Circa 45 anni fa i lampadari in cucina erano del tipo “sali e scendi”. Li usavo per studiare di sera le dispense di Radio Elettra, facendo contemporaneamente pratica con i montaggi elettronici. Terminavo verso le tre del mattino, andavo a dormire tre ore e tornavo al cantiere”.

È Andrea Betti che racconta la sua vita. Nato e cresciuto nelle borgate di Roma, con una moglie giovane, anzi giovanissima, rimasta incinta, cocomeri a volontà per vincere la fame e pochi soldi in tasca. È lo stesso Andrea Betti che, con ingegno e lungimiranza, riuscirà grazie all’avvento delle nuove tecnologie, a cavalcare l’innovazione, la transizione dagli schermi vecchio stile agli schermi piatti al plasma, fino all’affermarsi dei LED e dell’alta definizione nel campo dei broadcaster televisivi.

La sua azienda, AVS GROUP, che si occupa di allestimenti di grandi eventi, ha un parco clienti invidiabile, sia in campo televisivo dove fornisce servizi per RAI, Mediaset, Eutelsat, Dubai TV, sia nel campo delle fiere ed esposizioni, con il Gruppo FIAT per il quale allestisce tutti i Saloni internazionali dell’Automobile, con Mercedes, Poste Italiane, Ferrari e Maserati e con altri grandi clienti, come Autostrade per l’Italia per la quale gestisce il servizio di Infomoving.

Andrea Betti, l’uomo capace di dare luci e colori al buio, di trasformare in forme lo spazio, di rendere spettacolare qualsiasi palcoscenico, grazie a intuito, allestimenti sofisticati e tecnologie all’avanguardia, ha collaborato con programmi di grande successo, come l’Isola dei Famosi, il Festival di Sanremo, Ti lascio una canzone, e altri. Eppure il palcoscenico più interessante, per chi ha la possibilità di incontrarlo e incrociarlo anche per un caffè, resta sempre la sua vita. Nata ai borghi di periferia. È così che con lui abbiamo avuto un colloquio molto bello, intenso su... Sergio Marchionne. Sì, l'uomo che ha trasformato la Fiat in un marchio mondiale, che ha saputo trasferire la forza e la capacità del lavoro italiano in tutte le maestranze del Gruppo. Un po' ha ripercorso la vita della famiglia Agnelli.

È morto da tre mesi Marchionne, ma Andrea Betti è ansioso di raccontare la sua avventura in Fiat in cui ha lavorato per molti anni. "All'inizio della sua avventura in Fiat, nel 2004, fino alla svolta americana con l'acquisto di Chrysler, ero uno dei tanti service che si andava a cercare il lavoro e bussai a Fiat. Marchionne era appena arrivato". ''Iniziai così" - ricorda Andrea Betti - piano piano, sapendo che nei 'piani alti' c'era un signore in maglioncino, che veniva da una dura terra come l'Abruzzo e che dal Canada dove si era trasferito è tornato in Italia per dare slancio e smalto al gruppo Fiat. Questo sapevo di Marchionne. Ma proprio sapendo le origini, la forza, la determinazione di quell'uomo, un po' mi sono sentito a casa in Fiat. Anche io ho iniziato in una botteguccia della periferia romana e ora mi trovo, con mia grande soddisfazione a guidare una azienda stimata e apprezzata in Italia e all'estero''.

Mi dicono che non era facile stare vicino a Marchionne "lui aveva la capacità e la volontà di sparigliare le carte, di innovare in primo luogo la cultura e quindi il modo di pensare dei dirigenti e dell’azienda intera. All’inizio molti della vecchia scuola della Torino sabauda lo ritenevano un marziano. Mi informai molto sull'uomo e mi hanno raccontato che quando in piena assemblea degli industriali di Torino disse che se la Fiat andava male non era per colpa degli operai e del costo del lavoro, suscitò un bel po’ di sconcerto tra gli imprenditori. Quelle parole gli valsero l’apprezzamento dell’allora presidente della Camera e capo di Rifondazione Comunista, Fausto Bertinotti, che lo volle incontrare, ma il vero rivoluzionario era Marchionne, che proponeva una strada innovativa per l’industria e la società italiane, mentre Bertinotti sembrava ancorato agli stereotipi del passato''.

E proprio nel momento in cui la crisi, partita dagli Usa, si abbatteva con violenza sul mercato Italiano con crolli delle vendite di quasi il 50% per le auto e fino al 90% per le macchine industriali, Marchionne capì che quella crisi non poteva essere affrontata con la solita richiesta di sostegni allo Stato, ''ma doveva essere colta - ricorda Andrea Betti che leggeva tutto di Marchionne - come opportunità per ricollocare la Fiat sul mercato mondiale cambiando proprio la sua struttura e la sua filosofia. Non solo fu colta l’occasione di fondersi con Chrysler, ma fu data autonomia ai singoli business in modo che ognuno potesse correre con le proprie gambe. Fu separata così CNH, poi Ferrari, e ora dovrebbe essere la volta di Magneti Marelli''.

''Pochi giorni fa" - Betti ci racconta un aneddoto - "pensando questo grande uomo che non c'è più, mi sono confortato immaginandolo già lassù in Paradiso che all'arrivo incontra subito Giovanni Agnelli che gli dice...''eh ma sempre co' sto maglioncino stai Vabbè che hai portato la mia azienda ad essere tra le prime al mondo, però una giacca, na' camicia, na' cravatta, uhei, te la puoi anche permettere, no?'' E Marchionne: ''Avvocato, ma che dice... quando entro dentro una azienda o dentro un hotel a 5 stelle per un convegno, o quando vado al Quirinale o alla Casa Bianca notano più me con il maglioncino o tutti gli altri con giacca e cravatta? È un segno distintivo per dire... attenzione io ci sono sempre, la Fiat e il maglioncino''.

Poi chi incontra Marchionne? Luciano Lama, il sindacalista delle contestazioni del '77 quando fuggì dall'Università di Roma perché fortemente contestato. Lama appena lo vede in una stradina sperduta del Paradiso gli fa... ''hai abbandonato Termini Imerese, hai portato tutto in Polonia, Turchia, Brasile... ma gli operai italiani?''. Marchionne: ''caro signor Lama mi ricordo quando fu contestato, ma è stato dignitoso quando è andato via. Ecco, spesso andare via è anche dignitoso, in quel momento il mercato aveva una grossa contrazione con il costo del lavoro. Ma in Italia produciamo le migliori macchine e le Jeep e nessuno è stato licenziato''.

Finito il sogno, Andrea Betti torna sulla sua esperienza in Fiat. ''Sono stati 13 anni bellissimi. Ho allestito per il gruppo i maggiori saloni al mondo. Sono sempre stato trattato come un bravo imprenditore, come quello che ha saputo fondere Marchionne con il suo management. Ora, finito il nostro contratto quadro, spero di poter rientrare, pensando che magari Marchionne ne sarebbe felice perché ha fatto la storia del Paese e dell'azienda, ha dato vitalità a chi ha avuto la fortuna di lavorare direttamente e indirettamente con lui. Penso che in Fiat siano stati molto fortunati''.