Recentemente, con la mia compagna Giulia, ho fatto un secondo viaggio in Cina. Per limitata disponibilità di tempo, che si scontrava con la voglia di vedere il più possibile di questo enorme ed interessante paese, abbiamo pensato di entrare in Cina da una città e uscire da un’altra. Questo di conseguenza ha comportato il trasferimento da una città all’altra. Se la prima città è Shanghai e la seconda è Kunming nello Yunnan la distanza che le separa sono oltre 2400 km!

Quando ancora non avevamo preso in considerazione la misura della distanza io ho lanciato un’ideona: “Facciamolo in treno! Prenderemo quello super veloce da 300 km/h. Così in poche ore arriveremo e avremmo avuto anche modo di conoscere una bella e grande fetta della Cina e anche gli usi e costumi dei cinesi che viaggeranno con noi”.

Senza pensarci sopra oltre organizzammo l’intero viaggio con questo programma. Decidemmo anche che avremmo fatto i biglietti del treno una volta arrivati a Shanghai.

Quando arrivammo nell’enorme stazione ferroviaria di Shanghai la realtà ci investì come un enorme treno a vapore. Per le date che avevamo programmato il nostro spostamento sul treno super veloce non c’erano più posti disponibili. Restavano solo quelli, non a vapore, che ci avrebbero messo 36 ore. 36 ore continuative su un treno!

Una così lunga durata del viaggio era una cosa che non avevamo minimamente preventivato e quindi non eravamo pronti ad una esperienza del genere.

Il numero 36 ci roteò un po’ in testa. Nonostante ciò questo trasferimento era una cosa alla quale non potevamo in alcun modo sottrarci poiché eventuali alternative, come un aereo preso all’ultimo minuto, avrebbe massacrato il nostro budget di viaggio.

Dopo uno shock momentaneo iniziammo a reagire e ad organizzarci. Giulia suggerì di fare scorta di cibo european style, acqua e altre cose da bere e altri piccoli accessori come delle salviette umide per una permanenza sul treno comoda e civile. Io pensai al resto.

Al momento della prenotazione per fortuna optammo per un vagone letto dove ogni scompartimento ha 6 cuccette. Questa scelta, che pareva più comoda, ci avrebbe però definitivamente obbligato a relazioni sociali non strette, ma strettissime con i nostri compagni di viaggio.

Una volta a bordo del treno scoprimmo subito che io e Giulia saremmo stati gli unici due “occhi a palla”, come abbiamo stabilito di definirci in questo viaggio che definirlo onirico credo sia il termine più adatto. In poco tempo capimmo che questa situazione avrebbe assecondato la nostra voglia di avventura, ma d’altro campo l’avrebbe anche complicata dal punto di vista della comunicazione per via della lingua. Con queste premesse iniziammo il nostro viaggio che si presentava tutto in salita.

È noto che nelle situazione più complesse e difficili come in quelle più stressanti la mente umana fa due cose: o dà il meglio di se o all’opposto, il peggio.

Quando il treno è arrivato alla nostra pensilina la mia mente ha invece deciso di fare a modo suo. Non trovando una soluzione, per affrontare l’ignoto che molto probabilmente si sarebbe concretizzato in un inevitabile disagio, la mia mente ha creato una realtà tutta sua e mi ha fatto fare un viaggio da favola con tutti gli elementi e i personaggi tipici presenti in tutte le fiabe.

Nel giro di poco tempo tutto ci sembrò diverso. Uso il plurale poiché Giulia, anche se la sua mente era alle prese con problemi più materiali e concreti, conoscendomi, ha assecondato subito la mia visione onirica di quel che avevamo attorno.

Quando il treno arrivò in stazione non era più un mezzo di trasporto qualsiasi. Di certo non era diventato un mostro d’acciaio come molti avranno immaginato, ma era diventato la versione cinese dell’Oriente Express.

