“Può una parola così piccola, foto, diventare così grande? Possono due sillabe riuscire a portarti in mondi lontani, in posti segreti, possono raccontarti una favola intima e silenziosa? Sì, possono. Le fotografie del Nonno, però, sembrano voler graffiare le pagine dei libri per poter uscire e diventare, se possibile, ancora più reali”.

Parole di Jasmine Moro Roiter (Essere Roiter), pronunciate ricordando il nonno Fulvio, grande protagonista della fotografia mondiale. E proprio sulla figura di questo grande artigiano e professionista dell’immagine continua il cammino a tappe in Italia alla sua conoscenza. Dopo l’appuntamento con Venezia, sino al 24 febbraio 2019, una nuova mostra di opere fotografiche è in corso a Palazzo Ducale di Genova, nella Loggia degli Abati, promossa da Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura, prodotta da Civita Mostre in collaborazione con i Tre Oci. Un’occasione unica per vedere dal vivo l’interpretazione della realtà nel suo obiettivo. Quella realtà che tragicamente dà mostra di sé nel capoluogo ligure con quel che rimane del ponte Morandi crollato improvvisamente il 14 agosto scorso.

Quella che viene presentata è una retrospettiva dedicata agli anni dal 1948 al 2007 e si intitola: Fulvio Roiter. Fotografie 1948 – 2007. Come in precedenti appuntamenti sarà possibile guardare almeno 150 scatti, per la maggior parte vintage, selezionati dal curatore Denis Curti con il prezioso contributo della moglie Louise “Lou” Embo, belga anche lei fotoreporter. Le foto raccontano l’intera vicenda artistica del grande fotografo scomparso nel 2016, e fanno emergere tutta l’ampiezza e l’internazionalità del suo lavoro, che ne fanno uno tra i fotografi più significativi di questa epoca.

Il percorso espositivo, si legge nella presentazione, racconta gli immaginari inediti e stupefacenti che rappresentano la Sicilia e i suoi paesaggi, Venezia e la laguna, ma anche i viaggi a New Orleans, in Belgio, in Portogallo, in Andalusia e in Brasile che hanno determinato i primi approcci alla fotografia di Roiter, nel pieno della stagione neorealista, di cui il fotografo veneziano ha ereditato la finezza compositiva. “Foto in bianconero, delicatissime, elegantissime nella loro apparente semplicità, composizioni da pelle d’oca, raffinatezza, gusto, equilibrio e originalità. Gioielli buoni anche per gli occhi più esigenti” ha osservato Leonello Bertolucci, I Grandi Fotografi - Fulvio Roiter, edito a Milano nel 1982.

Per il curatore della rassegna antologica, Denis Curti, “un bianco e nero aspro, contrastato, ruvido. Un desiderio di raccontare il mondo attraverso un attrito costante, senza mediazioni e senza menzogne”. “Questo”, aggiunge, “è la fotografia di Fulvio Roiter. Un modo particolare di guardare il mondo che ha ispirato l’opera del grande autore veneziano, fino alla fine dei suoi giorni, in una linea di racconto dinamica, ricca di sfumature, sorprese e colpi di scena, vicina a un approccio intimo alla fotografia”, conclude.

Nove le sezioni in cui si articola la mostra genovese, ciascuna espressione di uno specifico periodo della vita e dello stile del grande fotografo. Così abbiamo L’armonia del racconto; Tra stupore e meraviglia: l’Italia a colori; Venezia in bianco e nero: un autoritratto; L’altra Venezia; L’infinita bellezza; Oltre la realtà; Oltre i confini; Omaggio alla natura; L’uomo senza desideri.

Il percorso espositivo, accompagna e scandisce le tappe di una vita interamente dedicata alla fotografia e alla ricerca di quei luoghi dell’anima che ne hanno ispirato la poetica, assumendo come unico punto di riferimento la pura e sincera passione, vissuta dall’autore tra scenari di viaggi, scoperte e amori incondizionati. La passione e la particolarità di Roiter, racconta chi lo ha conosciuto, sta nel fatto che non ha mai tralasciato alcun passaggio della produzione fotografica. E per queste ragioni, le stampe (come anche i libri) doveva realizzarle lui personalmente, nella camera oscura allestita in casa sua, per poi timbrarle e firmarle, al fine di esaltarne e tramandarne il valore. Un valore che per l’autore poteva essere misurato solo attraverso amore e passione.

Roiter, nato a Meolo, nella provincia lagunare, il 1 novembre 1926 e scomparso a Venezia il 18 aprile 2016 esperto formatosi con la fotografia in bianco e nero, usò anche nel colore dei reportage di viaggi una personale tecnica, che esaltava luoghi e particolari inediti della scena. Già fotografo apprezzato – racconta la sua biografia - per aver prodotto diversi libri fotografici di città e regioni del mondo, salì alla ribalta internazionale per gli scatti sulla sua Venezia da cui trasse il libro Essere Venezia del 1977. È stato uno dei tre fotografi italiani a cui è stato assegnato nel 1956 il premio internazionale per l'editoria fotografica Nadar.

Diplomatosi come perito chimico, dal 1947 si dedicò alla fotografia, che divenne la sua attività professionale dal 1953. Nel 1949 aderì al circolo fotografico La Gondola di Venezia, fondato da Paolo Monti, suo amico, due anni prima. Nel 1953 partì per la Sicilia nel suo primo viaggio fotografico, il primo di molti in tutto il mondo. La pubblicazione nel gennaio 1954 di alcuni scatti siciliani sulla rivista Camera segnò il suo debutto sulla scena internazionale. Dopo avere realizzato numerosi reportage per alcune riviste, pubblicò nel 1954 il suo primo libro fotografico, il volume in bianco e nero Venise a fleur d'eau. Nel 1956 Roiter vinse la seconda edizione del Premio Nadar con il libro di sole foto bianco e nero Umbria. Terra di San Francesco (Ombrie. Terre de Saint-François). Ottenne la consacrazione sulla scena internazionale con il libro Essere Venezia del 1977, stampato in quattro lingue con una tiratura di circa un milione di copie, un best seller unico per l'editoria fotografica. Durante la sua carriera, Fulvio Roiter ha pubblicato circa un centinaio di volumi di fotografie, compiendo numerosi viaggi in ogni parte del mondo.

Contenitore e veicolo ideale dell’opera artistica di Fulvio Roiter è stato, sin dal principio, il libro fotografico. E la completa dedizione verso di esso ha portato l’autore a ricevere numerosissimi e importanti riconoscimenti come il già ricordato prestigioso Premio Nadar e il Grand Prix a Les Rencontres de la Photographie d’Arles, nel 1978, con Essere Venezia.