Le passioni sono un piccolo regno di libertà scevro dal proposito di ottenere un profitto o di eseguire un dovere ed è per questo che consentono di dare il meglio di se stessi. A fare della sua passione un hobby che dura da quasi trent’anni e che è diventato un vero e proprio progetto è Gianfranco Gramola, commesso del Trentino che, mosso dal suo smisurato amore per Roma, nel 1991 ha iniziato a intervistare personaggi famosi che avessero un legame con la città.

Quando ha intervistato Luciano De Crescenzo esistevano ancora le cabine telefoniche e ne utilizzò una da Molveno, città in cui risiede, con registratore, audiocassetta e un microfono legato alla cornetta con dello scotch. Oggi nel suo curriculum annovera 730 interviste ed è in grado di raccontare aneddoti e curiosità su ognuno delle centinaia di nomi celebri del cinema, della cultura, dello spettacolo, dello sport e della politica: l’incontro con Maurizio Costanzo e con Enrico Vanzina con il quale continua a coltivare una bella amicizia, quello con Gigi Proietti e con Gigi Magni, la telefonata da Parigi di Claudia Cardinale, l’anniversario di matrimonio trascorso con Carlo Verdone, lo sfogo di Gigi Sabani, l’appuntamento con Alberto Sordi…

E se tra i suoi rimpianti ci sono le mancate interviste a Marco Simoncelli, Aldo Fabrizi e Sylva Koscina, tra i suoi progetti c’è quello di raggiungere le mille interviste e magari farne un libro. Al momento sono tutte raccolte in un vero e proprio scrigno che è Interviste romane. Conoscere da vicino e intervistare personaggi famosi è sempre stato il suo sogno, realizzato grazie a impegno, costanza e tenacia. Con il suo esempio lancia un messaggio d’incoraggiamento a tutti coloro che hanno degli hobby o dei desideri ma non osano esprimersi o non hanno la possibilità di farsi conoscere. Ne abbiamo parlato con lui.

Come nasce il suo amore per Roma?

Nasce tutto con la famosa cartolina rosa, quella del servizio militare, che mi ha consegnato il vigile del mio paese. Destinazione Bracciano, una bellissima località a 20 km da Roma diventata famosa per i matrimoni dei Vip celebrati nel bellissimo castello Odescalchi. Ricordo che mi sono presentato in caserma il 14 marzo del 1978 e due giorni dopo fu rapito l’onorevole Aldo Moro. A quei tempi avevo una zia che abitava a Roma e quando andavo a trovarla scoprivo ogni volta una Roma diversa, meravigliosa, unica e con un fortissimo fascino. Un gioiello planetario unico e inestimabile. Con Roma è stato un colpo di fulmine. Poi ho iniziato ad appassionarmi al dialetto e ai suoi poeti romaneschi. Ho letto tutti i sonetti di Giuseppe Gioacchino Belli (più di 2000) e quelli di Trilussa e dopo un po’ ho iniziato a collaborare gratuitamente con un periodico capitolino che si chiamava Rugantino, scrivendo dei pezzi su curiosità, usi e costumi della Roma di una volta, facendo delle ricerche in biblioteca (non c’era ancora internet). Poi ho iniziato a fare delle interviste scritte. Spedivo le domande e l’intervistato mi mandava le risposte. Enrico Vanzina, in un suo articolo, mi ha descritto così: “Gramola Gianfranco adora tutto di Roma, gli abitanti, la storia, i vip, perfino le buche. Il clima, i difetti dei romani e il loro umorismo. Il loro dialetto e anche la loro sciagurata incoscienza”.

A quando risale la sua prima intervista e a chi era rivolta?

La mia prima intervista risale al 1991 ed è stata al critico cinematografico, saggista e accademico prof. Mario Verdone, papà di Carlo Verdone. Una persona molto disponibile, affabile, e simpatica. Carlo Verdone gli somiglia molto sia fisicamente che nei modi di fare molto educati.

Avendone realizzate centinaia, adesso si ritiene una persona abituata a fare interviste o ogni volta è una nuova emozione?

Finora ne ho realizzate 730. Le prime interviste mi creavano emozioni incredibili, parlare con dei personaggi che magari la sera prima avevo visto in Tv, è sempre stata una grande gioia. Ora, dopo tante interviste, mi preparo meglio, mi informo, osservo il curriculum dei vari personaggi, guardo vecchie interviste e sono più professionale, anche se per me rimane un hobby. L’emozione però resta, anzi, è maggiore quando le faccio di persona, non per telefono. Penso che se non ci fossero la gioia e l’entusiasmo, smetterei di fare interviste.

Oltre alla passione per le interviste ai personaggi famosi, sicuramente lei nutre anche il piacere della scrittura. Come si è accorto di avere questa inclinazione?

Leggendo tanto ho affinato il mio modo di scrivere e poi è stata sempre una mia grande passione scrivere un po’ di tutto.

Prima di un’intervista c’è sempre una grande preparazione, bisogna documentarsi, scegliere le domande pertinenti e le parole giuste. Le è mai capitato di avere delle domande “scomode” che non ha avuto il coraggio di porre?