Questo nei momenti in cui ci andava di vivere un’esperienza romantica e suggestiva. Complice di questa visione il vagone ristorante demodé dove non ci fu difficile intravedere in lontananza dame velate sedute a bere pigramente un cognac e poco dietro di loro un sempre attento ispettore Poirot alle prese con un te. Nei momenti in cui avevamo più voglia di avventura il nostro viaggio si trasformava in un trasferimento sulla Transiberiana. In quei frangenti a bordo erano presenti contadini siberiani, agenti segreti e avventurieri della peggior razza. Per evitare esoticismi senza controllo il più delle volte ci accontentammo di vedere il nostro treno come un… Qui adesso dovrei riportare un termine che ci è venuto in mente in quel frangente, ma essendo questo noto con altri significati ho dovuto introdurre questa nota affinché la parola Transcinese venga letta nel giusto modo. Andiamo oltre.

Creata l’ambientazione ora, come in ogni favola, arrivano i personaggi.

In un treno, dove si è obbligati ad essere a stretto contatto per 36 ore con persone sconosciute che hanno usi, lingua, costumi e abitudini ben diversi dalle tue, i personaggi da favola non sono certo mancati.

Partiamo dal capotreno o meglio del capo vagone. In realtà erano due. Per tutte le 36 ore si sono alternati con regolarità senza sosta per controllare e gestire il nostro vagone fino all’arrivo. Sono stati dei veri custodi del nostro vagone. Per poterli immaginare vi posso dire che al loro aspetto non mancava nulla per rispecchiare il loro ruolo: avevano la divisa blu scuro, le mostrine e il cappello esattamente come devono avere nell’immaginario collettivo dei controllori di un treno d’altri tempi. Alle fermate intermedie, dopo aver aperto la porta e disteso una piccola passerella, se ne stavano immobili affianco alla porta d’ingresso del treno per controllare entrate e uscite. Durante il transito controllavano che tutto funzionasse ed in più hanno costantemente pulito corridoi e servizi rendendo la nostra esperienza a bordo molto meno gravosa. Uno dei due era alto e corpulento, con lo sguardo autoritario. L’altro più minuto era calvo ed aveva lo sguardo sornione. Eleggemmo entrambi i nostri generali buoni.

Loro due sono stati gli unici in questa favola a non vedersi affibbiato un nome, ma li abbiamo identificati solo per la loro qualifica.

Per gli altri personaggi è stato diverso. Partirò da coloro che hanno condiviso il nostro scompartimento che identificherò secondo la posizione della cuccetta occupata. Io avevo la cuccetta in alto a sinistra. Giulia occupava quella sottostante. Sotto di lei c’era quello che identificammo subito come il vecchietto. Era un uomo minuto che ha passato gran parte del tempo dividendosi tra il dormire e il bere un tè con lo sguardo sempre perso nel vuoto oltre il finestrino.

In basso, nel lato sinistro c’era invece la principessa. Tenendo conto dell’abbigliamento e non solo non gli si poteva dare altro nome. Gonna sovrapposta di tulle con corpetto in tinta sempre ricoperta di tulle. In testa aveva una coroncina/fiocco tanto che a noi è appunto sembrata subito una principessa anche se ai piedi portava due ciabattoni stile Crocs ai nostri occhi ben poco eleganti e in linea col il personaggio. Appena arrivata davanti alla sua cuccetta ha sfoderato un kit di rivestimento della stessa, della coperta e del cuscino decorato con grandi conigli azzurri. Per avere la sua privacy da vera principessa chiuse la sua cuccetta con un telo fissato alla cuccetta superiore con dei ganci. Entrata nel suo regno ne usci solo un paio di volte per andare in bagno. Una vera principessa.

Sopra di lei c’era un ragazzone che a dispetto della sua fisicità ha dimostrato che lì, sul treno, voleva solo dormire e vedere reel su TikTok. Niente altro. Noi non lo abbiamo mai visto alzarsi se non una sola volta per andare al bagno e di certo non ha mai mangiato. Lo abbiamo soprannominato il fantasma buono. L’aggettivo è stato aggiunto perché alla fine non ha fatto nulla di nulla e quindi nulla di male. Sopra di lui la sesta ospite dello scompartimento è stata una ragazza che noi non abbiamo potuto fare a meno di soprannominare la vulcanica.

