Vi siete mai domandati come sarebbe una mostra in cui tutto ciò che di consuetudine è severamente vietato fare fosse incredibilmente consentito? Sì, proprio così. Take Me (I’m Yours) è la mostra in questione in Pirelli HangarBicocca dove il fruitore è libero di infrangere le regole lecitamente imposte in ogni luogo espositivo. I visitatori, a proprio piacimento, potranno infatti stravolgere e modificare le opere d’arte esposte, le quali si possono toccare, spostare, usare, mangiare, scambiare, comprare e, addirittura, portare a casa.

A cura di Christian Boltanski, Hans Ulrich Obrist, Chiara Parisi, Roberta Tenconi, l’idea dell’evento espositivo nasce però da Hans Ulrich Obrist e Christian Boltanski nel 1995, l’anno in cui fu allestito e presentato per la prima volta alla Serpentine Gallery di Londra. A partire dal 2015 la rassegna è stata proposta in varie città - Parigi, Copenaghen, New York e Buenos Aires - subendo diverse modifiche. È stata rinnovata nel tempo, ponendo però sempre al centro dell’attenzione l’esperienza che nasce tra il pubblico e l’opera d’arte e riflettendo sulle modalità di esposizione delle stesse e sull’idea della condivisione, diffusione, e scambio tra il pubblico. L’intento è comunque sviluppare un concetto prevalentemente democratico, ovvero un’arte per tutti, un “bene comune”. Questo discorso prevede una doppia lettura: da una parte l’estrema commercializzazione dell’arte, dall’altra l’avvento di Internet, Wikipedia e tutti i noti social network con i quali c’è un alto livello di condivisione. Ad esempio, se postiamo una foto o una frase questa sarà a disposizione di chiunque. La possibilità di “prendere” una cosa gratuitamente, attraverso la rete e la tecnologia digitale, è sempre più diffusa.

Acquistando una borsa di carta creata da Christian Boltanski ogni visitatore può portare via con sé una delle numerose copie fra le opere esposte, contribuendo a svuotare fisicamente lo spazio e vivendo al contempo un’insolita esperienza. Gli oggetti da poter prendere sono diversi: spille, biscotti, cioccolatini, poster, frasi, stampe, foto ricordo, caramelle e così via.

Al progetto hanno contribuito oltre cinquanta artisti di diverse generazioni e culture: Aaajiao, Etel Adnan, Rosa Aiello, Giorgio Andreotta Calò, Micol Assaël, Gianfranco Baruchello, Christian Boltanski, Mohamed Bourouissa, James Lee Byars, Luis Camnitzer, Maurizio Cattelan, Ian Cheng e Rachel Rose, Heman Chong, Jeremy Deller, Patrizio Di Massimo, Simone Fattal, Hans-Peter Feldmann, Yona Friedman, Martino Gamper, Mario García Torres, Alberto Garutti, Gilbert & George, Dominique Gonzalez-Foerster, Félix González-Torres, Douglas Gordon, Carsten Höller, Jonathan Horowitz, David Horvitz, Adelita Husni-Bey, Pierre Huyghe, Alex Israel, Koo Jeong A, Alison Knowles, Ugo La Pietra, Armin Linke, Angelika Markul, Annette Messager, Gustav Metzger, Bruce Nauman, Otobong Nkanga, Yoko Ono, Luigi Ontani, Sarah Ortmeyer e Friederike Mayröcker, Riccardo Paratore, Sondra Perry, Cesare Pietroiusti, point d’ironie, Ho Rui An, Anri Sala, Tino Sehgal, Daniel Spoerri, Wolfgang Tillmans, Rirkrit Tiravanija, Franco Vaccari, Francesco Vezzoli e Lawrence Weiner.

La mostra collettiva si trasforma dunque in una vera e propria arena, dove ognuno è libero di vivere l’arte in un modo più diretto e coinvolgente, apportando il proprio contributo. I visitatori, di volta in volta, assisteranno a scenari espositivi diversi, in continuo cambiamento per via delle costanti modifiche che ogni persona può apportare.