Eravamo nel cuore del villaggio, dove i giovani ballavano attorno a un fuoco scoppiettante che illuminava la scena. Dopo la danza le giovani sono state scelte per diventare mogli. Ho assistito a molti riti e danze in Africa, ma questa dei Senufo mi ha regalato più emozioni delle altre perché ne ho percepito l’autenticità, non legata al folklore locale ad uso e consumo turistico. Mi sono sentito coinvolto, emozionato e turbato. Suggestioni che hanno lasciato tracce dentro di me, lasciandomi il vuoto quando me ne sono andato”.

Ho riflettuto sul racconto appassionato di Stefano e sulle immagini di quell’Africa che ho conosciuto, fatta di atmosfere rarefatte, di volti e di corpi incredibili, di paesaggi indimenticabili, di profumi e di riti arcaici e ancestrali che sembrano lontani anni luce dalla nostra vita di europei ma se ci pensiamo un po' vi possiamo intravedere le nostre origini. È sempre difficile comprendere in profondità la parte più nascosta della nostra anima. I Senufo mettono in scena la vita: la famiglia in tutte le sue sfaccettature, le donne che allattano pubblicamente, a simboleggiare la maternità che da nutrimento, le ragazzine che ostentano la loro fisicità per sedurre e i giovani maschi che corrono e danzano con loro in un rito di corteggiamento, il matrimonio.