Al suo nome ho dovuto subito aggiungere l’aggettivo simpatica anche se in realtà il nostro primo incontro non è stato dei più pacifici. Il mio rapporto con lei iniziò con uno scontro diretto. Lei salì sul treno solo dopo la prima fermata e raggiunse la cuccetta in alto con, appunto, un salto vulcanico. Quello almeno credevo volesse fare, perché io gliel’ho impedito fermandola per un braccio. Non avevo nulla contro di lei, ma nel primo tratto quel posto era stato occupato dal Jolly. Lui era un simpatico ragazzo che si era anche sforzato di parlare con noi con un po’ di inglese che conosceva.

Quando ho visto la vulcanica ragazza prendere la sua cuccetta mi sono opposto, senza sapere che il Jolly era sceso. Chiarire questi fraintendimenti non è facile, farlo tra me e una ragazza che parla solo cinese è impresa molto ardua. A risolvere la questione fu la simpatica determinazione della ragazza con un placido sorriso, dopo avermi mostrato il suo biglietto, a gesti mi ha spiegato che quello era il suo posto senza che lo avesse usurpato. La sua calma e pazienza gli ha fatto meritare l’aggettivo simpatica e ricevere tutte le mie scuse. Conferma dell’aver risolto definitivamente la questione sono stati i suoi successivi sorrisi che ha elargito per tutto il resto del viaggio.

Il vagone su cui abbiamo viaggiato contava ben 10 scompartimenti. Di personaggi da a favola incontrati quindi ce ne sono stati molti. Per non annoiarvi citerò solo quelli più particolari che ci hanno incuriosito. Come in ogni favola che si rispetti oltre ai buoni c’è il cattivo. Io non so se il cattivo sia stato veramente un cattivo, ma il suo ruolo sul treno ci ha insospettito appena lo abbiamo visto. Io lo avevo notato andare avanti e indietro in modo indaffarato lungo il corridoio cercando di non farsi notare senza capire quale fosse il suo scompartimento. Questo mi incuriosì. La sua presenza venne palesata quando ad un certo punto, un paio di scompartimenti oltre il nostro, si è formata una piccola folla attorno ad una donna.

Anche se non potevamo capire cosa dicessero non ci è stato difficile intuire che non stesse bene. Davanti a lei il responsabile del vagone, quello alto, con fare autoritario prese il controllo della situazione. Intuimmo anche che invitò tutti a tirare fuori i farmaci che avessero nelle valige per trovare la terapia migliore. Dai gesti fatti e dagli atteggiamenti assunti dalla signora, che abbiamo definito la malatona, abbiamo intuito che era stata colpita da un problema intestinale. La raccolta dei farmaci, la selezione e poi la fornitura però non fu fatta dal responsabile del vagone, ma dall’uomo misterioso.

Con fare autoritario con poche parole diede ordini a tutti sul da fare, e in un attimo dissipò il crogiolo di curiosi senza che nessuno si opponesse. Cattivo, fu il nome che ci è venuto in mente anche per il suo sguardo torvo. In realtà abbiamo sospettato fosse il braccio destro, quello armato supponiamo, dell’ispettore Poirot. Oppure più concretamente abbiamo pensato, visto dove ci trovavamo, sia stato il rappresentante del partito comunista atto a controllare anche chi controlla. Per noi è e resta il cattivo che come tutti i cattivi, senza un motivo per la sua presenza scomparve per il resto del viaggio.

