Uno splendido contesto, la Reggia di Caserta, residenza reale più grande del mondo, ospita l’esposizione dal titolo Tempus –Time che scandisce un trait d’union creato dalle opere di due artisti, Marco Lodola e Giovanna Fra , tra il Tempus, come dimensione temporale legata all’antichità e alla storica sede espositiva e il Time, sintesi del contemporaneo.

Nel raggio di un chilometro, nell’immenso parco della villa, si stagliano oltre venti monumentali sculture luminose di Marco Lodola, le caratteristiche silhouettes dell’artista che formano un’immaginaria e lucente festa di corte, animata da uomini, donne, ballerine, animali, figure reali e di fantasia. Giovanna Fra invece si misura con lo spazio interno e l’architettura vanvitelliana e reinterpreta nelle sue tele di grande impatto cromatico, con il suo forte linguaggio scenico, di matrice informale, i motivi di decoro del Settecento, gli arazzi e le carte da parati e gli arredi barocchi e neoclassici. Per Luca Beatrice, il curatore della mostra, “dialogare con stucchi, decorazioni, pitture di genere e, soprattutto, con un’architettura di inestimabile pregio può costituire una sfida ardua eppure affascinante per gli artisti contemporanei, a partire dall’utilizzo di materiali anomali che solo da poco sono entrati nel novero appunto dell’artisticità. Senza contare volumi, cubature e l’immensità di un parco che farebbe spaventare chiunque”.

L’arte è di casa alla Reggia. “Nella storia recente della Reggia di Caserta l’arte contemporanea è di casa a partire dalla donazione della collezione Terrae Motus che Lucio Amelio volle per fissare un momento così tragico di quella terra: le opere, tra gli altri, di Beuys, Warhol, Kiefer, Haring e diversi artisti italiani fanno parte del tessuto culturale campano e internazionale” sottolinea Luca Beatrice e per Tempus – Time “realizzare un cortocircuito visivo tra il tempus e il time, ovvero il passato e il presente, è il rischio che l’arte di oggi sente di correre con sempre maggior frequenza. Ora, in particolare, tra pittura, elaborazione digitale, plastica e luce”.

E parlando in modo personale dei due artisti, Beatrice testimonia la sua conoscenza profonda del lavoro di Lodola: “Di Marco ho scritto spesso, ho curato tante sue mostre, l’ho invitato a diversi appuntamenti. La sua presenza mi rassicura, è una sorta di talismano, un compagno di strada pieno di idee e iniziative che non sta mai fermo anche se detesta muoversi da casa. Siamo nati entrambi il 4 aprile ma questo l’ho già detto diverse volte. Mi piace, soprattutto, la sua idea di arte totale che accetta di misurarsi in qualsiasi situazione, senza bisogno di farsi proteggere dal contesto e accettare lo sguardo meravigliato e un po’ ingenuo che si rinnova ogni volta che la luce si accenderà, al tramonto”. E le installazioni di Lodola alla Reggia sono la manifestazione di una festa “E oggi, qui, alla Reggia di Caserta, evocano e dialogano con gli scenari barocchi straordinari dell’effimero e del transitorio. Solo gli uomini, le persone, riusciranno a dare il senso compiuto all’opera che senza di loro, senza di noi, non potrebbe esistere. Il tempus della corte borbonica si trasforma così, a distanza di secoli, nel suo pantheon di personaggi famosi e ordinari che fanno parte della sua storia d’artista e in fondo anche della nostra, perché condividiamo lo stesso background generazionale. Il time del presente presentissimo”.

Per descrivere l’arte di Giovanna Fra, invece Luca Beatrice parte dagli esordi. “È cresciuta con la pittura astratta, guadagnando esperienza attraverso un’intensa esperienza di restauratrice, conoscendo e sperimentando materiali sempre diversi e ha radicalmente modificato il suo lavoro negli ultimi anni, quando ha superato quella ricerca segnico-gestuale, durata a lungo, che l’ha posizionata nell’eredità culturale dell’informale. Come molti artisti delle generazioni più recenti si è posta serie domande sul destino della pittura o meglio su come la pittura oggi possa rivendicare il diritto di cittadinanza a confronto con tecniche e linguaggi imposti dall’avanguardia”.

E sono la contaminazione e il confronto con i nuovi media e il dominio della tecnologia liquida a determinare i passi in avanti dell’artista pavese. “Giovanna Fra ha mentalità e metodo del contemporaneo e tali caratteristiche le va affinando sempre più. Un’occasione espositiva muove comunque il pretesto per documentarsi sui caratteri del luogo che la ospita: ricerca di colori, forme, immagini assemblate, modificate, distorte attraverso il virtuale che inventa una realtà che non c’è. Eppure, mai dimenticandosi di essere un pittore, Giovanna ottiene il risultato finale soltanto attraverso la manipolazione manuale delle proprie pennellate in un percorso a ritroso, dunque sorprendente, perché dal time ritorna al tempus. In ciò sta la contemporaneità della sua pittura: conoscere il presente, farsene affascinare senza diventare vittima del contingente e della cronaca”. La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Skira.