Nel maggio 2017 ero a casa di Marina Ripa di Meana, per conoscerla di persona, farle un’intervista sul suo ultimo libro e parlare un po’ di tutto. Volevo rivolgerle qualche domanda sulla sua malattia (da 16 anni lottava contro un tumore), ma in quei giorni aveva dei problemi al volto, per via di una terapia che aveva scatenato una reazione allergica, e non ho avuto il coraggio di parlarne.

Qual è stata l’intervista più piacevole e, se c’è stata, la più difficile? Cosa le ha insegnato?

Di piacevoli ne ho fatte tantissime: con lo sceneggiatore Enrico Vanzina, persona disponibile, intelligente e affettuosa, con l’attore Carlo Verdone che ha invitato me e mia moglie per l’intervista proprio il giorno del nostro anniversario di matrimonio. Anche quella con Maurizio Costanzo è stata molto interessante e indimenticabile. Al momento dei saluti ha donato a me e a mia moglie due tartarughine in ceramica che lui considera dei portafortuna. Quella con Giulio Andreotti è stata molto telegrafica. Ogni anno l’On. Andreotti a Natale spediva alle persone care gli auguri su dei cartoncini personalizzati, su cui faceva scrivere una frase di un libro che l’aveva colpito. Ne ha inviati alcuni anche a me. Piacevole anche l’intervista alla cantante Gabriella Ferri. Altra intervista molto piacevole è stata quella ad Alda D’Eusanio, una donna carismatica, saggia, intelligente e sempre generosa di consigli.

Interviste difficili non ne ho avute. Magari qualcuna è partita male, come quella a Pietro Garinei. Mi presentai al Teatro Sistina senza preavviso chiedendo di intervistarlo. Uscì dal suo ufficio e rispose con un fare abbastanza burbero, però poi si sciolse e diventò più affabile. Anche quella con Ursula Andress iniziò così così, perché l’avevo disturbata mentre potava le sue rose. Ma poi rispose alle mie domande senza problemi. Una che non sono stato capace di realizzare è stata quella con Vittorio Gassman. Lo raggiunsi telefonicamente nella sua casa vicino a Piazza del Popolo e lui mi rispose che non se la sentiva di rilasciare interviste. Sapevo che l’attore aveva dei periodi di depressione e per rispetto verso questo grande artista, non ho insistito. Cosa mi ha insegnato? Che con l’educazione e la costanza, prima o poi arrivo a intervistare qualsiasi personaggio. Basta una buona dose di pazienza e aspettare il momento giusto, cioè l’uscita di un film, una prima di teatro, la presentazione di un libro…

Ha coltivato dei rapporti d’amicizia con alcuni dei personaggi intervistati?

Certo. Con tre persone in particolare: Enrico Vanzina, sceneggiatore di otre cento film e figlio del mitico Steno. Ha una rubrica domenicale sul Messaggero dal titolo “Che ci faccio qui?”. Io non perdo nessuno dei suoi favolosi articoli, li raccolgo in un quaderno che custodisco gelosamente. Ogni volta che vado a Roma con la famiglia, vado sempre a trovarlo nel suo studio ai Parioli. Lui trova sempre un po’ di tempo per parlare con noi, di cinema e di Roma. Mi ha regalato tutti i suoi libri, con dedica personale. Ci ha detto anche: “Ricordatevi che avete un amico a Roma” e ne siamo orgogliosi. Altro amico è Luca Barbarossa o almeno così lo consideriamo in famiglia. Quando siamo a Roma andiamo a trovarlo nella sua trasmissione radiofonica “Radio2 Social Club” di via Asiago, ed è sempre una grande gioia. Oltre ad essere un bravo cantante, è un bravo ragazzo, semplice, umile, innamoratissimo di Roma. Altro personaggio, che però non c’è più, è stato Gigi Magni. A Roma ci davamo appuntamento sotto casa sua, e prendevamo un caffè in un bar famoso di Piazza del Popolo. Era bello parlare con lui perché mi inondava di aneddoti simpaticissimi, oltre che regista era anche un grande conoscitore di cose romane. Mi raccontava che Anna Magnani, sua grande amica, quando voleva staccare, lo chiamava chiedendogli se la portava in giro per Roma facendole da cicerone. Lui l’accontentava molto volentieri.

Nel 2015 ha ricevuto il premio Simpatia in Campidoglio alla presenza di illustri nomi dello spettacolo, del cinema, della cultura e dello sport. Come ha vissuto quell’esperienza e che ricordo ne conserva?

Ho vissuto il premio con grande emozione, una gioia immensa che ho condiviso con mia moglie. Ho preso questo premio grazie al mio impegno culturale. Insieme a me c’erano la mia corregionale Carolina Kostner, Milly Carlucci, Vincenzo Salemme, Claudia Pandolfi, Maurizio Mattioli, Dino Zoff, Carmen Consoli e tanti altri personaggi. Conservo un buon ricordo di quel giorno e ho voluto incorniciare le foto della premiazione. I giornali della mia regione mi hanno dedicato dei pezzi e mi sono fatto mandare un video della premiazione dagli organizzatori.

In base a cosa sceglie i personaggi da intervistare?

Prima di tutto in base alla loro simpatia e poi al loro talento artistico.

Si è prefissato un traguardo in merito al numero di interviste da raggiungere?

Vorrei raggiungere le mille interviste e poi vorrei mettere in cantiere un libro di aneddoti e curiosità che riguardano le mie interviste e i personaggi che ho incontrato.