Molto più leggera è stata invece la presenza dei ballerini. Questo era un gruppo di vecchietti e vecchiette che, tenendo conto che eravamo in Cina preciso che con questo termine lì si identificano persone di almeno 90 anni. Percentualmente di quell’età erano poco meno della metà dei viaggiatori del nostro treno tanto da farlo definire il treno geriatrico. Come è normale che sia, il nostro treno della terza età si è fermato ad ogni grande città che ha attraversato. Ebbene ad ogni sosta, senza saltarne una sola, sotto lo sguardo fisso del controllore fermo accanto alla porta, l’intero gruppo dei vecchietti scendeva a terra e iniziava a ballare fino al cenno del controllore che li faceva salire sul vagone prima di partire. Lo spettacolo dei loro balletti è stato molto curioso e simpatico. Un’alternativa artistica ai già visti due passi per fumare una sigaretta di altri.

Tra le presenze più curiose a bordo c’è stata quella di un vecchietto che vedendomi con gli occhi a palla ha pensato di azzardare a socializzare con me. Il vecchietto è stato molto simpatico, ma non sapendo io una sola parola di cinese e lui sapendone solo una e mezza di inglese socializzare è stato veramente arduo nonostante le buone intenzioni di entrambi. Le parole di inglese che il vecchietto conosceva era Filippine, che pronunciava indicandosi, e “ok”. Sorridendomi sempre non so quante volte me lo ha ripetuto. Praticamente ad ogni suo passaggio vicino a me che mi obbligava, onestamente senza difficoltà, a sorridergli. Il suo nome fu obbligato e logico, il filippino.

Prima ho parlato del gruppo dei ballerini, in realtà sul treno c’era anche un altro gruppo. Se il gruppo dei ballerini si formava ad ogni fermata, il secondo gruppo si formava ad ogni pasto. Era il gruppo dei noodles.

Per questo nome serve una spiegazione più dettagliata. Anche se dall’Italia è difficile crederlo, quando si visita la Cina si scopre che i cinesi sono un popolo di mangioni. Mangiano spesso e tanto. Sappiate che i piatti che servono nei ristoranti hanno porzioni che noi in Italia definiremmo da mangiatona. Sappiate anche che uno dei piatti preferiti dai cinesi non è il riso, come comunemente si crede, ma sono i noodles istantanei. Da quel che abbiamo visto durante le nostre visite sospettiamo che ogni cinese della Cina mangi almeno due porzioni di noodles al giorno. Per curiosità vi ricordo che i cinesi in Cina sono oltre 1.300 milioni. Ora immaginate quanti noodles istantanei servono per saziare tutti.

Questo pensiero a me ha messo i brividi.

Tornando al nostro treno, durante tutta la lunga percorrenza, i noodles istantanei sono stati meno, ma con semplici calcoli matematici risultano cifre ugualmente enormi. Tenendo conto che i cinesi a bordo ci hanno mostrato di gradire questo tipico piatto, tanto orientale quanto sbrigativo nella preparazione, ogni 3 o 4 ore avete tutti gli elementi per fare i calcoli del consumo dei noodles a bordo. Ora considerate che proprio accanto al nostro scompartimento c’era il distributore di acqua potabile bollente, potete immaginare la scena del gruppo dei noodles. Come sincronizzati, ogni 3-4 ore appunto, si formava una folla più o meno silenziosa. La lunga fila formatasi attendeva con pazienza di riempire le ciotole di acqua calda per poi aspettare la cottura istantanea in un qualche angolo del treno. Dietro di loro tutti lasciavano un inconfondibile aroma di brodino con la pastina capaci di riesumare antiche memorie d’asilo.

Questo aroma ci ha accompagnato per tutto il viaggio e anche adesso, a distanza di giorni, non ho difficoltà a ricordarlo nelle narici assieme alle facce e i sorrisi dei personaggi della nostra favola. Ora che siamo scesi dal nostro treno e il nostro viaggio sulla transiberiana della Cina è finito i ricordi degli incontri fatti in questo viaggio tanto reale quanto onirico ci è rimasto nella testa e con questo articolo spero di avervene dato un’idea senza aver svegliato il ricordo dell’odore del brodino dell’asilo. Se così invece è stato me ne scuso anticipatamente. So quanto sia traumatico.